Invertire la rotta: considerare il divieto di usare agrofarmaci la norma, consentirne l'utilizzo, l’eccezione.

Questa, in estrema sintesi, l’ardita proposta presentata e sostenuta a Roma da Legambiente, Aiab, Firab, FederBio, Wwf, e dagli altri undici organizzatori del convegno sul "Piano d'azione nazionale per l’uso sostenibile dei pesticidi" che si è tenuto al Senato alla fine di dicembre.

Tra i relatori Daniela Sciarra, di Legambiente, che ha evidenziato il problema dell’assenza di rilevazione del multiresiduo, per passare poi ad Alessandro Triantafyllidis di Aiab, che ha preferito soffermarsi sull’origine europea dei fondi con cui sarà realizzato il Pan, richiedendo un incremento dell’attuale 25% di risorse destinate dai Psr alle misure di impatto sul clima e l’inserimento nel Piano d’azione nazionale di misure volte a promuovere e sostenere il biologico, ponendo come obiettivo quello di raddoppiare l’attuale Sau destinata a tale tipologia di coltivazioni.

Più focalizzato sulla difesa della biodiversità è stato l’intervento di Franco Ferroni, del Wwf, che ha richiesto per le aree ‘natura 2000’ e le altre aree protette, l’istituzione di un termine temporale entro il quale formalizzare un divieto all’uso dei prodotti fitosanitari, concedendo al Mipaaf la facoltà di concedere delle deroghe, come nel caso delle risaie, purché queste siano “puntuali e motivate”.

In un clima di consenso generale, Ferroni ha anche toccato altri punti ‘caldi’, dichiarando che se il Pan non venisse valutato in base alla Valutazione ambientale strategica (Vas) dalle nostre istituzioni ci avrebbero pensato loro a farlo imporre dall’Europa; che non si possono lasciare alle Regioni le competenze della conservazione delle aree protette interregionali; che l’assenza di dati non giustifica il rifiuto del divieto giacché dovrebbe vigere il principio precauzionale e che nel Pan gli strumenti di prevenzione devono essere non raccomandati ma obbligatori, così come il monitoraggio specifico dell’impatto dei pesticidi sulle aree protette.
I costi di tutto questo, secondo Ferroni, potrebbero essere coperti da una specifica tassazione sui pesticidi. Proprio quello di cui gli agricoltori sentivano il bisogno.

Paolo Carnemolla, di FederBio, ha auspicato la nascita di una politica nazionale “seria e di prospettiva” su questi temi, specificando di non essere affatto soddisfatto delle novità annunciate da De Castro su Pac e greening e di ritenere il Pan inadeguato in quanto focalizzato su un concetto di agricoltura integrata vecchio di venti anni. Circa la necessità di vietare l’uso degli agrofarmaci come norma generale, Carnemolla si è dichiarato assolutamente concorde, arrivando a elaborare anche una bozza di protocollo per la loro utilizzazione, che dovrebbe essere consentita solo nel momento in cui divenga evidente il fallimento di tutti gli altri sistemi.

Solo a fallimento conclamato, l’agricoltore potrebbe chiedere una deroga al divieto e, ammesso e non concesso che questa venga accordata, passare alla "deprecabile" chimica.
Rimane un dubbio: se si deve aspettare che tutti gli altri sistemi abbiano fallito anche, solo per chiedere la deroga, e poi si devono aspettate i tempi biblici della burocrazia per ottenerla, non si corre il serio rischio di operare a quel punto un paziente già morto?




Giuseppe Blasi, Mipaaf (Foto © Alessandro Vespa)
 

Luca Colombo, del Firab, ha voluto ampliare il discorso promuovendo l’elaborazione di un nuovo modello di sviluppo da perseguire attraverso la collaborazione con istituzioni e associazioni di coltivatori attraverso l’individuazione di interessi comuni.

È toccato a Carlo Zaghi, del ministero dell’Ambiente, riportare la discussione su un piano più pragmatico. Zaghi ha ricordato come nel Pan siano già state introdotte molte delle richieste provenienti dal mondo ambientalista; che l’approccio integrato è datato ma solo ora si è avuto lo sviluppo del settore biologico; che il Pan riduce già l’uso dei fitosanitari e per questo motivo non deve essere assoggettato a Vas (opinione confermata dalla Commissione europea) e che, infine, considerata la scarsa propensione italiana alla collaborazione interistituzionale, già ora il piano può essere considerato “a dir poco ambizioso”
.
Sulla stessa linea di Zaghi è stato Giuseppe Blasi, del Mipaaf, che ha ribadito la politica di grande apertura del ministero alle proposte in arrivo, ma ha ricordato che sostanzialmente nulla potrà essere detto o fatto in tema di modifiche finché non siano noti gli sviluppi su Pac e Greening in attesa da Bruxelles.






Vittorio Cogliati Dezza, Legambiente (Foto © Alessandro Vespa)

 

Ha concluso i lavori Vittorio Cogliati Dezza, di Legambiente, ribadendo gli stessi concetti espressi da relatori che lo avevano preceduto e ricordando come nel corso della loro battaglia per la salvaguardia dell’ambiente spesso le più forti opposizioni si sono registrate da parte delle associazioni agricole.
La cosa non stupisce, se si considera che in un contesto in cui si richiedeva alle associazioni degli agricoltori maggiore disponibilità e collaborazione, Cogliati Dezza ha candidamente dichiarato: “L’agricoltura ha nel paese un ruolo strategico che non aveva solo 5 anni fa. Se lasciamo l’agricoltura in mano agli agricoltori la battaglia è persa”.