Vivere in campagna, da agricoltori o meno, parrebbe migliorare significativamente la salute dei cittadini. Per lo meno sul fronte oncologico. A dirlo è la Cancer control agency locale, tramite un report pubblicato a febbraio 2021 in tema di statistiche epidemiologiche di Aroteroa, nome maori del Paese dell'Oceania.
 
Scarica il report integrale: The State of Cancer in New Zealand 2020

Le statistiche sono state realizzate delineando i tumori più comuni nel paese, esaminando incidenze, sopravvivenza e mortalità. Sono state anche approfondite le differenze nelle incidenze del cancro fra i diversi gruppi di popolazione, come Maori, popoli del Pacifico, popoli asiatici, abitanti di aree rurali oppure di classi di età o ancora svantaggiate dal punto di vista socio-economico.

In senso generale, la conclusione è che la prevenzione debba incentrarsi sull'esposizione dei cittadini ad alcuni dei più noti fattori di rischio per il cancro, uno su tutti il tabacco, seguito dalla cattiva alimentazione, inclusi ovviamente gli alcolici, nonché attività fisica insufficiente ed eccessivo peso corporeo.

A queste cause primarie seguono la presenza di Helicobacter pylori, Papilloma virus ed epatite B e C. Infezioni tutte scongiurabili grazie agli specifici vaccini. Invito poi a non trascurare nemmeno l'esposizione alla luce solare, importante fattore di rischio per alcuni specifici tumori a labbra e pelle cui sono esposti particolarmente gli agricoltori, passando ampia parte del proprio tempo all'aperto.

Nulla di nuovo quindi sotto il Sole (nemmeno i melanomi): tenere corretti stili di vita è il miglior viatico per abbattere la quasi totalità dei fattori di rischio esistenti. O meglio, rimandarne gli effetti a data da destinarsi, perché prima o poi si muore comunque. Magari però non di tumore e non in età relativamente giovane, sebbene matura.

Interessanti soprattutto gli approfondimenti oncologici sulla popolazione rurale. Il che non implica solo gli agricoltori, bensì anche l'insieme di persone che vivono nelle aree coltivate seppur occupate diversamente. Cioè quelle che normalmente in Italia danno vita a cortei contro gli odiati "pesticidi" o che si strutturano sulla base di comitati, nutrendosi del fuoco chemofobico popolare sul quale sono in molti, troppi, a soffiare impetuosi.


I risultati

Su 25mila diagnosi di cancro in Nuova Zelanda circa tremila sono Maori. Su una popolazione di 4,9 milioni circa di abitanti implica un'incidenza assoluta pari allo 0,51% complessivo con uno 0,4% per i Maori (750mila su 4,9 milioni). In Italia, tanto per fare un paragone, tale valore è di poco superiore allo 0,6% (oltre 370mila diagnosi su circa 60 milioni di abitanti).

Di questi 25mila casi, 150 sono purtroppo bambini (0-14 anni) colpiti prevalentemente da leucemie e tumori al cervello. Gli adolescenti e i giovani (12-24 anni) sono stati invece colpiti in ragione di 176 casi, soprattutto linfomi (Hodgkin) e alle gonadi. In sostanza, mettendo insieme tutti i tipi di tumore che colpiscono la popolazione under 24 si arriva solo all'1,3% del totale. Sapendo peraltro che fra i due gruppi statistici vi sono pure due anni di sovrapposizione. Numeri che risultano quindi estremamente bassi: troppo, per tentare di elaborare teorie di causa-effetto di qualsivoglia natura. Vizio che invece non pare tramontare nel comun sentire, alla sempiterna ricerca di facili colpevoli.

Su tutta la popolazione nel suo insieme, invece, a farla da padroni sono il cancro ai polmoni (1.700 decessi/anno) e al colon-retto (1.200). Quanto a incidenze, invece, è il cancro al seno in vetta alla classifica, con 46 donne su 100mila colpite.

Circa infine i trend, si sta assistendo a una diminuzione nel tempo dei casi, come pure sta incrementando la sopravvivenza e la guarigione. Quindi, partiamo col dire che in Nuova Zelanda va tutto sempre meglio. Soprattutto, per alcuni tipi di tumore. Se per esempio (periodo 1996-2017) si mostrano in calo i trend del tumore ai polmoni, alla cervice uterina, alle ovaie e allo stomaco, stanno invece crescendo quelli all'utero, al seno, al fegato e al colon-retto, spesso indice quest'ultimo di dieta sbilanciata con eccessi verso i grassi e gli alimenti di origine animale.


Le aree rurali

Nel 2018, circa 766mila neozelandesi vivevano in zone rurali, pari al 16% della popolazione totale. Il 18% se riferito ai soli Maori.
Minori risulterebbero le incidenze di cancro tra coloro che vivono in campagna: dal 2002 al 2006 i tassi di cancro complessivi appaiono infatti inferiori di circa il 25% rispetto a coloro che vivono nelle principali aree urbane. Un quarto di meno. Non male. L'accesso alle cure non risulta peraltro differente fra popolazione urbana e non.

In sostanza, chi vive nelle aree rurali non patirebbe di particolari carenze di cure, apparendo al contempo anche meno bisognoso di riceverne. Dimostrazione di quanto sia sbagliato dare valore a singole aneddotiche che vorrebbero i cancri in aree rurali legati a fattori di prossimità con i campi coltivati e quindi ai relativi agrofarmaci. Aneddotiche basate il più delle volte su qualche conoscente morto di tumore e che abitava vicino a un qualunque campo coltivato. Approccio irrazionale, questo, che appare molto simile a quello palesato dai più ottusi no-vax che collegano ai vaccini ogni tipo di accidente occorra dopo la somministrazione, pur mancando il debito rapporto di causa-effetto.

"Post hoc, ergo propter hoc", solevano infatti dire i latini: dopo di questo, cioè a causa di questo. Approccio miope di attribuzione di un effetto a una supposta causa solo in base a una successione temporale delle due.

Purtroppo, quando un'analisi epidemiologica ufficiale incontra un fan dell'aneddotica laqualunque, l'analisi epidemiologica ufficiale è un'analisi morta. E ciò ferisce, soprattutto quando tali aneddotiche vengano dispensate in pagine social dedicate all'agricoltura per mano di personaggi in teoria competenti su temi agricoli, ma che sarebbero forse più consoni ideologicamente alle pagine di Greenme o de Il Salvagente.