Sono arrivati a 104 i casi di peste suina africana riscontrati nei cinghiali nell'area fra Piemonte e Liguria interessata a questa emergenza.
Gli ultimi in ordine di tempo sono stati registrati a Campo Ligure, in provincia di Genova e a Serravalle Scrivia, in provincia di Alessandria.
La conferma arriva dall'Istituto zooprofilattico del Piemonte, dal quale proviene anche Angelo Ferrari, nominato Commissario straordinario per la gestione di questa emergenza sanitaria e al quale spetta il compito di coordinare le iniziative per evitare che il virus possa entrare in un allevamento di suini.
Come già anticipato da AgroNotizie, questa evenienza porterebbe a una catastrofe per l'intero settore.
Blocco della produzione e dei commerci, vincoli all'esportazione di carni e di prodotti della salumeria, che arrecherebbe danni incalcolabili, coinvolgendo allevamenti e industrie di trasformazione. Già oggi alcuni paesi hanno bloccato le importazioni di nostri prodotti a base di carni suine.
Il rischio è quello di entrare in una fase dove la peste suina africana (Psa) è endemica e "dove la Psa è endemica la suinicoltura muore", come ha affermato, a un recente congresso, Francesco Feliziani dello Zooprofilattico dell'Umbria.
I focolai di peste suina africana e l'area interessata dalle misure di contenimento dell'infezione
(Fonte: Istituto Zooprofilattico del Piemonte)
Il "depopolamento"
Per scongiurare questo pericolo, sin dai primi casi di Psa sono state attuate misure per circoscrivere la virosi ed evitare il contatto fra cinghiali e suini.
Oltre all'aumento del livello di biosicurezza negli allevamenti, si è puntato alla ricerca dei cinghiali infetti, cercando per quanto possibile di evitare il loro spostamento fuori dall'area colpita dalla malattia.
Motivo per il quale in una prima fase è stata vietata la caccia e le attività ludiche e sportive nelle aree interessate.
Al contempo sono stati predisposti programmi per il depopolamento dei cinghiali, neologismo che sembra coniato apposta per non urtare la suscettibilità di qualcuno.
Il rischio cinghiali
Il cinghiale rappresenta un serbatoio naturale del virus della Psa e gli interventi per contenere entro limiti accettabili la popolazione di questi selvatici parrebbe la strategia d'elezione per affrontare questa virosi.
Nei programmi per il superamento dell'emergenza Psa, oltre alla nomina del Commissario Ferrari, si è deciso di far scendere in campo Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Sul tema della Psa gli esperti dell'Ispra hanno tuttavia escluso che la comparsa delle peste suina africana sia dovuta all'elevata densità di cinghiali.
La comparsa dell'infezione in Liguria e Piemonte, a detta degli esperti di Ispra, è invece da attribuirsi all'inconsapevole introduzione del virus da parte dell'uomo.
Il pericolo resta
Verità non priva di un possibile fondamento scientifico, anche se difficile da dimostrare, ma che nulla toglie al pericolo ora rappresentato dalle popolazioni di cinghiali presenti nelle aree interessate all'emergenza, cosa che imporrebbe iniziative forse più "coraggiose".
Invece si vorrebbe contenere il virus utilizzando recinti ai quali affidare il compito di evitare sia lo spostamento dei cinghiali sia il loro contatto con i suini allevati.
Cosa che potrebbe rivelarsi scarsamente efficace, oltre che costosa. Ma tant'è. I cinghiali sono salvi, gli allevamenti non ancora.
Chi paga?
Ai costi già alle stelle per materie prime e bolletta energetica, ora gli allevamenti dovranno sobbarcarsi il costo per le recinzioni, che per svolgere il loro compito dovranno essere molto robuste.
Nemmeno si potrà contare sugli aiuti pubblici.
A disposizione ci sono appena dieci milioni di euro, presi dalle risorse già destinate al sostegno della filiera suinicola, come previsto all'Articolo 2 della Legge di Conversione del Decreto con il quale sono state attuate le misure contro la Psa.
Insomma, i soldi per le recinzioni alla fine li metteranno gli allevatori.