Il 2016 sarà per il vino italiano un'annata record. Questo, almeno, stando a quando comunicato da Uiv, Mipaaf e Ismea nel corso della presentazione, a Roma, delle previsioni vendemmiali.
All'incontro sono intervenuti: Antonio Rallo, presidente Unione italiana vini; Paolo Castelletti, segretario generale Unione italiana vini; Raffaele Borriello, direttore generale Ismea.
I lavori sono stati chiusi da Luca Bianchi, capo dipartimento delle Politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca.

I dati pubblicati sono frutto di un rilevamento effettuato tra il mese di agosto e i primi giorni di settembre in tutte le zone del Paese in cui la viticoltura è presente, integrati grazie all'Osservatorio in un sistema organico e strutturato di monitoraggio della produzione e dei mercati interno e internazionale.
 
Confermata la leadership italiana
"Anche quest'anno il vino italiano conferma la propria leadership mondiale per quantità prodotta" ha affermaro Raffaele Borriello. "I dati previsionali Ismea-Uiv indicano una produzione 2016 di 48,5 milioni di ettolitri, in contrazione del 2% rispetto 2015".

I valori del 2016 superano quelli previsti da Spagna (42,9 milioni di ettolitri) e Francia (43 milioni di ettolitri). Per quanto attiene gli altri principali produttori europei, in Germania si stima una produzione stabile rispetto al 2015 (9 milioni di ettolitri), mentre in Portogallo si registrerebbe un decremento del 20%, a 5,6 milioni.

Il risultato italiano si deve a diversi fattori, dalla capacità di investimento strategico dimostrato dalle aziende negli anni precedenti alle ottime condizioni climatiche estive che sono seguite a una primavera non sempre favorevole.
La qualità attesa si presenta buona in molte aree del Paese e sembrano esserci tutti i presupposti affinché anche lo nuova campagna prosegua gli ottimi risultati già raggiunti dal settore negli ultimi anni.

"Oltre al dato produttivo, - ha proseguito Borriello - ciò che appare determinante per le sorti del settore è il percorso di crescita sui mercati internazionali. Su questo fronte, dopo l'ennesimo record in valore del 2015, esistono margini per guardare con ottimismo anche all'anno in corso visto che i dati dei primi cinque mesi indicano una crescita dell'export sia in volume sia in valore, che lascia presagire il raggiungimento di un ulteriore record in chiusura d'anno dopo quello del 2015".
 
"Dalle basi spumante alle uve bianche che si stanno raccogliendo in questi giorni - ha precisato Antonio Rallo - tutti i valori fanno presagire un'ottima qualità del vino confermando prospettive eccellenti anche per le rosse, seppur l'ultima parola sarà data al momento della raccolta. Ora però dovremo essere bravi e capaci nel tradurre una buona annata, in vigna e in cantina, in una altrettanto eccellente stagione commerciale sui mercati interno e internazionale. La qualità della vendemmia è un'ottima premessa competitiva purché non rimanga da sola. Abbiamo le migliori condizioni per imprimere al nostro export un ulteriore salto in avanti".

"I dati sull'esportazione dei primi cinque mesi dell'anno (+3,8% a valore su gennaio) confermano il trend di crescita annua attorno al +5% - ha proseguito Rallo - ma dobbiamo fare di più per trasformare il rinnovato primato produttivo mondiale anche in un'eccellente performance commerciale, semplificando e razionalizzando l'offerta del prodotto secondo il modello seguito prima dal Prosecco e oggi dalla Doc Pinot Grigio delle Venezie, dove l'integrazione della filiera produttiva non ha sacrificato le specificità territoriali".
 
Ulteriore nota positiva è il segno più tornato nel capitolo volumi esportati, sebbene la rediviva crescita rimanga ancora inferiore rispetto ad altri competitor internazionali e sia realizzata prevalentemente grazie agli spumanti, mentre sul fronte del mercato interno, che assorbe da solo il 50% del prodotto italiano, si registra un arresto della caduta dei consumi.
 
 
Le previsioni in sintesi
A livello territoriale si evidenzia una sostanziale disomogeneità di situazioni tra regioni confinanti e all'interno delle stesse. Tra le prime quattro grandi regioni produttrici la Sicilia mostra una flessione (-15%), mentre in lieve crescita si stimano le produzioni di Veneto (+2%), Puglia (+2%) ed Emilia Romagna (+5%).

Al Nord si assiste ad un lieve recupero produttivo del Piemonte dopo due anni scarsi (+5%), a cui si affianca la decisa crescita della Valle d'Aosta (+17%) ed una stabilità della Liguria.
Anche in Friuli Venezia Giulia i nuovi impianti fanno restare la produzione 2016 molto al di sopra della media degli ultimi cinque anni, sebbene con una lieve flessione sul precedente (-4%).
Lombardia (-13%) e Trentino Alto Adige (-9%), invece, hanno sofferto maggiormente le incertezze climatiche.

Scendendo lungo la penisola si evidenzia l'arretramento di Toscana (-8%) e Umbria (-8%) a fronte di segni lievemente positivi per Lazio, Abruzzo e Marche.
Annata da dimenticare per i volumi della Campania (-20%). Buona la vendemmia anche in Molise, Calabria e Basilicata dove le prime stime si collocano su terreno positivo rispetto a quella dello scorso anno. Stabile la Sardegna.
 
Vivace il dibattito conclusivo incentrato sui temi dell'export, della promozione e delle scelte produttive del settore. Dal fitto scambio di battute tra relatori, addetti ai lavori e giornalisti sono emersi sostanzialmente tre elementi: il primo è che il settore dovrà necessariamente virare con maggiore decisione verso le produzioni di qualità destinate all'export se vuole coprire i costi di produzione; la seconda è che bisogna recuperare il mercato interno  e conquistarne contemporaneamente di nuovi, senza però smettere di promuovere i prodotti italiani sui quelli già maturi e, infine, sulla disponibilità e destinazione delle risorse destinate alla promozione.

"L'Ocm vino è un buon modello, nel quale riusciamo a dimostrare un'ottima capacità di spesa, ma che è soggetto a regole europee che non possiamo e non vogliamo aggirare, a partire da quelle sui fondi per la promozione", ha commentato Luca Bianchi rispondendo alle sollecitazioni giunte da più parti e ricordando che nell'export il vino italiano funge generalmente da traino per tutto l'agroalimentare nazionale.