Negli ultimi anni l’albicocco ha manifestato una forte espansione sia nel mondo che in Italia, a causa della sempre crescente richiesta del mercato e della concomitante crisi della peschicoltura.
La superficie produttiva mondiale dell’albicocco è passata dai 412.100 mila ha del 2000 ai 466.056 ha del 2007 (Faostat 2008) con un incremento di circa il 13%. L’incremento è dovuto soprattutto alla creazione di nuovi impianti nei Paesi del Bacino del Mediterraneo, in Medio Oriente ed in Cina. Nello stesso periodo in Italia si è passati da 15.300 ha a 16.300 ha grazie al significativo aumento di superfici investite nel Sud della penisola. Inoltre il consumatore italiano ha manifestato un sempre maggiore interesse verso questi frutti: la domanda ed i consumi interni sono cresciuti del 14% (Palara 2008 e Macchi 2008).
 
Innovazione e mercato
La crescente domanda da parte dei mercati è stata sicuramente supportata dalle nuove cultivar che i genetisti nazionali ed internazionali hanno messo a disposizione dei frutticoltori e dei consumatori negli ultimi anni. L’attività di ricerca ha generato tantissime nuove cultivar con differenti caratteristiche intrinseche ed estrinseche, a seconda della filosofia di miglioramento genetico del suo costitutore pubblico o privato e dall’area di competenza degli stessi.
Ad esempio, le albicocche californiane sono caratterizzate da frutti di grossa pezzatura, colore arancione carico, sovraccolore molto esteso e brillante, polpa arancione di elevata consistenza e spicca. I frutti  risultano particolarmente apprezzabili dal punto di vista visivo e dal punto di vista tecnologico per industria e mercato; queste caratteristiche vanno però a discapito dell’aroma, del sapore dolce e della succosità. In questo caso il miglioramento genetico ha scelto di privilegiare le caratteristiche tecnologiche del frutto, adattandolo alle lunghe filiere distributive a cui si rivolge più che alle qualità percepite dal consumatore.
Il risultato finale di quest’intensa attività di breeding ha generato molte varietà che sono attualmente al vaglio di ricercatori e sperimentatori per testarne le effettive caratteristiche e potenzialità. Solo quelle realmente valide potranno essere coltivate dai nostri agricoltori con l’obbiettivo di immettere sul mercato un prodotto di elevata qualità, competitivo e remunerativo.  
 
Un concetto di filiera anche per l’albicocco
Questa specie frutticola, di grandi tradizioni per l’Italia, è sempre stata coltivata e commercializzata senza tener conto di logiche di mercato globale e senza valutarne l’impatto commerciale: basti pensare a Bergeron e Tyrinthos per farsene una ragione. Grazie ad una nuova filosofia di pensiero, ad una maggiore consapevolezza del marketing ed una visione più ampia e maggiormente attenta al mercato, diverse realtà hanno cominciato a proporre il concetto di filiera produttiva. Questa filiera non è però da considerarsi legata a club di produzione così come avviene per altre specie frutticole (per esempio, melo o pero); diciamo che nell'albicocco e nel pesco iniziano a farsi strada concetti di marketing che hanno come target di riferimento il mercato e il consumatore. Quest'ultimo aspetto rappresenta la grande novità della filiera dell'albicocco in Italia e nel mondo.
Esiste un nutrito gruppo di cultivar di recente introduzione in Italia che rapprensentano un interessante salto di qualità ma che non sono state ancora pienamente testate da attività di sperimentazione pubblica. Con queste cultivar si prospettano interessanti novità anche come calendario di maturazione e con un allungamento del ciclo di commercializzazione di quasi due mesi rispetto all’attuale.
Una rivoluzione di questa natura trova ben poche analogie nel mondo della frutticoltura. Alcuni esempi di questa innovazione sono rappresentanti dal folto gruppo delle cultivar Carmingo® dell’editore francese Darnaud (Ips - International plant selection) con un calendario di maturazione dichiarato di oltre 100 giorni, o le recenti italiane Augusta2*, e Augusta3*, selezionate da Montanari a Faenza e commercializzate dai Vivai Calderoni, con epoca di maturazione nella seconda metà di agosto, o ancora le numerose cultivar dell’editore francese Escande con un ampio calendario di maturazione.
Si apre così la possibilità d'operare su livelli differenziati di commercializzazione e d'individuare le migliori caratteristiche qualitative e tecnologiche per ognuno di questi livelli. Questa possibilità è praticabile solo se esiste un contributo partecipativo delle diverse componenti della filiera distributiva al processo di elaborazione della proprietà intellettuale: il miglioramento genetico deve tener conto delle esigenze di tutti gli attori della filiera produttiva e distributiva e non solo di quelle dei vivaisti, dei produttori o delle catene distributive.
 
Possiamo dire che l’albicocchicoltura italiana si trova in una fase di rilancio che presenta interessanti prospettive d'allargamento del mercato. E' però molto importante muoversi su due piani differenziati con la stessa efficienza: quello più industriale o di visione più globale e quello più locale ma che presenta interessanti prospettive. In quest'ottica si può affermare che esiste un rapporto molto stretto tra le caratteristiche qualitative e le scelta del consumatore. In alcuni casi questo rapporto è talmente stretto da creare vere e proprie nicchie di mercato di rilevante interesse economico: sono da ricordare la Tonda di Costiglione in Piemonte o l’Albicocca di Valleggia in Liguria, due cultivar di scarse caratteristiche estetiche ma con qualità aromatiche ed organolettiche talmente peculiari da spuntare prezzi di mercato nettamente più elevati rispetto alle altre cultivar pari epoca.