Pensi al vino e ti viene subito in mente il gesto di stappare una bottiglia con un cavatappi. Già, perché il tappo di sughero è la chiusura prediletta dagli amanti del vino. Già utilizzato da greci e romani, questo oggetto ha superato indenne i secoli e anche l'epoca moderna, respingendo gli attacchi delle chiusure in materiale sintetico. Oggi il consumatore, se può, sceglie una chiusura in sughero riconoscendo un valore aggiunto alla bottiglia.
Ma quali sono i numeri del comparto? Nel nostro Paese ci sono circa 225mila ettari di sugherete, boschi di querce da sughero (Quercus suber) che periodicamente vengono scortecciate per fornire all'industria la materia prima con cui produrre i tappi.
Il 95% delle sugherete è situato in Sardegna, dove hanno sede anche le maggiori aziende del settore. Ogni anno l'Italia produce in media 200-220mila tonnellate di sughero che vengono trasformate in tappi che sono in grado di soddisfare circa il 70% della domanda interna, mentre il restante 30% è coperto dalle chiusure di tipo sintetico.
Una quercia da sughero parzialmente scortecciata
(Fonte foto: Pixabay)
Nonostante questi volumi l'Italia non è il primo produttore al mondo di tappi, podio assegnato al Portogallo che è di gran lunga il primo player a livello mondiale. Paesi importanti sotto questo punto di vista sono poi la Spagna, la Francia e tutta l'area del Nord Africa.
"Dobbiamo ricordare che la quercia da sughero si trova soltanto nel bacino del Mediterraneo", racconta Alessandro Canepari, direttore Vendite della Mureddu Sugheri e consigliere di Assoimballaggi. "Questa è una filiera strategica per il settore vitivinicolo. Inoltre permette di tenere vivo il territorio e contribuisce a salvaguardare la natura".
Senza contare poi che il sughero non viene utilizzato solamente per produrre tappi, ma trova applicazioni anche nell'edilizia, nella moda, nell'arredamento, nell'artigianato e nel design. "È un materiale straordinario, naturale e resistente, capace di isolare sia a livello acustico che termico".
Le sugherete, un tesoro naturale
La filiera del tappo di sughero ha il suo cuore in Sardegna, dove si trova la quasi totalità delle sugherete italiane. Si tratta di boschi, perlopiù spontanei, di quercia da sughero che ogni dieci anni circa vengono scortecciate. Un lavoro che impegna manodopera locale specializzata, che ha il compito di asportare il sughero senza danneggiare la pianta sottostante che in questo modo, negli anni successivi, sarà in grado di ricostituire la propria corteccia.
Una quercia da sughero
(Fonte foto: Pixabay)
"È un'attività che non solo dà lavoro alle persone sul territorio, ma porta anche un reddito ai proprietari delle sugherete che si devono limitare a mantenere pulito il sottobosco, in modo da far crescere al meglio questi alberi che sono una icona della Sardegna", sottolinea Canepari. "Inoltre questa cura del territorio riduce il rischio di sviluppo degli incendi e difende un habitat naturale che permette di preservare la biodiversità locale".
Si fa presto a dire tappo
L'Italia produce ogni anno circa 1,5 miliardi di tappi di sughero che però possono essere di varia tipologia. Quello più pregiato è sicuramente il cosiddetto tappo naturale monopezzo, realizzato con un unico pezzo di sughero. Una chiusura il cui prezzo può partire da 0,15 euro fino ad arrivare all'euro e che viene utilizzato soprattutto per vini di fascia alta.
Ci sono poi i tappi tecnici, del valore di circa 10 centesimi (ma comunque di alta qualità), che sono formati da granulato di sughero, la cosiddetta granina. Anche i tappi per lo spumante sono composti da granina, a cui vengono aggiunte due rondelle che rimangono a contatto con il vino.
Ci sono poi tutta una serie di tipologie intermedie che l'imbottigliatore sceglie a seconda delle proprie esigenze sia di carattere tecnico che commerciale. Il tappo infatti, come detto, è un elemento che dona valore al vino e a cui il consumatore presta attenzione.
Il sughero, una filiera che deve investire su se stessa
Quella del sughero è una filiera strategica per il settore vitivinicolo e anche per certi territori, come quello della Sardegna, in quanto fonte di ricchezza per la popolazione locale. Eppure anche questo settore deve affrontare alcune sfide. Prima di tutto l'abbandono o la mancata cura delle sugherete, che talvolta non vengono pulite come si dovrebbe.
"Sarebbe poi il caso che venisse creato un patentino per gli addetti allo scortecciamento. Si tratta infatti di una operazione delicata sia per la corretta ripresa dell'albero sia per garantire un prodotto di qualità alla filiera. Nella maggior parte dei casi lavorano operatori specializzati, ma talvolta purtroppo ci sono persone che si improvvisano estrattori e fanno danni", sottolinea Canepari.
"Infine, come Associazione vogliamo valorizzare ancora di più questa nostra eccellenza spiegando al consumatore il valore aggiunto di avere una bottiglia chiusa con un tappo di sughero di qualità".