“Il fabbricato rurale come la stalla, il magazzino e la cascina, è uno strumento fondamentale di lavoro; il ‘bene terra’ è indispensabile per produrre derrate alimentari. Non possono, per questo, avere una tassazione così pesante”. E' quanto afferma il presidente Cia, Giuseppe Politi, contro le disposizioni previste dall'articolo 13 della manovra Monti, definita dalla Legge 214 del 22 dicembre 2011.
Imu
Pomo della discordia della Manovra Monti è l'Imposta municipale propria (Imu), la cui entrata in vigore era fissata nel Dlgs 23/2011 per il 2014. Con le nuove disposizioni, la tassa viene resa operativa in via sperimentale e con qualche modifica, a decorrere dal 2012, per essere passare a regime nel 2015.
Per molti versi simile all'Ici che va a sostituire, l'imposta rimpiazza anche, per gli immobili non locati, l'Irpef e le addizionali sul reddito fondiario. Falcidiati dalla scure dell'Imu sono i fabbricati, le aree fabbricabili ed i terreni agricoli, compresi i fabbricati rurali destinati sia ad abitazione che ad uso strumentale dell'attività agricola.
Ma, a far sentire ingiustamente penalizzato il mondo agricolo, è anche la rivalutazione dei contributi che i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali dovranno versare all'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Una tassa ingiusta
“Fabbricati rurali, estimi catastali dei terreni agricoli e caro-gasolio. Queste, per ora, le emergenze dell'agricoltura italiana su cui occorre subito intervenire dando risposte certe ed efficaci agli imprenditori agricoli. Senza misure che consentano di ridurre i pesanti oneri produttivi e contributivi, si corre il pericolo del completo naufragio - ha dichiarato Politi aggiungendo inoltre che - se entro pochi giorni non verranno attuati gli interventi che da tempo sollecitiamo, siamo pronti alla mobilitazione, coinvolgendo anche le altre organizzazioni professionali”.
Impossibile tacere, secondo la Confederazione, di fronte a ingiuste tassazioni che vedono, ad esempio, salire il moltiplicatore da applicare per la determinazione della base imponibile dei terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli a 110.
“E' necessario - ha proseguito il presidente Cia - che vengano introdotte delle agevolazioni per rendere meno traumatico l’impatto sui costi produttivi. Chiediamo un ‘bonus’, come già avviene per gli autotrasportatori. La nostra è una richiesta legittima.
Questo – ha concluso - non significa che l’agricoltura si vuole sottrarre dalle proprie responsabilità e che non intende fare la sua parte in un momento in cui si chiedono sacrifici a tutto il Paese. Al contrario siamo pronti a dare il nostro contributo, ma non possiamo accettare provvedimenti che rischiano di mettere fuori mercato migliaia di aziende”.
Caro-gasolio
“La crisi deve essere fatta pagare a chi l’ha generata e non a un settore rappresentativo dell’economia reale come l'agricoltura” rincara Coldiretti, pur consapevole dell'urgenza della manovra, che preannuncia una stangata da quattrocento milioni di euro per gli agricoltori italiani a causa del caro-carburanti. Nel giro di un anno, il costo dei carburanti agricoli è aumentato del 58%, con effetti pesanti sul costo della operazioni che si effettuano in campagna.
Per arare un campo di dimensioni medie – sottolinea la Coldiretti - un agricoltore italiano spende oggi 150 euro in più rispetto a un anno fa. Per chi semina il rincaro è stato di 120 euro così come per la trebbiatura dei cereali e lo spandimento del letame. Ancora, i trattamenti costano da 32 a 64 euro in più a seconda del tipo di coltura.
Pesante – prosegue la Coldiretti - anche l’aggravio dei costi per chi usa la vendemmiatrice: quasi 400 euro. Oltre all'aumento dei costi per il movimento delle macchine come i trattori, in agricoltura il caro petrolio colpisce soprattutto le attività agricole che utilizzano il carburante per il riscaldamento delle serre (fiori, ortaggi e funghi), di locali come le stalle, ma anche per l'essiccazione dei foraggi destinati all'alimentazione degli animali.