Al suddetto folklore, figlio del demenziale presenzialismo tuttologo dei media moderni, si aggiungono però anche colleghi un po’ fantasiosi, sebbene teoricamente agronomi, i quali pensano che gli ulivi possono benissimo cavarsela da soli, “come hanno fatto per millenni”, a patto che l’uomo allenti la pressione di fertilizzanti e agrofarmaci, causa per taluni di supposti indebolimenti delle piante che le avrebbero rese più esposte ai patogeni. In sostanza, la loro tesi è che se si lasciasse fare alla Natura il problema si risolverebbe praticamente da solo.
Peccato che in termini logici accusare fertilizzanti e agrofarmaci di aver aperto la strada alla Xylella equivalga all’accusare i cibi industriali conservati di essere i responsabili di eventuali epidemie italiane di ebola. Infatti, a dispetto delle tante filosofie “naturiste”, quando arriva un patogeno inedito in un territorio qualcuno o qualcosa si ammala. Punto. Senza scomodare l'ebola, accade ogni anno con l’influenza, tutte le volte un po’ diversa, che mette a letto decine di migliaia di Italiani. In alcuni anni pure qualcuno in più della media, specialmente da quando contro i vaccini sono state sollevate accuse fra le più disparate, con l’unico risultato di far diminuire la percentuale di popolazione protetta.
Ora anche l’Efsa, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, dice la sua sulla Xylella. O meglio, tira i fili di quanto è stato fino a ora evidenziato dai ricercatori cui la moria degli ulivi sta togliendo il sonno da molti mesi. L’ultima fotografia scattata nei campi pare infatti spegnere il sospetto che siano altri organismi a causare il disseccamento rapido, perché il vero e unico nemico sarebbe Xylella fastidiosa.
Nulla di nuovo, però, sotto il Sole per quanto riguarda le contromisure. Gli abbattimenti delle piante infette sollevano infatti aspre critiche, soprattutto pensando che l’insetto vettore è altamente polifago e pure il batterio non scherza quanto a ospiti sui quali può proliferare. Anche concludere che “la corretta gestione del campo sia generalmente benefica per la salute delle piante” lascia un po’ il tempo che trova. Cosa vuol dire infatti “corretta gestione”? Perché se si volesse davvero fare tabula rasa del problema si dovrebbe usare il napalm, eliminando piante ospiti, insetti vettori e patogeni in una botta sola. A quanto pare, e per fortuna, il napalm non è stato considerato arma utile al salvataggio degli ulivi. Ulivi che per ora sono salentini, ma che domani potrebbero essere anche extra-pugliesi. Non a caso anche in Francia si sarebbe individuata Xylella. Oggi a noi, domani a voi, cari cugini transalpini, molto rapidi nel proporre embarghi commerciali, salvo poi essere presi in contropiede in casa vostra dal medesimo patogeno, per giunta arrivatovi col caffè dal Centro America, mica con gli ulivi dall'Italia.
Di certo, la soluzione ideale pare molto lontana dall’essere trovata, proprio perché l’eradicazione degli ulivi non può sulla carta garantire al 100% lo stop alla diffusione delle infezioni.
Di sicuro, pare ancor meno saggio tenere le cose come stanno, lasciando appunto fare alla Natura, magari illudendosi che un albero secolare stia resuscitando solo perché ha buttato qualche nuova foglia su un paio di rami fra quelli colpiti. Oppure ancora illudendosi di controllare un battere che prospera all’interno delle piante con trattamenti di contatto che non superano né le cuticole fogliari, né tanto meno le cortecce.
Si capisce bene che quando nel presente non si trovino soluzioni, le si cerchi fra quelle usate dai nonni, ma proprio a tal proposito giova riproporre due frasi “archeologiche”, già riportate in altro articolo, le quali sembrano però scritte in questi giorni, per il Salento. Perché addossare all’uomo colpe bizzarre è uno sport che pare avere per lo meno un paio di migliaia di anni:
“Odo spesso la gente lamentarsi ora dell’attuale sterilità dei campi, ora dell’attuale inclemenza delle stagioni che ormai va danneggiando i frutti della terra. C’è chi poi vuol attenuare in certo modo queste lamentele con l’assegnare al fatto una ragione precisa e dice che, stanco e isterilito dalle eccessive produzioni del passato, il terreno non può più offrirci i suoi frutti come nel passato”. (Lucio Giunio Moderato Columella, I Sec d.C.)
“Siamo di peso al mondo, a stento ci bastano le risorse, e maggiori sono i bisogni, più alti sono i nostri lamenti, poiché la natura già non è in grado di sostenerci. In effetti le pestilenze, le carestie, le guerre e la rovina delle civiltà sono un giusto rimedio, uno sfoltimento del genere umano arrogante” (Settimio Fiorente Tertulliano, 221 d.C.)
Antichi autori romani a parte, massimo rispetto va comunque portato per la tragedia che sta colpendo gli olivicoltori salentini, ma serve anche il massimo richiamo alla razionalità e al rigore scientifico. Perché sollevare inutili polemiche e polveroni - e magari illudere persone - non servirà proprio a nulla. Anzi.
Questo almeno finché un colosso del biotech non metta davvero a punto un olivo Ogm, così come si fece per la papaya, coltura che per colpa di un virus incurabile stava rischiando di scomparire e che oggi è invece ancora presente grazie proprio alla manipolazione genetica.
Chissà: spesso la fantascienza ha anticipato la scienza, suggerendole nuove vie da seguire, e ciò che faceva sbellicare dal ridere nel presente è divenuto poi realtà negli anni successivi.
Ma se putacaso un giorno vi fosse sul serio una varietà gm resistente alla Xylella, siamo sicuri che verrebbe accettata come manna dal cielo, oppure ritroveremo gli stessi cantanti, comici, scrittori e intellettuali a protestare contro gli ulivi immuni al patogeno?
Come probabilmente direbbe “Quelo”, personaggio di Corrado Guzzanti: “La seconda che hai detto…”
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Autore: Donatello Sandroni