Cinquanta anni fa, nel 1968, veniva vendemmiata l'uva che avrebbe prodotto le prime bottiglie di Sassicaia, il vino realizzato dall'enologo Giacomo Tachis, diventato uno dei vini più famosi del mondo.

Un vino che fece conoscere anche le potenzialità di un territorio come quello di Bolgheri, che in pochi anni divenne una delle zone vitivinicole più apprezzate d'Italia.

Un vino che ottenne il riconoscimento della Doc, ma che continua ad essere prodotto esclusivamente dalla azienda che lo concepì: la Tenuta San Guido di Nicolò Incisa della Rocchetta.

Ora, nel cinquantenario di quella vendemmia, abbiamo incontrato Nicola Politi, agronomo e responsabile tecnico della Tenuta San Guido, per farci raccontare la viticoltura che sta dietro a questo vino, e se e come è cambiata nel tempo.

Nicola Politi, la zona del Bolgherese come tutte le zone collinari della Toscana, ha sempre avuto una sua tradizione viticola, magari familiare o mezzadrile. Ma cosa cambiò nelle vigne della Tenuta San Guido che portò alla vendemmia del 1968 e alla nascita del Sassicaia?
"Dobbiamo risalire al 1944 quando il marchese Mario Incisa della Rocchetta decide di piantare viti francesi di Cabernet a Castiglioncello di Bolgheri con l'idea di fare sperimentazioni in un luogo che gli ricorda molto la zona di Bordeaux e delle Graves in particolare.
Questa fu la vera rivoluzione. L'idea di mettere a dimora Cabernet e di allevare la vite riducendone le dimensioni ed anche la produzione portando avanti con coraggio le proprie idee.
Il merito va alla sua capacità di osservare, alla sua intuizione diretta, lungimiranza ed alla sua tenacia nel non essersi lasciato influenzare dal modo in cui veniva fatta viticoltura a Bolgheri e in Italia in quel periodo"
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Il terroir ha ovviamente un ruolo fondamentale, ma quale è il ruolo della tecnica viticola nella produzione del Sassicaia?
"Quando parliamo di un vino legato al territorio, la scelta delle tecniche viticole da adottare deve inevitabilmente essere tesa a non snaturarlo ma ad esaltarlo.
Il tecnico deve essere in grado di saper interpretare; intervenire in un modo piuttosto che in un altro può fare la differenza, ma la parte più difficile è riuscire a mettersi da parte. Dico 'riuscire' perché molto spesso il tecnico vuole intervenire, anche quando in realtà non ce n'è necessità. 
Il protagonista indiscusso deve essere sempre il territorio, inteso come interazione tra molteplici fattori (suolo, ambiente, clima, tradizione, vitigni ecc), e di certo non l'uomo"
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Quale è la forma di allevamento e il sesto di impianto delle vostre vigne? E' rimasta uguale in cinquanta anni?
"La forma di allevamento è il cordone speronato ed è rimasta inalterata negli anni.
Le densità di impianto è di circa 5.500 ceppi ad ettaro, rispetto ai primi impianti è aumentata ma non in modo significativo"
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Uno degli aspetti più importanti di molti terroir sono le caratteristiche del suolo, è così anche per San Guido?
"Credo che oltre ad essere importante sia anche determinante. Solo su questi suoli e solo grazie alla loro complessità possiamo pensare di ottenere il Sassicaia".

Nicola Politi
Nicola Politi in auto all'interno della Tenuta San Guido
(Fonte foto: Nicola Politi)

E quali sono le lavorazioni del terreno che fate? E le concimazioni?
"Cerchiamo di adottare tecniche tese a mantenere il più inalterato possibile l'equilibrio naturale di un terreno a tutti i livelli.
Quando parliamo di fertilità purtroppo la prima cosa che ci viene in mente sono i concimi.
Non nego la loro importanza, ma la fertilità di un terreno si determina grazie anche ad altri aspetti; credo sia più corretto parlare di fertilità agronomica, che comprende anche la fertilità fisica e microbiologica.
Dobbiamo quindi cercare, attraverso l'utilizzo delle giuste tecniche colturali, di rispettare il terreno e di scongiurare il rischio che, con il passare del tempo, si impoverisca e si stanchi a causa di vari fattori tra i quali soprattutto la monocoltura. Le tecniche utilizzate a tale fine sono l'inerbimento permanente dove possibile, l'alternanza delle lavorazioni, le semine di più specie da sovescio e l'aumento, per quanto possibile, della biodiversità"
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Dal 1968 ad oggi è aumentata la superficie vitata dell'azienda? E se sì come sono stati scelti i nuovi appezzamenti per poter garantire le stesse caratteristiche produttive di quelli vecchi?
"Sì, la superficie vitata è aumentata. Abbiamo il privilegio di poter contare su una superficie di proprietà aziendale di circa 3mila ettari all'interno della quale è stato possibile individuare, nel corso degli anni, i terreni più adatti a garantire qualità".

Oggi esiste sempre la vigna della prima vendemmia? E quale è il ciclo vitale e produttivo delle vostre vigne?
"Esistono ancora impianti del 1963 e del 1970. La produttività delle viti molto vecchie è chiaramente bassa ma riteniamo necessario mantenerle per l'elevata qualità delle uve.
Il ciclo produttivo? Direi che inizia dopo che l'ultimo grappolo è stato raccolto, in vigna non ci si ferma mai e ciò che verrà fatto a partire da fine vendemmia sarà importante per l'annata successiva. E' come se iniziasse una nuova vita che si concluderà con la fine della vendemmia 2019"
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Dal punto di vista delle fitopatologie e dei parassiti quali sono le problematiche principali e come vengono gestite?
"Non ci sono problematiche preoccupanti, peronospora ed oidio se ben controllati non hanno mai creato problemi sanitari su foglie e grappoli. Il tipo di terreno, la giacitura e l'esposizione dei vigneti rende il lavoro del tecnico più facile.
La peculiarità di avere vigne circondate da boschi e contornate da siepi naturali aiuta molto; questo ambito garantisce infatti la presenza di antagonisti naturali degli insetti che possono essere dannosi per il vigneto. Inoltre, la confusione sessuale, efficace contro la tignoletta, ed il lancio di insetti predatori e parassitoidi, utili per contrastare il diffondersi della cocciniglia, sono tecniche che stiamo adottando con successo in questi ultimi anni.
Credo che la problematica principale, da non sottovalutare adesso ed in prospettiva, sia il complesso del mal dell'esca"
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E gli ungulati, in una zona ricca di boschi come il Bolgherese, sono un problema? E se sì come lo affrontate?
"Tutti i vigneti sono recintati e manutenuti quotidianamente, grazie a questo non rappresentano un problema".

La vendemmia del '68 in che periodo venne fatta? E quella di quest'anno? C'è stato anche per voi un sensibile anticipo dell'epoca di raccolta?
"Quest'anno la vendemmia è iniziata a fine agosto e si è conclusa la prima settimana di ottobre.
Se guardiamo agli ultimi venti anni: la 2003 iniziò qualche giorno dopo ferragosto; la 2010 iniziò la prima settimana di settembre e la 2014 terminò il 22 di ottobre. Già da questi esempi, come vede, statisticamente non si può parlare di date certe, ogni annata ha la sua storia"
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Siete preoccupati degli effetti che potranno esserci a causa dei cambiamenti climatici in corso?
"Parlare di sensibili anticipi delle epoche di raccolta mi sembra prematuro; sono aspetti che devono essere valutati nell'arco di molti anni".

E per finire, come è andata la vendemmia di quest'anno?
"Molto bene, una raccolta che si è svolta regolarmente, le uve sono giunte a maturazione sane.
Al resto ci ha pensato il territorio, per usare un termine che non sia francese..."