L'impatto di cambiamenti climatici, alluvioni e temporali improvvisi dopo giorni di caldo intenso, quest'anno si fa sentire in modo sempre più pesante sulla vendemmia. La produzione di vino cala infatti a 44 milioni di ettolitri, segnando una discesa del 12% rispetto all'anno scorso, quando era arrivata a 50 milioni di ettolitri.
Questo il quadro disegnato dalle previsioni messe a punto da Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini (Uiv), e presentate al Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf) lo scorso 12 settembre.
Secondo l'analisi, la prossima vendemmia potrebbe essere la più "leggera" degli ultimi sei anni, quella che ci vede lasciare il primo posto, che potrebbe andare alla Francia. Ed ecco perché si pensa quindi di puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità, dal momento che a preoccupare non è tanto la frenata della produzione quanto il decremento dei consumi di vino.
L'effetto più importante sulla vendemmia quest'anno è da addebitare ai cambiamenti climatici: c'è stato un incremento del 70% di pioggia, e per di più nelle giornate più importanti per i trattamenti contro le fitopatie. Un elemento questo che ha comportato "importanti differenze" tra regioni. Al Nord Ovest c'è stata la ripresa della Lombardia con un aumento del 15%, nel Nord Est a trainare è il Veneto con 13 milioni di ettolitri, e un più 5%. Al Sud la vendemmia sarà "povera": le aree peggiori riguardano l'Abruzzo (meno 40%), il Molise (meno 45%), la Calabria (meno 32%), la Campania (meno 30%), la Sicilia (meno 30%).
Il settore - in base ai calcoli della Coldiretti - ha a disposizione una "popolazione" di 1,5 milioni di persone impegnate nei campi, nelle cantine e nella distribuzione, e nelle attività collegate, come l'enoturismo le bioenergie.
Per il commissario straordinario di Ismea Livio Proietti "la stima è ormai affidabile, e mostra un calo produttivo che farà sì che quest'anno la Francia, con 45 milioni di ettolitri, ci supererà nella produzione, pur segnando lei stessa un calo del 2% rispetto al 2022".
"Questa annata, difficile e complicata, non sarà però un'eccezione" rilevano il Crea e l'Accademia Italiana della Vite e del Vino. "Occorre investire in ricerca e innovazione per trovare soluzioni ai cambiamenti climatici. Perché sono fenomeni non più occasionali".
La vera sfida però - secondo il presidente dell'Uiv Lamberto Frescobaldi - è quella sui consumi, che sono in calo e che hanno creato un aumento di scorte di vino quasi vicino a quella di una vendemmia ex novo (oltre i 49 milioni di ettolitri). "La medaglia della produzione europea era una medaglia di legno. Vincevamo in termini di quantità ma in termini di valore eravamo sotto la Francia; non era una medaglia d'oro, gliela lasciamo volentieri. Il vero problema è il rallentamento della domanda, che sta deprimendo i listini".
Si tratta - spiega il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella - di "una vendemmia molto complessa, per gli effetti di alluvioni, grandinate e siccità. La fotografia ci indica un calo della produzione significativo ma otterremo vini di buona qualità, con punte d'eccellenza".
Un obiettivo, quello della qualità, che interessa tutto il settore, dal momento che si parla di rinnovamento del "vigneto Italia", anche per diffondere una maggiore conoscenza delle diverse qualità (che sono oltre 3mila). Cosa che dovrà anche portare a rivedere il sistema delle Dop e delle Igp.