Cosa accade nel mondo della robotica agricola? Dopo un'iniziale fase di entusiasmo e investimenti, tra promesse di rivoluzioni tecnologiche e visioni di campi coltivati da flotte autonome, il settore rimane in continua evoluzione, in attesa del consolidamento necessario per la diffusione su larga scala.
A confermarlo è uno studio realizzato da The Mixing Bowl - realtà della Silicon Valley, nata con l'obiettivo di collegare le aziende innovatrici nel settore alimentare e agricolo - che analizza l’evoluzione del comparto a livello globale, mappando le aziende attive, i trend di investimento e le principali sfide tecnologiche e operative. Il quadro che emerge è sfaccettato, tra segnali di consolidamento e fragilità ancora evidenti.
A partire dai dati emersi dallo studio, andiamo ad approfondire le dinamiche tra startup e costruttori tradizionali, per riflettere sulle condizioni necessarie a una diffusione concreta e sostenibile della robotica agricola.
Lo studio di The Mixing Bowl
Dalla ricerca di The Mixing Bowl - qui il report completo - emerge come prima cosa che, seppur un certo numero di aziende abbia chiuso i battenti delineando un fenomeno di start up zombie che nascono ma non raggiungono la maturità, il numero complessivo di realtà che si occupano di robotica agricola a livello mondiale è aumentato di circa 100 unità negli ultimi 2 anni.
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Gli autori hanno costruito una mappa che raccoglie quasi 330 aziende impegnate nello sviluppo di sistemi robotici già presenti sul mercato o in fase avanzata di prototipazione. Sono escluse da questa analisi le tecnologie dedicate all’allevamento, i singoli sensori e i progetti di ricerca accademici.
Il panorama della robotica agricola conta un numero sempre maggiore di aziende
(Fonte foto: The Mixing Bowl)
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Nell’immagine, l’asse verticale rappresenta il tipo di coltura a cui si rivolgono le soluzioni: colture a file, seminativi, frutteti, vigneti e coltivazioni in serra. L’asse verticale, invece, evidenzia l’ambito applicativo suddiviso in movimentazione autonoma, gestione delle colture e raccolta. Ogni azienda è rappresentata una sola volta, anche se alcune offrono robot multifunzione o adatti a più contesti. Alcune categorie si estendono su più tipologie colturali, poiché i robot proposti sono adattabili a diversi scenari agricoli.
Finanziamenti in calo, ma i driver rimangono forti
Lo studio cita una ricerca di AgFunders - piattaforma di investimenti specializzata nel settore AgriFoodTech, che collega startup innovative con investitori interessati a finanziare progetti nel campo delle tecnologie agricole e alimentari - da cui emerge una drastica diminuzione dei finanziamenti nel 2024, pari al 21%, nella categoria "Farm Robotics, Mechanization & Other Farm Equipment".
Un calo che va considerato nel contesto di una generale contrazione degli investimenti, con l'intero settore dell'AgriFoodTech che nel 2024 ha vissuto una riduzione del 12,5% rispetto al 2023. La flessione dei finanziamenti è quindi da considerare in linea con l’andamento generale. Gli esperti, riferendosi alla curva di crescita, riassumono la situazione con la frase “flat may be the new up”.
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Nonostante l'adozione della robotica agricola sia ancora agli inizi e i finanziamenti siano in calo, i driver per una maggiore diffusione dell'automazione in agricoltura rimangono forti e le opportunità nel settore continuano. Ne sono una prova i seguenti finanziamenti che rappresentano le somme più importanti portate a casa nel 2024 da start up, curiosamente statunitensi e israeliane:
- Monarch Tractors, realtà californiana fondata nel 2018 produttrice di trattori autonomi elettrici, ha ricevuto il più grande investimento mai effettuato nel settore della robotica agricola, pari a 133 milioni di dollari, che ha portato l'azienda ad ampliare il suo target verso l'Europa con l'apertura di una nuova sede in Belgio;
- Carbon Robotics, start up di Seattle nata nel 2018 specializzata nel diserbo laser di precisione, ha raccolto un finanziamento di 85 milioni di dollari;
- Blue White Robotics, realtà israeliana fondata nel 2017 che commercializza sistemi di guida autonoma retrofit, ha ricevuto 39 milioni di dollari;
- Agtonomy, altra azienda della Silicon Valley pioniera nello sviluppo di software di automazione agricola basati su intelligenza artificiale, ha raccolto ulteriori 10 milioni di dollari per un totale complessivo di 32,8 milioni di dollari;
- Burro, start up fondata nel 2017 a Filadelfia e produttrice di porta attrezzi autonomi multifunzione, ha ricevuto 24 milioni di dollari;
- Greeneye Technology, azienda israeliana specializzata nel diserbo chimico di precisione, ha raccolto 20 milioni di dollari.
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Un mercato destinato a crescere
Nonostante l'attuale calo dei finanziamenti, secondo le stime più recenti effettuate da Future Market Insight Inc. (fmr) e analizzate in questo report, il mercato della robotica agricola è destinato a crescere in modo significativo nel prossimo decennio.
Si prevede che passerà da un valore attuale (2024) di 14,8 miliardi di dollari ad oltre 80,3 miliardi di dollari nel 2034, con un tasso di crescita annuo composto (CAGR) del 18,4% portato avanti soprattutto da India, Cina, Usa ed Europa, in ordine di rilevanza.
Tale espansione, se confermata, potrebbe segnare un consolidamento strutturale del settore ed un superamento delle attuali difficoltà nell'adozione dei robot agricoli in campo.
Automazione in agricoltura? Fisiologicamente lenta
Da una parte la corsa agli investimenti con una disponibilità crescente di soluzioni tecnologiche, dall'altra un'adozione ancora lenta dei robot agricoli, che può essere considerata in parte fisiologica: l’introduzione di nuove tecnologie e pratiche in agricoltura richiede tempo.
Si tratta di un processo graduale che non può essere imposto e che ha le caratteristiche più di un'evoluzione che non di una rivoluzione. Esattamente come accadde con l’introduzione dei trattori che sostituirono lentamente la trazione animale, fino a diventare strumenti indispensabili per la produzione agricola.
Esistono poi ostacoli più concreti che rallentano l’adozione della robotica in campo: costi ancora elevati, un ritorno sull’investimento (ROI) incerto, regolamentazioni poco chiare e una fiducia limitata nelle startup. Quando un agricoltore sperimenta una tecnologia nuova, si espone mettendo a rischio il proprio raccolto e la sostenibilità economica della propria azienda. Atteggiamento che in questo momento storico ha più difficoltà a trovare spazio.
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Tim Bucher, cofondatore di Agtonomy e agricoltore di lunga data presso la propria azienda agricola dal nome "Trattore Farm", in un articolo pubblicato su AgFundersNews, afferma che "sebbene si stia verificando un'innovazione incredibile, se anche gli investimenti raddoppiassero o triplicassero, non basterebbero a diffondere la robotica agricola al ritmo di cui l'agricoltura ha bisogno". Bucher motiva questa sua affermazione spiegando come "l'automazione in agricoltura si scontra con una barriera di fiducia e con limiti di produzione che i soli investimenti non possono superare".
Tim Bucher a bordo di uno dei trattori storici della sua collezione, nella sua azienda agricola Trattore Farm
(Fonte foto: Trattore Farm)
La posizione di Bucher, che ha una visione molto vicina agli agricoltori nonostante il ruolo di Ceo di Agtonomy, riflette un interessante punto di vista. "Come agricoltore mi fiderei di un pezzo di equipaggiamento di un'azienda chiamata "Agtonomy"? La risposta è no, non lo farei. Come la maggior parte degli agricoltori, non acquisto attrezzature da marchi sconosciuti. Contrariamente a quanto si crede comunemente, gli ostacoli all'adozione della tecnologia non sono l'esitazione degli agricoltori, ma piuttosto l'incapacità delle startup di fornire soluzioni affidabili".
Secondo un rapporto sull'Agtech di Rabobank - istituto multinazionale olandese di servizi bancari e finanziari - l'87% dei robot agricoli commercializzati è di proprietà dei loro sviluppatori (startup e scaleup). Ciò significa che la maggior parte delle soluzioni autonome disponibili provengono da aziende sconosciute agli agricoltori. Inoltre, spesso le macchine sono disponibili in numero molto limitato.
Ad oggi solo una manciata di aziende di robotica - come GUSS, Burro, Carbon Robotics, Stout, Monarch, Ecorobotix, Farm-ng e FarmDroid - ha raggiunto il traguardo di vendere e distribuire complessivamente più di mille macchine.
La corsa verso l'automazione non si vince soli
Nel panorama dell’automazione agricola, le startup di robotica sono il cuore dell’innovazione tecnologica, in particolare nello sviluppo di software e nell'integrazione dell’intelligenza artificiale. Al contrario, i costruttori tradizionali (OEM), forti di impianti produttivi consolidati e di una rete commerciale già estesa, sono privi di queste competenze ma rappresentano l’anello industriale.
Bucher afferma: "Una startup che schiera 100 o anche 200 unità sul campo ha un impatto minimo, quasi impercettibile sulle esigenze globali dell’agricoltura. Al contrario, gli OEM possiedono le capacità produttive, la rete di vendita e i centri di assistenza per garantire operatività e affidabilità. Nessuno può vincere da solo la corsa verso l’automazione, gli agricoltori non possono farsi carico di questa rivoluzione. Servono soluzioni pensate come le penserebbe un agricoltore, ma realizzate insieme ai marchi di cui si fidano. Unendo competenze e infrastrutture, possiamo fare in modo che uno più uno faccia tre".
Che si tratti di acquisizioni - come nel caso di John Deere e Bear Flag Robotics, CNH e Raven Industries, AGCO e Trimble o Kubota North America e Bloomfield Robotics - o di partnership strategiche come il più recente accordo tra Agrointelli e Kubota per la distribuzione di Robotti, la collaborazione tra costruttori tradizionali e start up permetterebbe di superare molte delle attuali sfide all'adozione della robotica agricola.
Il mutuo beneficio delle collaborazioni
Durante il World Fira 2025 si è parlato anche di questo. Dal confronto tra il fondatore e Ceo di Agrointelli Ole Green, l'European Product Manager di Kubota Francois Julienne e lo Specialty Crop Business Development di CNH Thierry Le Briquer, è emerso che lo sviluppo di rapporti di collaborazione tra OEM e start up, genera un mutuo beneficio e un netto vantaggio all'accelerazione del processo di adozione dell'automazione in agricoltura.
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"Come start up possiamo portare la nostra tecnologia fino a un certo punto, ma non oltre - ha affermato Ole Green. Ci rivolgiamo a clienti per i quali la nostra proposta è marginale. Inoltre, gli agricoltori non possono permettersi investimenti sbagliati per il pesante impatto che avrebbero sulla loro produzione. È per questo che abbiamo bisogno di accordi di partnership per accedere a mercati più ampi e ottenere una validazione maggiore delle nostre soluzioni".
Conferenza sul rapporto tra OEM e start up durante il World Fira 2025, da sinistra il Ceo di Agrointelli Ole Green, l'European Product Manager di Kubota Francois Julienne e il Specialty Crop Business Development di CNH Thierry Le Briquer
(Fonte foto: AgroNotizie)
A seguire Francois Julienne, ha aggiunto: "Come produttori, abbiamo la responsabilità di rispondere alle richieste del mercato e alle esigenze degli agricoltori, verso un’efficienza sempre maggiore. Tuttavia, abbiamo processi complessi e strutturati, con iter burocratici che affrontano più livelli di approvazione. In questo contesto, sviluppare partnership con le startup rende tutto più semplice perché possiamo sfruttare la loro velocità di sviluppo dell'innovazione e la capacità di pensare fuori dagli schemi, cosa che spesso non è possibile nelle grandi aziende.
"Siamo costantemente alla ricerca di nuove tecnologie - ha affermato Thierry Le Briquer - soprattutto nel settore delle colture specializzate, dove le sfide sono ancora molte. Abbiamo una lunga storia alle spalle, una gamma di macchine ormai ben consolidata e siamo in continua evoluzione, ma il nostro approccio non è rapido e flessibile come quello delle startup che devono affrontare meno procedure e sono portatori di una freschezza che deriva anche dalla necessità di sopravvivere in un contesto molto competitivo".
Il pericolo di perdere la bussola
In definitiva, la sfida non è solo tecnologica, ma culturale. Perché l’agricoltura del futuro non potrà prescindere dalla tecnologia, ma nemmeno potrà affidarsi ad essa in modo cieco. La robotica agricola farà la differenza se sarà capace di integrarsi con l’esperienza, l’intuito e la sensibilità degli agricoltori.
Affidarsi ai dati è utile, ma non può sostituire la conoscenza maturata sul campo. Proprio come l’uso costante del Gps ha indebolito il nostro senso dell’orientamento, la dipendenza dalla tecnologia può offuscare l'intuito agronomico e le capacità decisionali che gli agricoltori hanno sviluppato con l'esperienza. L'automazione deve potenziare, non indebolire, la capacità dell’uomo di osservare, adattarsi e prendere decisioni complesse mantenendo una visione ecosistemica, dove tutto è connesso e non tutto è misurabile.
È necessario, pertanto, trovare un equilibrio tra innovazione e conoscenza agronomica, tra uso degli algoritmi e dell'intuizione.
Scegliendo tecnologie che rafforzano il ruolo dell’agricoltore anziché sostituirlo e basta, sarà possibile costruire un modello di automazione davvero sostenibile e diffuso. In fondo, anche nella corsa all’automazione, restano centrali le persone.