Ed è arrivato anche il gran giorno, quello dell’assaggio del primo hamburger ottenuto da cellule staminali. E’ avvenuto a Londra, il 5 agosto, sotto i riflettori della BBC che all’evento ha dedicato un servizio in diretta, ritrasmesso sul Web. Per chi volesse vederlo basta cliccare qui. A gustare il prezioso hamburger sono stati chiamati due assaggiatori che godono di buona fama, Hanni Ruetzler e Josh Schonwald. Non di minor peso il nome dello chef, Richard McGeown, che ha avuto la responsabilità di cucinare 250mila euro di cellule staminali, tanto è costata la ricerca condotta dai laboratori olandesi della Università di Maastricht, come già anticipato da Agronotizie. I giudizi sono stati moderatamente positivi, chi perplesso sulla consistenza, chi sul sapore, ma non c’era da aspettarsi nulla di diverso. L’esperimento non puntava certo a replicare la succosità di una fiorentina di Chianina o la bontà di un brasato di Piemontese. Semmai dimostrare la possibilità di “costruire” proteine animali in laboratorio. E che fosse possibile, pur fra non poche difficoltà, nessuno lo metteva in dubbio. Semmai c’è da chiedersi quali siano le motivazioni di questa ricerca.

Perplessità
C’è chi sostiene sia una risposta all’aumento della domanda di proteine animali al quale il mondo dovrà rispondere nei prossimi anni. Chi vede nei laboratori un mezzo più efficiente per fabbricare proteine rispetto all’allevamento tradizionale, accusato di consumare troppe risorse. Chi ancora un modo per non sacrificare gli animali alle esigenze alimentari dell’uomo. Ma ci vorranno ancora molti anni. E prima di arrivare a tanto, ovvero chiudere le stalle e aprire i laboratori, bisognerà forse interrogarsi sulle possibili conseguenze di questa ipotetica evoluzione. Meno stalle e meno concime naturale, meno stalle e meno allevatori, guardiani del territorio ancor prima dei loro animali. La pensa così anche Rocco Tiso, presidente di Confeuro, convinto che la produzione di beni alimentari debba avere a che fare con la terra e suoi custodi, cioè gli agricoltori, prima che con i laboratori. E poi, aggiunge Coldiretti, le innovazioni in un settore come quello alimentare, devono percorrere la strada della naturalità e della sicurezza.

Non fermate le ricerche
La carne fabbricata in laboratorio difficilmente potrà competere con quella ottenuta con metodi tradizionali. E forse non sarà nemmeno possibile ottenerla a costi competitivi. Ma non lo sapremo mai se alla ricerca saranno frapposti ostacoli pregiudiziali. Schierarsi pro o contro, anche in questo caso, non conduce da nessuna parte. Ogm docet.