La caccia al "seme perduto"

Sono le storie di imprenditori di successo che si sono distinti negli ultimi anni per il coraggio delle loro idee innovative.
Li racconta "Il Foglio" dell'11 gennaio e fra queste "storie", dove si alternano inventori di elicotteri con il paracadute, informatici capaci di creare reti di computer, e sistemi di riconoscimento e tracciamento, c'è anche il racconto di un agricoltore-ingegnere impegnato nella caccia al "seme perduto".

Che è quello di antiche tradizioni agricole, non solo italiane. Semi, come racconta l'articolo, che arrivano dal delta del Tigri ed Eufrate, come il farro monococco o i frumenti antichi, il San Pastore, il mais nero, il Gentil Rosso, i ceci, la canapa, il miglio.
Semi antichi e macchine del passato, come le due mietitrebbie Laverda degli anni Sessanta che stazionano in azienda in attesa di raccogliere il "grano del Miracolo" che arriva a due metri di altezza.

Per valorizzare i risultati di questa caccia al "seme perduto" Andrea Libero Gherpelli, questo il suo nome, si è anche inventato il marchio "Natura Maestra" e quando non è impegnato sui campi, Andrea fa l'attore e sua è l'interpretazione di Mozzali, nel Ligabue con cui Elio Germano ha vinto alla Berlinale.
 

La riscossa della fiorentina

A due anni dall'emergenza "vacca pazza", emergenza più mediatica che sanitaria, la classica bistecca alla fiorentina si prende la rivincita e diventa un alimento con tanto di certificazione di origine.
Lo si apprende dal "Corriere Fiorentino" del 12 gennaio, con la notizia che questo grande piatto toscano viene celebrato con l'iscrizione nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) della Toscana.

Come recita il disciplinare si tratta di "Carne di bovino adulto, tagliata alta almeno quattro dita nella costata o nella lombata, cotta al sangue sulla brace."
Per fregiarsi della denominazione Pat, come le altre specialità toscane, è necessario che siano stati seguiti i metodi e le regole tradizionali per un periodo non inferiore a 25 anni, oltre alla necessaria provenienza locale.

Oggi, continua l'articolo, per una vera bistecca doc saranno necessarie le razze toscane per ottenere la certificazione, oppure altre razze purché allevate in Toscana. Anche sul taglio non mancano divisioni.
Molti ritengono fiorentina solo la bistecca tagliata a «T» ovvero col filetto, cioè sulla lombata. Mentre la parte anteriore delle costole, detta costata, sarebbe da ritenersi non del tutto originale.


L'agroalimentare che vince

Una crescita di quasi il 30% dell'ortofrutta barese, un aumento prossimo al 24% per i vini delle Marche, più 21,2% per le mele e un 19% di incremento per l'alimentare napoletano.
Sono alcune delle cifre che figurano nel bilancio dei distretti che nel terzo trimestre del 2020 hanno registrato la maggiore crescita del valore sui mercati stranieri.
Nel palmares dei distretti che hanno brillato sul fronte dell'export ci sono anche altri settori, ma il primato va ascritto al settore agroalimentare.

E' quanto emerge dall'analisi di Intesa San Paolo sull'andamento delle esportazioni, i cui risultati sono sintetizzati sulle pagine de "Il Sole 24 Ore" del 13 gennaio.
Ai segmenti già citati e che figurano ai primi posti in questa graduatoria c'è l'Alimentare di Parma, le Conserve di Nocera e l'Olio toscano, per citare alcuni dei distretti più performanti.
Purtroppo il bilancio finale del terzo trimestre resta in rosso, a causa dei deludenti risultati di altre filiere, a partire dalla meccanica, che ha una flessione del 4%.

Le stime di chiusura per il 2020 non sono favorevoli, con la previsione di un anno in calo significativo in termini di export distrettuale. Calo che sarebbe ancora più deciso senza i risultati positivi dell'agroalimentare.
Ora, conclude l'articolo, è il momento di cavalcare i temi che sono risultati vincenti durante l'emergenza. Come l'e-commerce, la filiera corta, la sostenibilità dei prodotti e la digitalizzazione dei processi.
 

Insetti? Meglio parlare del latte

Il 14 gennaio molti giornali hanno dedicato ampio spazio alla decisione presa a Bruxelles in merito alla possibilità di inserire alcuni tipi di insetto nell'alimentazione dell'uomo. Ne hanno parlato diffusamente importanti giornali nazionali, da "La Stampa" ad "Avvenire".

In passato se n'era discusso lungamente e sino a ieri l'impiego di questa particolare tipologia di alimento era limitata agli animali. Forse in futuro, personalmente spero lontano, questo cibo troverà ampio spazio sulle nostre tavole. Ma credo passerà ancora tempo prima che ciò avvenga.

Per questo preferisco concentrare l'attenzione su un tema più attuale e concreto, come il prezzo del latte in Puglia del quale scrive "Il Sole 24 Ore" del 14 gennaio.
L'attenzione di questo quotidiano al mercato del latte nasce dalle proteste degli allevatori pugliesi che in questi giorni lamentano il mancato rispetto degli accordi da parte dei caseifici acquirenti.
In condizioni di normalità anche il latte pugliese, come quello Lombardo o delle altre regioni, prende come riferimento l'andamento del prezzo del Grana Padano.
Se il prezzo di questo formaggio scende, la stessa sorte tocca al prezzo del latte, e poco importa che il latte sia prodotto in aree diverse da quelle tipiche di questo formaggio.

Ora però, lamentano gli allevatori interpellati, i caseifici stanno tagliando i prezzi adducendo come causa il calo dei consumi per la pandemia, anche se i dati sugli acquisti delle famiglie sembrano contraddire questa tesi.
Secondo alcune stime il prezzo del latte, in riferimento al prezzo del Grana Padano, potrebbe spingersi fino ai 49 centesimi al litro più Iva, in ogni caso ben oltre i 36 centesimi offerti oggi dai soci del consorzio.
"Già dieci anni fa - ricorda a conclusione dell'articolo il presidente di Copagri Puglia, Tommaso Battista - ai tavoli ci battevamo per i 46 centesimi al litro. E oggi siamo qui a parlare di 40. Se non è un attacco ai prezzi del latte questo…".
 

La scienza incompresa

L'agricoltura è la protagonista delle pagine dei giornali in edicola il 15 gennaio. Ma non si pensi a un'improvvisa presa di coscienza dell'importanza del settore primario.
Si cita l'agricoltura solo per commentare le dimissioni della ministra Teresa Bellanova e della sua collega Elena Bonetti responsabile del dicastero delle Pari opportunità. Sono convinto che di questi argomenti tutti abbiano avuto modo di leggere e ascoltare quanto necessario e forse anche di più.

Meglio puntare l'attenzione su "Il Foglio" del 15 gennaio e sull'articolo a firma Roberto Defez, che con mirabile capacità divulgativa spiega cosa sta avvenendo sul tema delle tecnologie del "genome editing", in italiano tecniche di evoluzione assistita.
Il motivo per il quale Defez torna su questo argomento risiede nel recente dibatto in commissione Agricoltura del Senato dove i movimenti ambientalisti hanno rinnovato la loro contrarietà all'adozione di queste tecniche, erroneamente assimilate agli Ogm.
Defez ci ricorda che due scienziate, una francese e una americana, hanno appena vinto il Nobel per la Chimica 2020 per l'immenso potenziale che sprigiona da questa tecnologia, tanto accurata quanto impercettibile, tanto precisa quanto universale. 

"Chi ha fiducia nel progresso - si legge nell'articolo - e nella speranza di affrontare problemi come la fame o il sottosviluppo, le malattie umane e l'invecchiamento, desidera provare questo nuovo strumento.
Ma chi invece teme il futuro e la condivisione dei saperi (quelli che ci hanno portato i vaccini anti-Covid in pochi mesi), cerca rifugio in un trapassato remoto."
L'articolo prosegue affermando che chi "ripropone vecchie piante e vecchi metodi di coltivazione, non sta rispettando il sapere antico, sta solo negando al nuovo di poter sbocciare."
Si ricorda poi che i vaccini anti-covid ai quali affidiamo le nostre speranze di uscire dalla pandemia derivano tutti dall'uso di pezzi di Rna o Dna.
E allora, parlando dei negazionisti del Genome editing, Defez conclude così: "negazionisti, ossia azionisti della negazione: che vita triste quella di chi nega e non costruisce."
 

Così ti regolo l'offerta

L'articolo di Defez pubblicato da Il Foglio ha aperto un dibattito su questi argomenti che è proseguito il giorno seguente sullo stesso quotidiano, e rispondendo a una delle lettere al direttore, è arrivata l'anticipazione che presto nascerà un bimestrale dello stesso Il Foglio, distribuito via e-mail e dedicato interamente ai temi dell'agroalimentare.
Una voce in più che si occupi di questi temi va sempre salutata con soddisfazione e ottimismo.

Come pure vedo con ottimismo la scelta di alcuni grandi protagonisti dell'agroalimentare che hanno deciso di mettere in atto strumenti per governare i livelli di produzione per allineare l'offerta con la domanda ed evitare così le devastanti oscillazioni di prezzo che mettono in crisi importanti settori produttivi.
Già lo aveva fatto il consorzio del Parmigiano Reggiano, e ora prendono la stessa via il Grana Padano e il Prosciutto di San Daniele, grazie alle norme del "pacchetto qualità" promosso da Bruxelles nel 2012.
Scelte importanti in particolare in questo periodo ove la pandemia sta modificando le abitudini dei consumatori e con esse gli assetti di mercato.

Di questo argomento si occupa Giorgio Dell'Orefice su "Il Sole 24 Ore" del 16 gennaio, prendendo in esame la crescita del prezzo del Grana Padano, resa possibile dal taglio della produzione del 3%.
Anche il Parmigiano Reggiano si è "attrezzato" per rispondere alla pandemia, sia allineando le quote di produzione alla domanda, che pure si è mantenuta costante, sia predisponendo un piano promozionale senza precedenti in Italia e all'estero.
Il piano di regolazione dell'offerta si è rivelato decisivo, continua l'articolo, anche per il prosciutto di San Daniele, alle prese con la crisi di alcuni importanti marchi.
Le difficoltà hanno indotto anche il Prosciutto di Parma a imporre un freno alla produzione nella misura del 10%. Pronti però a ripartire appena il mercato lo consentirà.
 

Le leggi orfane

I buoni propositi a volte restano chiusi nel cassetto. Accade anche alle leggi, nate con le migliori intenzioni e poi ferme per il ritardo o la mancanza dei decreti attuativi.
Con encomiabile pazienza Carmine Fotina ha spulciato le norme che sono ancora in attesa dei loro decreti attuativi e ne ha fatto un riepilogo sulle pagine de "Il Sole 24 Ore" del 17 gennaio e nell'elenco trovano posto anche argomenti che riguardano il mondo dell'agroalimentare.

E' il caso del fondo da 1,5 milioni di euro per anno destinati ai consorzi di tutela per il contrasto ai prodotti che utilizzano nomi di fantasia che evocano le nostre denominazioni di origine (italian sounding).
Un provvedimento incompiuto che risale al 2019, ora praticamente cancellato con il dirottamento delle risorse alla promozione dei marchi collettivi.

Sorte analoga quella del credito d'imposta per le fiere, argomento che non è di pertinenza esclusiva dell'agroalimentare, ma che rappresenta uno strumento importante per le politiche di export.
Sostegno alle esportazioni e internazionalizzazione, ricorda l'articolo, sono contemplati anche dal decreto Liquidità dell'aprile dello scorso anno.
Ma almeno in questo caso la partita rimane aperta e c'è ancora la possibilità che vada a regime entro quest'anno.
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell'agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.

Nel rispetto del Diritto d'Autore, a partire dal 23 novembre 2020 non è più presente il link all'articolo recensito.

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