Chi ritiene che la mossa dei cinque assessorati agricoli del Nord meriti un plauso convinto è Pier Emilio Sbarra, presidente della sezione Suini dell’Associazione mantovana allevatori e già ai vertici di Anas, una dozzina di anni fa.
“Noi allevatori vogliamo che una parte di redditività venga assicurata anche a chi produce – ha sostenuto Sbarra – perché negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo sbilanciamento dei guadagni a favore della Grande distribuzione. Questo significa esportare all’esterno della filiera tutti i vantaggi. Col protocollo d’intesa di oggi finalmente assistiamo per la prima volta ad un’operazione interamente promossa sul territorio”.
“È un passo decisivo – ha commentato Giovanni Bettini, presidente del settore zootecnico di Fedagri-Confcooperative – nella direzione di un miglior funzionamento della filiera, con particolare riferimento allo stadio dei macelli cooperativi, ma anche della dimensione competitiva delle op del settore, in quanto consente di garantire ai soci una più equa valorizzazione del prodotto e un miglioramento in generale della qualità finale del prodotto stesso”.
Aspetti sui quali l’attenzione del mondo cooperativo è estremamente elevata, dal momento che circa il 50% della produzione nazionale di suini (pari a oltre 4,3 milioni di capi) è gestita in forma cooperativa.
Positivo il commento del numero uno di Anas, Andrea Cristini, che ha spronato a “trovare quanto prima degli accordi operativi che valorizzino gli sforzi degli allevatori e assicurino standard ancora più elevati della salumeria italiana a marchio Dop”.
“Un passo avanti che confidiamo possa portare ad una condivisione su scala nazionale – ha specificato Lorenzo Fontanesi, presidente di Opas e di Unapros -. È giunto il momento che allevatori e macellatori, in particolare, mettano a punto strategie condivise per una ripresa effettiva del comparto, prima che la soccida e il credit crunch mettano a repentaglio un patrimonio produttivo, agroalimentare e persino culturale come la filiera suinicola”.
Per Unapros gli sforzi per la ripresa dovranno tenere presenti anche altre variabili, come “la possibilità di programmare le produzioni dei prosciutti Dop, recentemente concessa dalla riforma della Pac, ma anche iniziative di ricerca della qualità, sostegno delle esportazioni, etichettatura e tracciabilità delle carni suine, elementi in grado di qualificare in maniera netta le peculiarità della suinicoltura made in Italy”.
Soddisfatta l’Associazione degli industriali delle carni e dei salumi (Assica). “È un traguardo davvero rilevante - afferma Davide Calderone, direttore di Assica - poiché ad oltre un anno dalla vigenza dell’articolo 14 del Regolamento Cun, era ormai diventato imprescindibile procedere alla definizione dei parametri per quotare i suini a peso morto. In un periodo economicamente difficile come quello che stiamo vivendo in questo momento, non era più accettabile non considerare ufficialmente parametri oggettivi per la compravendita dei suini”.
Il pagamento dei suini a peso morto – prosegue Assica - è uno strumento per valorizzare la qualità della produzione suinicola e, di conseguenza, premiare economicamente quegli allevatori capaci di realizzare la materia prima adeguata alle caratteristiche peculiari dell’industria salumiera.
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Fonte: Agronotizie