Il 20 maggio è la giornata mondiale delle api, istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare sempre di più sull'importanza di questi insetti, fondamentali per gli ecosistemi e quindi anche per noi esseri umani.

 

E come ogni 20 maggio spesso si torna a parlare di rischio estinzione, magari rispolverando anche la famosa citazione messa in bocca ad Einstein secondo la quale se le api scomparissero a noi non resterebbero più di 4 anni di vita, cosa che ovviamente non ha alcun fondamento e che Einstein non ha mai pronunciato.

 

Ma le api sono in estinzione? Alcune sì, ma come sempre è necessario fare chiarezza
 
Con il termine api, tecnicamente si intendono tutti gli insetti della superfamiglia Apoidea.

 

E nel mondo esistono oltre 20 mila specie di api, in Italia oltre 1000 specie, e di queste praticamente solo una è utilizzata per l'apicoltura: Apis mellifera, l'ape da miele che, diciamolo subito, non è né è mai stata a rischio estinzione.

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Le api in pericolo

 

Allora quali sono le api a rischio estinzione? Sono molte. 

 

Restiamo in Italia, che è il paese europeo con il maggior numero di specie di api e uno dei più rilevanti al mondo per la sua biodiversità apistica.

 

Secondo la lista rossa dell'IUCN – International Union for Conservation of Nature and Natural Resources, l'Unione internazionale per la conservazione della natura e delle risorse naturali –, approvata anche dal Ministero dell'Ambiente e da Federparchi, le specie di api a rischio, più o meno grave, nel nostro paese sono 34.

 

Molte, se non tutte, sono pressoché sconosciute alla maggior parte dei non addetti ai lavori.

 

Raggruppandole per generi sono:

  • Andrena palumba, Andrena siciliana;
  • Melitturga clavicornis;
  • Ammobatoides abdominalis;
  • Bombus alpinus, Bombus brodmannicus,Bombus confusus, Bombus konradini, Bombus muscorum;
  • Nomada argentata, Nomada italica, Nomada roberjeotiana, Nomada siciliensis;
  • Colletes collaris, Colletes tuberculatus, Colletes wolfi;
  • Halictus carinthiacus;
  • Lasioglossum clypeare, Lasioglossum intermedium, Lasioglossum littorale, Lasioglossum marginellum, Lasioglossum minutulum, Lasioglossum podolicum, Lasioglossum prasinum, Lasioglossum quadrinotatulum, Lasioglossum setulellum, Lasioglossum soror, Lasioglossum subfasciatum;
  • Megachile diabolica;
  • Pseudoanthidium eximium;
  • Dasypoda braccata, Dasypoda suripes;
  • Macropis frivaldszkyi;
  • Melitta dimidiata.

Questo dato non deve rassicurarci, facendoci pensare che alla fine stiamo parlando di poco più del 3% delle specie italiane, per di più semisconosciute. 

 

Da una parte infatti non sappiamo, come per ogni estinzione, cosa potrebbe comportare a livello dei singoli ecosistemi e dall'altro, il fatto che le altre oltre 970 specie non siano citate non vuole di per sé dire che stiano bene.

 

Il problema del declino degli impollinatori è un fenomeno generale e generalizzato, che vede nelle specie in estinzione la punta dell'iceberg.

 

Un fenomeno dovuto a vari fattori, tra cui la perdita di habitat naturali o comunque adatti a questi insetti, i cambiamenti climatici, l'uso di fitofarmaci, l'inquinamento ambientale in genere e la diffusione di specie invasive.

 

Inoltre di molte specie i dati disponibili sono così pochi che è anche difficile fare delle considerazioni.

 

Le api da miele

 

Le api da miele rientrano in quel 97% di api italiane non a rischio estinzione, ma che tuttavia non stanno affatto bene.

 

E in questo caso i dati ci sono, anche se ne servirebbero di più.

 

Gli alveari in Italia, come del resto anche in altre parti del mondo, stanno aumentando. Secondo i dati dell'Osservatorio nazionale del miele, nel 2022 sono aumentati di oltre 100mila unità.

 

E c'è chi inizia a sostenere che siano anche troppi, cosa che di per sé è ancora tutta da dimostrare.

 

Ma al di là se sia opportuno o meno aumentare gli alveari, la prima considerazione da fare è che il fatto che siano in crescita non vuol assolutamente dire che stiano bene.

 

Aumentano infatti solo perché gli apicoltori li moltiplicano e li moltiplicano di più perché producono sempre di meno. E già questo dice molto.

 

Il fatto stesso che nel 2022 ci fossero 100mila alveari in più del 2021, non ci dice quanti ne siano morti. E non è un dato secondario, né dal punto di vista zootecnico, né da quello biologico.

 

I censimenti ufficiali infatti rilevano la consistenza degli alveari una volta all'anno, tra dicembre e novembre.

 

In Italia ci sono circa 1,5 milioni di alveari. Il fatto che l'anno dopo ce ne siano 100mila in più è un dato spurio. Per arrivare a quel dato nel corso dell'anno potrebbero essere morti anche 700mila alveari ed esserne stati riprodotti800 mila. E ipotizzare una cosa del genere non è troppo lontano dalla realtà.

 

Infatti un altro dato che manca è la longevità di un alveare. Avere alveari che hanno una aspettativa di vita di 5-7 anni non è la stessa cosa che avere alveari che durano un anno o poco più.


Lo stesso vale per la popolosità di un alveare. A livello statistico un alveare con 10mila api conta quanto un alveare da 30-40mila api, ma ovviamente non è la stessa cosa.

 

Quanto si è detto però non deve farci arrivare ad un'altra conclusione affrettata: cioè che senza gli apicoltori le api da miele non sopravviverebbero

 

Nella foresta di Ithaca negli Stati Uniti, da anni c'è una popolazione di alveari che vive negli alberi cavi senza alcun intervento umano.

 

Un famoso esperimento con alveari lasciati a loro stessi, sull'isola di Gotland in Svezia, mostrò  che circa il 20% riuscì a sopravvivere e a stabilizzarsi sull'isola.

 

E si potrebbero citare altri esempi. Le api da miele, anche senza l'uomo con molta probabilità sopravviverebbero in molte parti del pianeta. 

 

Ma con tutta probabilità fare apicoltura non sarebbe più possibile, almeno nel modo o nei modi in cui la intendiamo oggi. 

 

E oggi l'apicoltura è in crisi anche perché le api sono in crisi.

 

Il 20 maggio è la giornata mondiale delle api, ma anche la giornata mondiale del rapporto che noi abbiamo con le api, dal momento che la data è stata scelta perché è la data di nascita di uno dei più importanti apicoltori europei dell'800: Anton Janša.

 

Allora non bisogna tutelare l'apicoltura per salvaguardare le api, ma bisogna salvaguardare le api, tutte, anche per poter continuare a fare apicoltura e mantenere o ampliare il rapporto che noi umani abbiamo con questi insetti sin dagli albori della nostra presenza sulla Terra.

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