La coltivazione dei piccoli frutti è stata caratterizzata da un notevole dinamismo negli ultimi anni, come dimostrato dal consistente sviluppo che si è avuto a partire dagli anni '80 fino ad arrivare ai giorni nostri. Grazie a questo crescente interesse è stato possibile far uscire i piccoli frutti dallo stereotipo di prodotto di nicchia. In Trentino la loro coltivazione è nata negli anni '70 nella valle dei Mocheni e sull'Altopiano di Pinè, come evoluzione di una raccolta spontanea praticata in precedenza nei boschi, per poi crescere e consolidarsi negli anni '90 e 2000.

Negli ultimi anni sono emerse alcune problematiche che hanno influito negativamente sulle produzioni e sui redditi delle aziende agricole, ostacolando il consolidamento del settore: i danni invernali sul lampone, sulla mora e sul mirtillo, i problemi d'impollinazione, le nuove patologie, le difficoltà e nuove esigenze di mercato. Per affrontare queste problematiche i produttori hanno adottato nuove scelte agronomiche e varietali, nuovi ordinamenti colturali e programmazioni delle colture, in modo da migliorare la produttività, distribuire le raccolte e l'offerta e contenere i costi.

Berry Plant è un'azienda vivaistica familiare condotta direttamente da Maria Maddalena Grisenti e da Ilario Ioriatti, che producono piante di fragola, fragolina e piccoli frutti. Senza dubbio tra i piccoli frutti il lampone ed il rovo rappresentano due delle specie più interessanti e maggiormente commercializzate. 'Il settore dei piccoli frutti è sicuramente in crescita - spiega Ilario Ioriatti - in particolare per quanto riguarda fragola e lampone, grazie a caratteristiche qualitative, organolettiche e nutraceutiche particolarmente apprezzate dal consumatore e dal mercato. Inoltre la sempre crescente capacità di permettere interessanti prospettive economiche dà un forte imput all'agricoltore per coltivare queste specie frutticole.'

Di seguito vengono esposte alcune considerazioni tecnico-agronomiche e varietali da parte di Ilario Ioriatti direttore di Berry Plant con lo scopo di far capire a tecnici e agricoltori quali sono le varietà più interessanti sul mercato per due specie così importanti per i piccoli frutti e per il vivaio da esso gestito, e quali sono le indicazioni migliori per ottenere produzioni di qualità.

 

Il lampone,  primo tra i piccoli frutti

Il lampone fa parte della vasta famiglia delle Rosacee, genere Rubus, specie Idae (dal Monte Ida, in Grecia). Le varietà oggi coltivate derivano dal miglioramento del lampone selvatico europeo, dal caratteristico aroma fragrante ed intenso, ben espresso da un vecchio capostipite, la Lloyd George, da cui derivano gran parte delle varietà attualmente coltivate. Esistono due tipologie di lampone: quelle rifiorenti e quelle unifere. Le prime fioriscono e producono già sulle gemme della parte superiore del nuovo getto in estate-autunno e poi nell’anno successivo nella parte inferiore, portando così ad avere una 'fioritura continua'. In quelle unifere, invece, tutte le gemme del nuovo getto o pollone fioriscono contemporaneamente e portano una 'unica' fruttificazione ad inizio estate dell'anno successivo. Le prime sono più adatte alle coltivazioni degli appassionati, oppure per i produttori che cercano una raccolta 'fuori stagione' mentre le seconde sono generalmente più produttive e la raccolta concentrata permette rese di raccolta più elevate, dimostrandosi quindi più adatte ad una coltivazione a scopi commerciali.

Delle varietà a fioritura continua Heritage rappresenta la 'classica', seguita da Autumn Bliss, Polka, Himbo Top e da una nuova generazione di selezioni in via di diffusione. Delle varietà a fioritura unica sono importanti Willamette e Meeker per la produzione dei frutti destinati all’industria di trasformazione, previo congelamento. Per il consumo fresco si sono affermate in Europa la Glen Lyon per la sua precocità e rusticità e la Tulameen per l’elevata qualità del frutto. Decine di altre varietà sono però diffuse a livello locale nelle diverse regioni di produzione, per le diverse resistenze alle malattie e ai freddi, per l’epoca differenziata di raccolta, per l’attività dei vivaisti che hanno la necessità di differenziare l’offerta.

Il lampone predilige terreni leggeri ed aereati, organici, ricchi di humus e leggermente acidi (pH ottimale 6,2-6,5), assolutamente senza ristagni. Se il terreno non è del tutto ottimale, si può migliorare realizzando un cumulo di terra alto 30 cm. L’esposizione al sole è preferibile in filari in direzione est-ovest; l’impianto dovrà essere fatto in modo che non sia esposto ai venti dominanti. Il lampone è una pianta autofertile e quindi può essere coltivata anche una sola varietà; ha bisogno però dell’impollinazione delle api, che se presenti visitano molto volentieri i fiori di questa specie e producono un miele dell'aroma molto delicato.

Le piante coltivate in vaso si possono mettere a dimora praticamente durante tutto l’anno. Le epoche classiche di impianto rimangono comunque il mese di novembre per le regioni centro-meridionali italiane, la primavera per le regioni del settentrione. Possono essere coltivate a distanza di 40 cm tra le piante sulla fila, 2- 2,5 m tra i filari, cioè 1 pianta per mq di superficie. È importante non bagnare i fiori e i frutti, al fine di evitare lo sviluppo di muffe; si consiglia dunque di adottare un impianto a goccia o una manichetta forata lungo la fila, posata sul terreno o sotto la pacciamatura; i gocciolatori devono essere gestiti a fori distanti fino a 30 cm per terreni sabbiosi e fino a 50 cm per i terreni più argillosi. Risulta inoltre necessario l'utilizzo di pali al fine di sostere i polloni; il sistema di palificazione varia però a seconda della tipologia varietale. Per le varietà a raccolta continua, che fioriscono già sui nuovi getti dell’anno, è consigliabile contenere i polloni all’interno di 2 coppie di fili a 50 cm di distanza fra loro, fissati ad un’altezza da terra rispettivamente di 70 e 120 cm. Per le varietà a raccolta unica, che producono solo sui tralci dell’anno precedente, è necessario legare quest’ultimi ad una spalliera, inoltre può essere opportuno contenere con fili esterni i nuovi getti. L’altezza dei fili dipende dalla vigoria dei tralci: generalmente si fissano a 50 - 90 - 140 cm dal suolo.

La mora di rovo, secondo tra i piccoli frutti
Come il lampone, anche la mora appartiene alla famiglia delle Rosacee ed al genere Rubus, specie fruticosus. È diffusa spontaneamente in tutta l’Eurasia e in America. Le varietà più diffuse sono quelle senza spine selezionate nel nord-est degli Stati Uniti che hanno un portamento semi-eretto dei polloni: Thornfree, Smoothstem, Blacksatin, Hull, Chester Thornless sono le varietà più diffuse e tradizionali. Producono grossi frutti, aromatici, dolci solo a completa maturazione, adatti alla produzione di conserve di frutta, meno al consumo fresco. A questo gruppo appartiene anche la Loch Ness, varietà selezionata in Scozia e diffusa dal 1988, la varietà attualmente più coltivata in Italia ed in Europa per il mercato fresco: frutto grosso, nero brillante, dolce ed aromatico a completa maturazione, si raccoglie a luglio-agosto. Dall’Arkansas arriva un’altra interessante varietà, la Navaho, più rustica, con polloni più eretti e robusti della precedente, con frutto consistente e brillante, dolce e molto aromatico.

Esistono anche varietà ibride con il lampone quali il Loganberry, il Boysenberry, il Tayberry ed il Tummelberry: con frutti dall’aroma intenso, ma diverso da quello classico della mora e del lampone selvatico europeo, sono forse più adatte alla produzione di conserve di frutta. Sono più sensibili ai geli invernali. Una interessante varietà ornamentale per i giardini è anche la Thornless Evergreen, che deriva dal Rubus laciniatus, con caratteristiche foglie molto frastagliate, di colore aranciato intenso in autunno.
La pianta di rovo ha un sistema radicale relativamente superficiale e di tipo fascicolato, che costituisce la parte perenne della pianta. Dalle radici si possono raramente sviluppare i polloni radicali, ma generalmente i migliori polloni si sviluppano dalla base del ceppo. I nuovi getti crescono vigorosamente, in certe varietà anche fino a 3 metri; è opportuno in autunno cimarli a 180 cm, lasciandone 3 per ceppaia. Questi polloni, a primavera, sviluppano da ogni gemma un rametto orizzontale che porta da 10 a 20 fiori composti che danno luogo a un frutto (bacca) composto da numerose drupeole. A fine anno i tralci che hanno fruttificato seccano: il rovo, al pari del lampone a fioritura unica, è pertanto una tipica pianta biennale.
Il rovo è meno esigente del lampone: la sua rusticità permette di coltivarlo in tutti i tipi di terreno, anche se i migliori risultati si ottengono in terreni leggeri ed aereati, organici e ricchi di humus, leggermente acidi (pH ottimale 6,2-6,5). Nei terreni più pesanti è consigliabile piantare su un cumulo di terra alto 30 cm e largo 80 cm. Più delicato è invece rispetto al clima: la forte crescita dei polloni fino ad autunno inoltrato rende il rovo più sensibile alle gelate autunnali precoci. La fioritura tardiva, al contrario, non espone i fiori a pericoli di danni per gelate tardive in primavera.

Grazie alla sua rusticità il rovo è la pianta ideale per creare filari o spalliere sui bordi dei giardini, meglio se lungo i muri di recinzione. Tutte le varietà sono autofertili e possono perciò essere coltivate da sole; l’impollinazione è entomofila, quindi promossa dal volo delle api e dei bombi, che visitano volentieri questi fiori (è dunque bene accertarsi che esista qualche arnia nel raggio di alcune centinaia di metri).
La lavorazione del terreno deve essere fatta con suolo asciutto, altrimenti è meglio limitarsi a realizzare un cumulo rialzato di terra, che andrà possibilmente pacciamato con corteccia, telo intrecciato o polietilene nero. La pacciamatura organica (corteccia, paglia in ragione di circa 1 kg per mq per una larghezza di 80 cm) deve essere rinnovata ogni 2 anni. Quella con materiali plastici è molto pratica e dura molti anni, ma rende difficile l’apporto di sotanza organica negli anni successivi all’impianto.
Per quanto riguarda la coltivazione si possono utilizzare piante cresciute in vaso la messa a dimora può avvenire praticamente durante tutto l’anno. Le epoche classiche rimangono comunque il mese di novembre per le regioni italiane centro-meridionali, inizio primavera per quelle settentrionali. Le piante possono essere poste a 1 metro tra le piante sulla fila, 2,5 metri tra un filare e l’altro. Per evitare muffe sui frutti, nel rovo è consigliabile escludere l’impianto a pioggia o per aspersione, preferendo invece un impianto a goccia o una manichetta forata posata sul terreno o sotto la pacciamatura, meglio in doppia fila, 30 cm all’esterno delle piante.

Questo articolo fa parte delle collezioni: