Sviluppare varietà di orzo migliori, in grado di produrre non solo più granella, ma che siano in grado anche di essere utilizzate per altri scopi, dalla zootecnia all'edilizia, nell'ottica dell'economia circolare.

 

È questo l'obiettivo di fondo del progetto internazionale Best Crop, finanziato nell'ambito del programma Horizon Europe.

 

Per farci spiegare meglio di cosa si tratta e cosa verrà fatto, abbiamo intervistato il professore Paolo Pesaresi e la professoressa Laura Rossini dell'Università di Milano, che coordinano il progetto.

 

Professor Pesaresi come nasce questo progetto?
"Nasce da un confronto tra me, che mi occupo di fotosintesi, e Laura Rossini che da anni lavora su orzo, in particolare sull'architettura della pianta. E poi da un ulteriore confronto con il direttore della sezione del Crea di Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola d'Arda, Luigi Cattivelli. Confronti in cui è stata delineata la struttura del progetto e poi la decisione di partecipare al bando del programma di ricerca Horizon Europe nell'ambito dell'economia circolare".

 

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Il professor Pesaresi e la professoressa Rossini dell'Università di Milano

(Fonte foto: Università degli Studi di Milano)

 

Chi parteciperà a questo progetto?
“Partecipano 18 realtà europee tra università, enti di ricerca e aziende che si occuperanno sia della produzione sementiera sia della trasformazione dei sotto prodotti dell'orzo".

 

Cosa verrà fatto?
"L'obiettivo finale è quello di individuare varietà di orzo più produttive, ma anche in grado di ridurre gli impatti climatici e di far ottenere sottoprodotti riutilizzabili per produrre altre cose, come isolanti termici, foraggi, lubrificanti e proteine.


Per farlo lavoreremo su varietà che devono avere una maggiore capacità di fare fotosintesi in modo che possano assorbire più CO2 e che possano produrre più biomassa. Di questa maggiore biomassa prodotta cercheremo ovviamente di mantenere una ripartizione ottimale tra la parte vegetativa e la granella, in modo da avere sia più paglia che più cariossidi.


Inoltre, cercheremo di migliorare le caratteristiche di questa biomassa, in particolare della paglia, per renderla maggiormente utilizzabile a fini industriali. In particolare lavoreremo sul contenuto di cellulosa, emicellulosa e lignina, e cercheremo di aumentarne il contenuto in proteine in modo da avere varietà con le quantità e le percentuali desiderate di queste sostanze".

 

Quali prodotti industriali potranno essere realizzati?
"Tra i vari prodotti che possono essere realizzati con la paglia ci sono i pannelli isolanti per l'edilizia, ma anche paglie con un maggior contenuto di proteine e un minor contenuto di lignina che siano direttamente utilizzabili come foraggio per gli animali.


Inoltre, alcune aziende sono interessate ad utilizzare le paglie come substrato alimentare per l'allevamento di mosche soldato per poi usare le larve di questi insetti per l'estrazione di acidi grassi per produrre lubrificanti speciali e per produrre proteine da utilizzare come integratori alimentari in zootecnia".

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I campi sperimentali di orzo dell'Università di Milano

(Fonte foto: Università degli Studi di Milano)

 

Professoressa Rossini, che tecniche di selezione verranno usate?
"Saranno utilizzati diversi approcci: dalle tecniche di incrocio tradizionali, alla mutagenesi, alle nuove tecnologie di evoluzione assistita, le così dette Tea - in particolare il gene editing con la tecnologia Crispr. Ma anche tecniche del Dna ricombinante quali i classici Ogm, di cui si occuperà in particolare il partner della Repubblica Ceca che ha l'autorizzazione anche alla sperimentazione di campo degli organismi geneticamente modificati. Il primo passo sarà quello di ottenere particolari mutazioni in alcuni geni chiave per migliorare l'efficienza fotosintetica, per poi cercare di combinare i diversi tratti fenotipici in nuove varietà.”

 

Il problema è che varietà ottenute con le Tea attualmente non sono coltivabili nella Unione europea
"È vero, però possono essere usate in altri paesi già aperti all'uso di queste tecnologie. Inoltre l'uso dell'ingegneria genetica può essere sfruttato per individuare e isolare i geni di interesse per poi lavorarci sopra con tecniche di incrocio classico per ottenere varietà ammesse anche nei paesi comunitari".

 

Attualmente in che fase è il progetto e quanto durerà?
"Il progetto è iniziato ufficialmente il primo luglio e durerà 5 anni".

 

Pensate di riuscire ad ottenere già le prime varietà registrate per la fine del progetto?
"No, non crediamo che riusciremo a registrare delle nuove varietà. Per questo obiettivo servirà altro tempo, circa altri 4 anni dalla fine del progetto. Però per la fine del progetto contiamo di avere del materiale su cui procedere con la selezione, con la possibilità di avere tecnologie e conoscenze che possano essere trasferite anche nel breve termine ad altre colture, prime tra tutte il frumento".