Ogni panificio che si rispetti ha la ricetta segreta per il proprio pane che, puntualmente, è il più buono di tutti. C'è chi punta sulla farina, chi sull'acqua, alcuni optano per il lievito di birra altri per la pasta madre, c'è chi impasta a lungo e chi invece per poco tempo e così via.
Ma quali sono realmente i fattori che influenzano la qualità del pane? A dare una risposta ci ha pensato il Crea con il suo Centro di cerealicoltura e colture industriali di Foggia che ha analizzato i diversi parametri che possono influire su questo prodotto.

"Abbiamo individuato quattro variabili nel processo di panificazione: la varietà di grano, la tipologia di lievito, la macinazione e infine la cottura", spiega ad AgroNotizie Donatella Ficco, ricercatrice del Crea.
"Abbiamo testato una varietà di grano cosiddetto antico e una moderna, una macinazione a pietra e una invece a cilindri, il lievito di birra e la pasta madre e infine un forno a legna e uno a gas".

In tutto sono state sfornate sedici pagnotte, frutto dell'incrocio delle quattro variabili, che sono state analizzate chimicamente e fisicamente: è stato valutato il contenuto di proteine, di fibre, il colore, le ceneri ed altri parametri ancora. Ma anche la consistenza della crosta, della mollica e l'alveolatura. Infine i prodotti sono stati fatti assaggiare ad un panel di esperti. Il risultato? "Se dovessimo stilare una classifica delle variabili più importanti troveremmo al primo posto il tipo di macinazione, poi la cultivar, seguita dalla lievitazione e infine dalla tipologia di cottura".

La macinazione è dunque l'elemento fondamentale a cui prestare attenzione quando si vuole avere dell'ottimo pane. Da un lato abbiamo la macinazione a cilindri 'moderna' che produce uno sfarinato raffinato, recuperando solo l'endosperma del chicco ed allontanando le parti cruscali. Dall'altro la macinazione a pietra, che produce uno sfarinato integrale, più ricco in fibre e altri elementi provenienti dal germe e dalla crusca.

"La macinazione ha un effetto molto importante sia sulle caratteristiche chimico-fisiche del pane che su quelle sensoriali. Il pane di semola si caratterizza per un colore, un sapore e una consistenza migliori della mollica, al contrario quello integrale si distingue per l'alveolatura e l'odore", spiega Donatella Ficco. "Dal nostro studio è emerso che la seconda variabile per importanza è la cultivar".

Sono stati confrontati due grani duri, uno 'antico' ricco di proteine ma con un glutine debole e una varietà 'moderna', con meno quantità di proteine, ma con una forza maggiore del glutine. "Quest'ultimo permette di assecondare meglio la lievitazione rendendo possibile la formazione di bolle di gas più uniformi, che resistono anche in fase di cottura, e offrono dunque un pane più morbido", spiega Donatella Ficco.

Già, il lievito. E' il terzo fattore in ordine di importanza secondo la ricerca del Crea. A confronto c'era il lievito di birra e quello 'madre'. Quest'ultimo ha una influenza positiva sull'alveolatura e sull'aroma del pane stesso. "La pasta madre lascia infatti un odore leggermente più acidulo rispetto al pane fatto con il lievito di birra che trova un riscontro positivo tra gli assaggiatori", spiega Donatella Ficco.
"Mentre la tipologia di cottura, a gas o a legna, non sembra avere un ruolo rilevante sulla percezione sensoriale del pane".