Migliorare le rese in campo, produrre in modo sostenibile, ricercare la migliore agricoltura per ogni singolo territorio, fare innovazione ad ampio spettro per conciliare produttività e sostenibilità. Soluzioni da attuare quanto prima per rispondere ai bisogni di food safety e soprattutto food security che - si è visto in questa lunga fase pandemica - rimangono delle priorità su scala mondiale. Un'agricoltura più verde è possibile, per molti aspetti è anche doveroso e necessario, ma è inutile auspicare una green revolution affidandosi solamente alla buona volontà, Firenze dista anni luce, almeno sul piano ideale, da Bra.

Ecco che, secondo i relatori che inaugurano un ricco panel di iniziative organizzate dall'Accademia dei Georgofili in vista del G20 dell'Agricoltura, in programma a Firenze i prossimi 17 e 18 settembre, un aiuto arriverà dalla scienza, dalla ricerca, dall'innovazione, anche quella digitale, che ha tutte le carte in regola e gli strumenti per rispondere alle urgenze in corso: cambiamenti climatici, mercati fluidi, scorte strategiche, certificazioni dei processi e dei prodotti.

Il percorso non sarà immediato, ma è e deve necessariamente essere alla portata degli agricoltori, delle catene di approvvigionamento, di un mondo in rapida evoluzione. 
L'iniziativa dei Georgofili, fortemente voluta dal suo presidente Massimo Vincenzini e con il coinvolgimento di brillanti accademici da tutta Italia e anche dall'estero, ha cercato di analizzare gli aspetti topici dell'agricoltura del presente e del futuro, fra economia, gestione aziendale, mercati mondiali, Politica agricola comune, innovazione, digitalizzazione, consumi e nuove tendenze alimentari, lotte alle patologie che affliggono il settore.

La risposta dell'Accademia dei Georgofili, nel solco tracciato dai fondatori, si ispira alla scienza e può dare contributi costruttivi fra mondo scientifico e umanistico, come ha ricordato il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Per vincere la sfida della transizione ecologica e della sostenibilità non si può derogare alla scienza, come sottolinea anche il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani.

Il primo evento di un percorso ben articolato si sofferma su "Alcuni traguardi per l'agricoltura del futuro", alla luce di un fenomeno pandemico ancora in corso, "a quasi due anni dalla prima comparsa del covid-19 e a un anno e mezzo dalla sua certificazione ufficiale da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, avvenuta l'11 marzo 2020", precisa il professore Dario Casati, insigne economista agrario e docente emerito dell'Università di Milano, della quale è stato prorettore per molti anni.

Uno dei punti chiave per l'agricoltura del futuro è "produrre". Al netto delle dinamiche pandemiche, con il crollo globale del Pil e una ripresa nel 2021 che - osserva il professore Casati - sembra viaggiare su ritmi più sostenuti rispetto a quanto previsto, con l'incertezza legata a quanto durerà la pandemia, la missione dell'agricoltura e dei mercati dovrà essere quella di "garantire un'adeguata offerta di prodotti per soddisfare una domanda espressa da una popolazione mondiale in crescita".

Vengono così respinti senza appello, con le premesse di cui sopra, i concetti di decrescita felice. Sono bastate le difficoltà che ha attraversato il comparto agricolo con la pandemia, dalla difficoltà di reperire manodopera all'aumento delle materie prime, che hanno influito sul calo dei consumi nei Paesi a basso reddito, dove "il problema non è stato di carenza delle materie prime, ma della loro reperibilità". Si dovrebbe, quindi, puntare la barra verso la decrescita? Sarebbe un suicidio. Per non dire che una logica di ridurre i consumi è una teoria che potrebbe forse valere "per certe fasce dei Paesi avanzati, ma non vale per tutte le comunità. Chi decide chi mangia meno?", chiede provocatoriamente il professore.

Ma allo stesso tempo, come è possibile garantire sufficienti alimenti al mondo? Per un economista del calibro del professore Casati "il punto di partenza di ogni strategia riguarda le tecniche produttive, le quali devono essere sufficienti per rispondere alle esigenze quanti qualitative del Pianeta, tenendo ben presente, allo stesso tempo, i vincoli legati alla sostenibilità del sistema. Serve pertanto una visione olistica e non un sommario di soluzioni particolari, una razionalizzazione complessiva del sistema agricolo, che impone una razionalizzazione dei processi condotta con costante logica di approccio scientifico".

Guai a chi pensa che l'agricoltura sia un hobby e il professore Casati lo dice molto chiaramente. "La strada maestra dell'agricoltura del futuro passa da incrementi di produttività - raccomanda l'economista agrario - tenendo ben presente che l'agricoltura non è un giardino pubblico, ma parte pulsante dell'economia".

È bene leggere le dinamiche del passato, cercando di evitare gli errori o le sviste. La stessa globalizzazione prevista dal modello Gatt-Wto dopo gli accordi di Marrakech del 1994 sembra ormai inevitabilmente antiquata, già soppiantata da politiche commerciali che Casati definisce "aggressive" e che hanno fatto riemergere "contrapposizioni per contendersi le briciole di una crescita complessiva che, in conseguenza della crisi del 2008, è stata molto più debole del periodo precedente".

Rimasero lettera morta alcuni degli obiettivi principali codificati dal G8 dell'Agricoltura (il primo, organizzato dall'allora ministro delle Politiche agricole Luca Zaia a Cison di Valmarino), come la realizzazione di stock mondiali di riserva per contenere le fiammate dei prezzi delle commodity che, al di là degli choc dei listini e il rischio di speculazioni, in chiave globale minacciano di estendere numericamente le fasce di povertà. "Non si fece più nulla - ricorda Casati - perché poi il prezzo delle materie prime precipitò e si proseguì come prima".

Alle prese con una riforma piuttosto complessa, che ha esteso gli obiettivi iniziali del 1957, prosegue nel proprio ragionamento il professore Casati, "la Pac nacque per garantire cibo a un'Europa ancora scossa dalla guerra, che doveva garantire allo stesso tempo lo sviluppo dell'agricoltura e sostentamento per tutte le popolazioni, oggi stiamo vivendo una contrapposizione fra parte ambientale e parte agricola".

Un errore di valutazione grossolano, tanto più che "uno studio recente ha posto seri dubbi sulla potenziale applicazione del modello green e dei risultati che potrebbe ottenere la nuova Pac, se dovesse essere applicata così come previsto. In pratica, assisteremmo inevitabilmente alla caduta del sistema agricolo mondiale".
Piuttosto, sarebbe necessario attuare un percorso di valorizzazione dei prodotti agricoli, migliorando la qualità, ma senza correre il rischio di diventare Paesi esclusivamente trasformatori, senza un'adeguata produzione alimentare.

Il professore Casati sollecita anche un altro tema cruciale in chiave europea. "Abbiamo la necessità di creare una politica estera agraria, per poi farla confluire in un'unica politica estera" dice. "L'obiettivo sarà quello di raggiungere una sostanziale partnership con le economie avanzate, organizzate tra diversi gruppi di Paesi e diverse aree, che dia risposte concrete per tutta l'umanità". Perché l'agricoltura non è solo produrre cibo.