Sono19mila gli ettari destinati alla coltivazione del finocchio in Italia, con 500mila tonnellate prodotte nel 2023 e un valore alla prima fase di scambio di oltre 250 milioni di euro: numeri che fanno del nostro Paese il primo produttore mondiale di questa specie ortofrutticola. Lo rivela l'Ismea in un'analisi su "Il mercato interno e internazionale del finocchio", presentata l'11 luglio a Napoli da Mario Schiano, analista di mercato dell'Istituto, in occasione di un incontro a tema sull'ortaggio promosso da Bayer.

 

È anche emerso che la coltivazione del finocchio è attualmente diffusa soprattutto al Centro Sud e per tre quarti in Puglia, Calabria, Campania e Abruzzo. Anche se la diversificazione degli areali di produzione - complice il cambiamento climatico - potrebbe prolungare la durata della campagna di commercializzazione, con implicazioni positive soprattutto per l'export, la variabile che presenta, ad oggi, i maggiori potenziali di crescita. Dal 2000 al 2023 le superfici investite sono diminuite del 14%, ma le rese sono aumentate del 19%, con un effetto netto positivo sulla produzione, cresciuta del 2%.

 

Il consumo nazionale di finocchi, sceso del 5,6% nel 2023-2024 dopo il più 7,4% dell'annata precedente, non presenta squilibri territoriali, ma prevale tra gli over 55. Le vendite sono sbilanciate sullo sfuso, con il 92% del totale, contro l'8% del confezionato, mentre le modalità di consumo privilegiano il prodotto allo stato fresco, rispetto al cotto (a vapore o gratinato) e alle altre preparazioni. Da rilevare che l'impiego nella quarta gamma presenta difficoltà dovute all'ossidazione e al conseguente imbrunimento del prodotto, fenomeno che scoraggia l'utilizzo dei finocchi nei mix "pronti da mangiare" graditi soprattutto alle fasce di consumatori più giovani.

 

Quanto alle esportazioni - che costituiscono ad oggi l'elemento più promettente -, con 55mila tonnellate coprono poco più del 10% della produzione, generando all'estero un giro d'affari che nel 2023 ha raggiunto i 67 milioni di euro.

 

"Le prospettive sono decisamente incoraggianti - riferisce lo studio presentato a Napoli da Schiano per Ismea - con un possibile raddoppio dei volumi attuali e una maggiore presenza di finocchi italiani soprattutto in Spagna e nei promettenti mercati dell'Est europeo, in particolare Polonia, Ungheria e Romania, in aggiunta agli sbocchi tradizionali che vedono oggi in testa Germania, Francia e Svizzera. In questo senso, le attività di comunicazione e promozione potranno svolgere un ruolo di forte stimolo, favorendo nel medio termine il raggiungimento del target di crescita del 100%".

 

Barbara Parisse, ricercatrice Crea, del Centro di Ricerca di Agrometeorologia e responsabile del Centro Agrometeorologico nazionale del Masaf, ha tenuto a Napoli la relazione su "Impatto dei cambiamenti climatici sulle colture: indicazioni preliminari sul finocchio".

 

Parisse ha introdotto la coltivazione del finocchio sul piano agronomico, ricordando che teme gli stress termici, le gelate e le temperature molto elevate. Le temperature ideali per lo sviluppo della coltivazione sono tra i 18 ed i 25 gradi Celsius, il che ne ha fatto al Sud una coltivazione principalmente vernina. Ma questa coltivazione ortiva, pure idroesigente, al contempo teme il marciume ovvero le piogge persistenti in autunno, evento già verificatosi in alcuni distretti produttivi nello scorso anno. "Il nostro lavoro - ha sottolineato la relatrice del Crea - tende a indirizzare la ricerca genetica per una innovazione varietale che renda le piante più resistenti agli stress abiotici".

 

Occorre anche gestire gli eventi estremi con le tecniche agronomiche - per esempio utilizzando la pacciamatura per trattenere umidità al terreno nei periodi caldi, "ma occorre stoccare più acqua per poterla usare quando serve" ha ancora sottolineato la Parisse, che ha confermato come "Per il finocchio ci sono le premesse per un'emigrazione verso Nord", ma a frenare per ora ci sono le gelate, poiché questo ortaggio teme molto il freddo intenso.

 

Per il finocchio l'irrigazione a goccia si rivela ideale, perché la pianta non ha radici profonde. E nelle coltivazioni al Sud oggi l'ideale è utilizzare coperture per creare ombreggiamento al fine di evitare scottature con temperature oltre i 35 gradi. Negli interfilari si possono poi affiancare le leguminose per incrementare l'azoto disponibile. "Gli stress abiotici sono da ridurre - ha concluso Parisse - perché altrimenti aprono la porta ad avversità biotiche".

 

Fabrizio Poletti di Bayer Crop Science ha illustrato l'impegno dell'azienda nello sviluppo di una genetica del finocchio tra sostenibilità e bisogni del mercato. Poletti ha ricordato come i risultati ottenuti negli ultimi anni - un incremento delle rese per ettaro delle coltivazioni di finocchio pari al 19% - sono tutti da imputare alla ricerca genetica ed al lavoro dei breeder, che hanno trasformato questa coltivazione: "Il finocchio oggi è tutto ibrido". L'ibridazione è stata favorita dal fatto che il finocchio è una specie allogama (se ne ottiene il seme anche utilizzando fiori e pollini posti su due diverse piante) e ha dovuto tener conto che la riproduzione è resa possibile solo dagli insetti. "La maschiosterilità in natura del finocchio - ha sottolineato Poletti - ha favorito le pratiche di ibridazione da parte dell'uomo".

 

Salvo Garipoli di Sg Marketing ha relazionato su "La categoria del finocchio: generare valore per sostenere la filiera. Presentazione risultati Smart Survey consumer sul finocchio" un'indagine condotta su 800 soggetti, selezionati tra responsabili acquisti e consumatori di finocchio per analizzare i comportamenti di acquisto e di consumo.

 

Il risultato di questa ricerca è essenzialmente che oggi il 50% degli acquisti di finocchi è motivato da ragioni salutistiche, perché è saziante, poco calorico, gustoso, fresco. "Ha un superpotere il finocchio da questo punto di vista - ha sottolineato Garipoli - e questo fatto spinge verso una clientela più matura, ma anche i giovani ne sono attratti, soprattutto per la caratteristica saziante".

 

E se i luoghi di acquisto del finocchio appaiono largamente concentrati sulla distribuzione moderna (80%), i driver di acquisto più forti sono la stagionalità (52%) e l'italianità (46%) di questa produzione. In questi due casi si concentrano i consumatori più frequenti di finocchi, da più di tre acquisti alla settimana (stagionalità) fino a due acquisti (italianità). Ma a driver più forti corrisponde un acquisto complessivo più basso.

 

Tanto è vero che i consumatori meno frequenti (16%) sono invece quelli più attratti dal driver aspetti salutistici di questo ortaggio. E sono quelli da incentivare da parte delle strategie di marketing e comunicazione, visto che da soli già oggi rappresentano il 50% degli acquisti sul mercato italiano.

 

Prospettive di mercato

E poi seguita la tavola rotonda trade moderata da Salvo Garipoli (Sg Marketing) alla quale hanno partecipato Germano Fabiani, responsabile Ortofrutta Coop Italia, Duccio Caccioni, vicedirettore Caab Bologna e Giuseppe Semeraro, buyer ortofrutta Megamark.

 

Dal confronto è emerso che il 2024 sarà un'annata favorevole, visto il successo di mercato e che negli anni occorrerà investire in comunicazione sul finocchio per valorizzare meglio questa coltura, ancora tutta da raccontare. Ma non solo: la crescita delle rese, favorite dalle nuove varietà ibride, è andata a scapito della qualità, delle caratteristiche organolettiche di freschezza al palato di questo prodotto come del sentore di anice e aneto, altre specie della famiglia delle ombrellifere, di cui anche il finocchio è parte. Necessario, da questo punto di vista, rilanciare ancora una volta l'innovazione varietale per non rischiare di perdere tipicità, gusto e nuovi potenziali consumatori.