La protesta degli allevatori, sfociata nella marcia dei trattori su Arcore, ha avuto gli effetti sperati. Gli emendamenti al decreto legge sulle quote latte, al suo primo passaggio parlamentare per la conversione in legge, sono stati in gran parte accolti. I criteri di assegnazione dell'aumento delle quote latte concesso all'Italia sono stati rivisti e ora si attende entro questa settimana l'ultimo passaggio, alla Camera, per la definitiva conversione in legge. I tempi sono stretti perché l'assegnazione del supplemento di quote agli allevatori deve avvenire entro il primo aprile, data di inizio della prossima campagna lattiero casearia. Rispettare i tempi non sarà facile, il che non lascia molti margini di manovra per ulteriori cambiamenti che richiederebbero un nuovo passaggio parlamentare. Cosa che impedirebbe di applicare l'aumento delle quote con la prossima campagna produttiva, che dunque ci vedrebbe ancora una volta alle prese con le multe per gli splafonamenti produttivi.
Ma vediamo in dettaglio come si presenta la nuova legge alla luce degli emendamenti già approvati. In ballo, lo ricordiamo, ci sono 840mila tonnellate di latte che risultano dalla somma degli aumenti concessi da Bruxelles durante la precedente legislatura (poco più di 200mila tonnellate, non attribuite agli allevatori, ma confluite nella riserva nazionale) e dal più recente aumento ottenuto da Luca Zaia per oltre 600mila tonnellate. Grazie a questi aumenti la quota produttiva italiana si colloca a circa 11,5 milioni di tonnellate, un limite che si allinea alla produzione nazionale di latte e che dunque dovrebbe mettere fine alla sequenza di multe che ogni anno vengono comminate all'Italia.
Il decreto uscito a inizio febbraio sanciva che questa maggiorazione di quote fosse indirizzata in via prioritaria a quegli allevatori che hanno subito le multe, purché disposti a pagare il dovuto per gli anni precedenti, anche se a rate ma con interessi alti (il 6% e oltre). Senza per questo dover rinunciare ai contenziosi eventualmente in atto. La mancata rinuncia ai contenziosi è uno degli aspetti più duramente contestati dagli allevatori “regolari”, i tanti che per sfuggire al pericolo delle multe avevano investito capitali per comprare quote e mettersi così in regola con la normativa. A loro, agli allevatori “regolari”, il decreto dedicava solo la “promessa” di un fondo per il sostegno del settore lattiero caseario. A molti è apparsa come un'ingiustizia nei confronti di chi si era messo al passo con i regolamenti. Altri punti critici erano poi i criteri di attribuzione delle priorità, che avevano trascurato i giovani e la montagna.
Le modifiche
Nel passaggio al Senato questi ostacoli sono stati eliminati, a iniziare da quello più contestato, la rinuncia ai contenziosi. Ora chi vorrà mettersi in regola dovrà non solo mettere mano al portafoglio (anche se a rate), ma rinunciare ai ricorsi. In molti casi questi ricorsi si erano tradotti in una sospensiva della multa ed uno stop alle ingiunzioni di pagamento e alle iscrizioni a ruolo, con il loro seguito di riscossioni coattive messe in atto da alcune Regioni (ad esempio la Lombardia). In ballo, è opportuno ricordarlo, ci sono multe per complessivi 1,7 miliardi di euro, che coinvolgono circa 17mila allevatori, secondo le stime del Mipaaf.
Altra modifica giunge dalla “compensazione” automatica degli aiuti Pac. Le rate per saldare il conto delle multe pregresse saranno infatti riscosse, almeno in parte, con una trattenuta sugli aiuti comunitari. Un modo, insomma, per garantirsi sulla regolarità dei pagamenti, che non lasciano però scampo. Chi non paga anche solo una rata perde il diritto alle agevolazioni previste dal decreto.
E' stato accolto anche l'emendamento che introduce l'affitto della quota quale elemento per rientrare fra gli aventi diritto alla priorità nell'assegnazione degli aumenti. Stesso trattamento di riguardo anche per i giovani che operano in aziende di montagna. Confermate poi le condizioni di priorità già previste inizialmente nel decreto per gli allevatori che avevano subito il taglio della quota B. Fra gli emendamenti figura anche la proroga al prossimo 31 dicembre delle agevolazioni previdenziali per le zone svantaggiate. Ci si è poi ricordati degli allevatori che hanno in passato comprato quote per mettersi in regola. A loro è destinato un fondo di rotazione che avrà una dotazione di 35 milioni di euro.
Le reazioni
Il passaggio dall'aula del Senato ha segnato dunque importanti mutamenti che hanno raccolto molti consensi, anche quello dello stesso ministro Zaia che si è detto soddisfatto del lavoro svolto e dei miglioramenti apportati. Per gli allevatori che vorranno sanare il proprio contenzioso aderendo alla rateizzazione si avrà il blocco delle esecuzioni che in molti casi avrebbero potuto determinare la chiusura delle stesse aziende. “Ora -ha precisato Zaia- occorre garantire, ed è il lavoro che ci apprestiamo a fare alla Camera, una corretta applicazione che non penalizzi chi rateizzerà con la prossima campagna rispetto agli ex splafonatori che aderirono alla rateizzazione del 2003".
Toni soddisfatti anche da parte di Confagricoltura e di Cia che hanno promosso la mobilitazione degli allevatori per chiedere le modifiche poi accolte dal Senato. Confagricoltura si augura che il passaggio alla Camera possa apportare miglioramenti per le risorse destinate agli allevatori “regolari”, richiesta che viene fatta anche da Cia, ma evitando tagli ad altri settori agricoli. Coldiretti, che si era astenuta dalla mobilitazione degli allevatori, plaude al risultato raggiunto, che chiude un vicenda lunga 25 anni e che avrebbe continuato altrimenti a costare centinaia di milioni per le multe comminate all'Italia.
Anche da parte di alcune Regioni che avevano preso posizione contro il decreto legge, giungono segnali di approvazione per il lavoro svolto in Senato. E' il caso di Luca Daniel Ferrazzi, assessore all'Agricoltura della Lombardia secondo il quale "finalmente si riconoscono le ragioni di tutti quei produttori, la maggioranza, che hanno sempre lavorato nel rispetto delle regole.“ Gli fa eco Mino Taricco, assessore all'Agricoltura del Piemonte, per il quale però “rimangono assolutamente esigue e insufficienti le cifre stanziate per l’intervento sul settore lattiero-caseario.”
I contrari
“Il decreto sulle quote latte mantiene di fondo tratti di ingiustizia e iniquità." Questa è invece la dichiarazione che si può leggere in un documento che reca fra gli altri la firma di Paolo De Castro, già ministro dell'Agricoltura nel Governo Prodi e oggi vicepresidente della Commissione agricoltura del Senato. “il decreto – continua il documento - è un condono a favore delle pochissime aziende che in spregio alle regole dell'Unione Europea e al dettato della legge 119 del 2003 si sono mosse nell'illegalità.” Che anche le quote latte siano un terreno di confronto politico non c'erano dubbi, come dimostra la dichiarazione di Nello Di Nardo, capogruppo dell'Idv (Italia de valori) in Commissione Agricoltura, che annunciando il voto contrario del suo gruppo ha tenuto a precisare che “nonostante le ultime modifiche il decreto legge sulle quote latte resta un provvedimento premia-furbi."
Gli sviluppi della vicenda quote hanno ridato voce anche a Giovanni Robusti, oggi europarlamentare e che qualcuno ricorderà come protagonista delle prime proteste dei Cobas del latte e poi fondatore di numerose cooperative oggi al centro di alcune cronache giudiziarie. E' suo il parere che se quasi nessuno ha aderito alla precedente rateizzazione proprio perché prevedeva la rinuncia al contenzioso, non si vede perché lo debba fare ora. Vedremo se avrà ragione o meno. Possiamo condividere invece la sua previsione che sulle quote ci sarà ancora confusione. Avremo modo di parlarne. Il prossimo appuntamento è alla conclusione dei lavori della Camera con l'approvazione definitiva della legge.