Va a gonfie vele l'export dei salumi italiani, che nei primi sei mesi dell'anno, stando alle elaborazioni di Assica, l'associazione che riunisce le industrie del settore, ha evidenziato un più 7,6% in volume (circa 80mila tonnellate) e un più 5,2% in valore (quasi 650 milioni di euro).

Fra i vari prodotti brilla il prosciutto cotto, il cui export è cresciuto del 16,8% in quantità (più di 11mila tonnellate) e più 10,5% in valore (oltre 63 milioni di euro). Ma proprio sul prosciutto cotto parte dal Forum Coldiretti, svoltosi a Cernobbio, un allarme per una presunta caduta della qualità di questo prodotto.

Più acqua
Tutta colpa, si sostiene, del “decreto salumi” del 26 maggio, entrato in vigore il 24 agosto. Molti i rilievi critici sollevati, in primo luogo l'aumento della percentuale di umidità ammessa nel prodotto commercializzato. “Il che significa - denuncia Coldiretti - che il contenuto di acqua consentito sarà pagato dagli acquirenti come se fosse carne”.
Giusto, viene da osservare, ma è bene precisare che si passa dall'81%, già ammesso, all'82% previsto dalla nuova norma. Se il “danno” per il consumatore appare modesto (pagare come carne 82 grammi di acqua anziché 81 non sembra una gran differenza), Coldiretti paventa una caduta della qualità e un favore alle carni importate, più “scadenti” rispetto alle nostre.

Favorito chi importa
Gli spunti critici si allargano poi all'apertura agli aromi chimici (prima non ammessi) e alla riduzione dei tempi di “riposo” per la stagionatura (da 45 a 40 e da 65 a 60 per le cosce di peso superiore agli 11 kg).
Tutte condizioni, afferma un documento di Coldiretti, “per favorire le importazioni dall’estero di maiali più leggeri di quelli italiani in una situazione in cui due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna”.

Ci vorrebbe l'etichetta
Le critiche al “decreto salumi” sarebbero presto superate se anche per i prodotti di salumeria si potesse finalmente introdurre un'etichettatura trasparente, con indicazione della provenienza della materia prima.

Una soluzione che trova la ferma opposizione di Assica, qualora si fermasse ad una scelta solo italiana. Le recenti decisioni in merito alle etichette trasparenti per il latte, decise in Francia e ora in Italia, stanno minando il mercato unico degli alimenti, si legge in un documento di Assica, che invita a superare le “minacce di nazionalismo economico”. La strada per le etichette suine è decisamente in salita.