Sono ancora aperte le ferite che il maltempo ha inflitto ai campi rovesciandovi sopra tanta acqua quanta non se ne vedeva da 50 anni. E pare strano occuparsi in queste condizioni di irrigazione, ma la contraddizione è solo apparente. Basta andare alla trascorsa stagione estiva quando il perdurare di una siccità quale non si vedeva da 200 anni ha portato a cali produttivi fra il 50 e il 60%. E con l'arrivo dei primi caldi il problema potrebbe ripresentarsi. Queste forti variazioni climatiche sono ormai una costante ed è necessario fronteggiare ieri gli eccessi di precipitazioni e domani i picchi di siccità. Quali gli strumenti e quali le politiche da adottare sono stati gli argomenti del convegno organizzato il 17 giugno a Bologna dalla Regione Emilia Romagna. Come ha ricordato nella sua introduzione l'assessore regionale all'Agricoltura Tiberio Rabboni, dobbiamo attrezzarci per convivere con questi picchi estremi che il cambiamento climatico in atto si porta dietro. E sul fronte delle risorse per l'irrigazione c'è molto lavoro ancora da fare. Vediamo cosa accade con le risorse provenienti dal bacino del fiume Po, capace di assicurare circa 22 miliardi di metri cubi di acqua. Di questi solo un miliardo viene utilizzato dall'Emilia Romagna, “Cenerentola” rispetto ad altre aree attraversate dal “grande fiume”. Le soluzioni impongono però scelte di natura politica da giocare anche sui tavoli europei. Perché a Bruxelles si legifera pensando che tutta la Ue sia come il Nord Europa, dove le disponibilità irrigue sono assai diverse dalle nostre. E l'Italia, che di acqua ne ha meno e la deve pagare di più, finirà ancora una volta penalizzata.

La soluzione in quattro mosse
Che fare allora? Un'opportunità può arrivare dalla riforma della Pac della quale si va discutendo da tempo, ma occorre che il Governo e la politica italiana si faccia interprete a Bruxelles di queste esigenze. Alla riduzione dei consumi idrici che Bruxelles intende perseguire occorre abbinare un'ottimizzazione delle risorse idriche. “Tagli lineari, - ha rimarcato Rabboni – non sono accettabili”. Per raggiungere questo obiettivo l'Emilia Romagna ha idee chiare. Quattro i punti sui quali operare e fra questi l'adeguamento delle infrastrutture, per migliorare la rete distributiva e ridurre le perdite e aumentare le riserve idriche. Un problema quest'ultimo che si vuole affrontare anche attraverso un uso plurimo delle risorse, come casse di espansione, laghetti di cava, e persino con il riuso delle acque reflue. Poi strategie per ridurre il fabbisogno con più moderni sistemi di irrigazione e come terzo punto la selezione di varietà meno esigenti ma ugualmente produttive. Infine un sistema previsionale in grado di analizzare e stabilire con cadenza trimestrale i periodi di eventuale criticità.

Arriva Irrinet
Un ruolo importante lo potrà svolgere la ricerca e l'innovazione abbinata all'impiego delle nuove tecnologie. Vanno in questa direzione i risultati raggiunti dalla rete “Irrinet” presentati in occasione del convegno. Un sistema di geolocalizzazione che utilizza la rete internet e consente alle aziende che aderiscono al servizio di conoscere con dettaglio il momento migliore per irrigare e la quantità di acqua da utilizzare. Il tutto, ovviamente, in funzione dell'andamento climatico e delle colture in atto. In media le aziende riescono a ridurre di circa il 20% i consumi di acqua per l'irrigazione. Al momento il servizio è attivo su circa un quarto del territorio regionale e ha consentito un risparmio di circa cinquanta milioni metri cubi. Ora si punta ad estenderlo e a semplificarne l'usabilità anche con mezzi di uso comune come smartphone e tablet. Con la sua diffusione si potrà arrivare a risparmiare 150 milioni di metri cubi di acqua.

Niente soldi
La prossima sfida è quella dei finanziamenti. Il primo piano irriguo dell'Emilia Romagna ha potuto contare su quasi 150 milioni dello Stato ai quali hanno fatto seguito altri 75 milioni per il secondo piano irriguo. 32 i progetti complessivamente approvati per una superficie complessiva di quasi 23mila ettari. Ora le risorse vanno cercate quando possibile nelle pieghe dei Psr. Lo ha ricordato il sottosegretario alle Politiche agricole, Maurizio Martina, che nel concludere i lavori del convegno non ha lasciato spazio alla speranza di trovare sostegni nelle casse pubbliche. Ci sarà tuttavia la disponibilità del Mipaaf a rendersi punto di incontro fra le Regioni per una azione sinergica nell'ottimizzazione delle risorse idriche. Perché il tema dell'acqua, come sostenuto da molti degli interventi, non può avere un perimetro regionale e nemmeno può fermarsi alla sola agricoltura, ma deve coinvolgere tutti gli usi dell'acqua, da quelli civili a quelli industriali. Ancora dal sottosegretario Martina è stato espresso l'impegno a mettere nell'agenda del semestre italiano di presidenza della Ue, nella seconda metà del 2014, il tema delle risorse idriche e delle esigenze dell'agricoltura italiana. Poi arriverà il momento dell'Expo del 2015, dove l'acqua sarà una delle protagoniste e in quella occasione l'Italia potrà far vedere cosa si sta facendo su questo fronte. Già a inizio luglio ci sarà un incontro a Milano che coinvolgerà molti dicasteri, compreso quello dell'Agricoltura. Un approccio interministeriale, ha concluso Martina, al quale fare riferimento anche in futuro quando si discute di politica delle risorse idriche.