Tiberio Rabboni, presidente dell'Oi pomodoro da industria del Nord Italia, ha spiegato alla platea che in poco più di due anni la filiera ha messo in campo un programma condiviso per contrastare queste fitopatie, adottando un progetto di ampio respiro per individuare soluzioni idonee a combattere il fenomeno e predisponendo un monitoraggio costante.
Di fronte ad emergenze come queste poter disporre di uno strumento come l'Organismo interprofessionale consente di affrontare più facilmente il problema facendo leva sui punti di forza è stato invece l'incipit dell'intervento di Stefano Boncompagni, dirigente fitosanitario Regione Emilia Romagna.
Un efficace sistema di coesione interno ha messo a disposizione degli agricoltori colpiti da queste avversità un indennizzo immediato come prestito per poter gestire la situazione. Inoltre, l'amministrazione regionale ha reso disponibili risorse proprie ed ha attivato una procedura specifica per poterle erogare. Ha aperto un'istruttoria per essere ammessa in un fondo di solidarietà europea per le calamità naturali che ha permesso di ottenere l'autorizzazione ad impegnare risorse finanziarie a questo scopo.
Bruno Chiusa del Consorzio fitosanitario di Piacenza ha affermato che negli ultimi quattro-cinque anni nel territorio piacentino e parmense si sono registrati attacchi di alcune calamità provenienti da altre parti del mondo, in particolare dall'Estremo Oriente, come Drosophila suzukii su ciliegio, Halyomorpha halys (cimice asiatica).
Alla luce di questo fenomeno, il Consorzio fitosanitario di Piacenza ha raccolto la richiesta degli agricoltori e dei dirigenti del Servizio fitosanitario e delle ex province di indagare sulle strategie migliori per contenere il ragnetto rosso. In collaborazione con tutti gli attori, a partire dal 2015 sono state realizzate apposite prove attraverso strutture autorizzate dal ministero.
Ivo Rovetto di Sagea ha presentato questa società di ricerca che opera sull'intero territorio nazionale con sei sedi; una realtà indipendente, che fornisce servizi di sviluppo e regolamentazione dei prodotti alle industrie agricole ed alimentari. Nei primi anni Sagea si è dedicata a svolgere prove di efficacia condotte secondo specifiche metodologie (Good experimental practices) finalizzate a valutare l'attività di prodotti fitosanitari nei confronti di diversi organismi nocivi delle principali colture agrarie, ma ben presto si sono aggiunte le prove condotte in Bpl (Glp, Good laboratory practices) per la determinazione dei residui e quelle sulla selettività nei confronti degli organismi non bersaglio, come ad esempio fitoseidi e api, svolte sia in pieno campo che in laboratorio. Analogamente, vengono studiate altre tipologie di prodotti come i fertilizzanti, i biostimolanti ed i biocidi. Ivo Rovetto ha poi ricordato che Sagea ha effettuato interessanti prove nella lotta al ragnetto rosso nelle annate 2016, 2017, 2018 e 2019 con prodotti riportati all'interno dei Disciplinari di produzione ma anche con nuove molecole.
Ruggero Colla del Consorzio fitosanitario di Piacenza ha illustrato i risultati del lavoro effettuato assieme a Rocchina Tiso (fitosanitario Regione Emilia Romagna) basato sulla lotta biologica con fitoseidi. Ruggero Colla ha ricordato che negli ultimi anni il ragnetto ha mostrato tutta la sua pericolosità; il fitofago si presenta generalmente a due mesi dal trapianto e colpisce soprattutto i trapianti precoci e medi. La diffusione dell'acaro è favorita dalle condizioni climatiche e ambientali e da rotazioni colturali molto strette. Alla fine della campagna 2018 si è constatato che certe popolazioni mostrano una discreta sensibilità ad alcune delle molecole utilizzate. Nella primavera scorsa è stato pubblicato un vademecum distribuito agli agricoltori per affrontare la campagna 2019 che dal punto di vista del ragnetto è andata abbastanza bene. Rimane comunque l'esigenza di fondo di cercare un approccio diverso, innovativo, rispetto a quello che prevede la realizzazione delle prove parcellari in collaborazione con le ditte di agrofarmaci. Nel 2019 si è formato un gruppo di lavoro con il finanziamento dell'Oi pomodoro Nord Italia, il supporto di Bioplanet, il coordinamento scientifico del Servizio fitosanitario regionale e la presenza del Consorzio fitosanitario di Piacenza come braccio operativo per analizzare un percorso ancora poco esplorato, ovvero l'utilizzo di fitoseidi predatori in pieno campo.
All'interno di sette aziende situate nella bassa Val Trebbia e nella bassa Val Nure, dove il problema si manifesta in misura maggiore, sono stati adottati due protocolli, il primo con l'utilizzo di 20mila esemplari ad ettaro di Phytoseiulus persimilis abbinato a 25mila esemplari ad ettaro di Amblyseius andersoni; il secondo con 100mila esemplari ad ettaro di Amblyseius andersoni. Dalle analisi si evince che i fitoseidi hanno contenuto l'infestazione di ragnetto rosso nei bordi del campo, normalmente più attaccati dal patogeno rispetto alla parte centrale dell'appezzamento. Ruggero Colla ha ricordato che si tratta di una delle prime esperienze condotte in questo settore e che per ottenere risultati significativi bisognerà proseguire la sperimentazione per due-tre anni.
È poi intervenuto Stefano Foschi di Bioplanet, la biofabbrica italiana specializzata nell'allevamento di insetti ed acari utili, nell'assistenza tecnica e nella ricerca; ha sede a Cesena e conta trenta serre produttive e più di trenta specie; il suo mercato è rappresentato per il 50% dall'Italia e per il restante 50% dall'estero. Gli insetti e gli acari utili vengono impiegati su piccoli frutti e fragola, orticoltura, floricoltura e frutticoltura; sono chiamati ausiliari e fanno parte dei mezzi tecnici a basso impatto ambientale, sono prodotti biologici per l'agricoltura, valida alternativa ai mezzi convenzionali.
Sempre in tema di lotta al ragnetto rosso del pomodoro, Valentina Manstretta dell'Università Sacro Cuore di Piacenza, ha presentato Psr Idra, un progetto di sperimentazione avviato nell'autunno 2019 che si protrarrà sino alla primavera 2022 ed ha ottenuto un finanziamento di 180mila euro, su un costo complessivo di 250mila, dalla Regione Emilia Romagna nell'ambito del Piano di sviluppo rurale. Nato dall’iniziativa del Goi (Gruppo operativo per l'innovazione), con l'obiettivo di migliorare la difesa fitosanitaria contro questo acaro che minaccia la coltivazione del pomodoro da industria, il progetto, come ha ricordato Valentina Manstretta, si propone di raccogliere informazioni presso le aziende agricole per identificare i fattori predisponenti, formulare linee guida adeguate per la prevenzione e la gestione del ragnetto rosso, confrontare le tecniche colturali adottate nelle aziende con quelle innovative, studiare la dinamica della popolazione di ragnetto, divulgare ai diversi attori della filiera l'approccio innovativo per la coltivazione, formare gli agricoltori. La relatrice ha infine ricordato che i ricercatori dell'ateneo cercheranno di fornire risposte ai seguenti interrogativi: come evolvono le popolazioni del ragnetto? Quale è il livello di resistenza e quali sono i meccanismi coinvolti? Quali altre specie sono presenti? Coma cambiano le risposte in funzione delle strategie?
Dopo l'excursus sul ragnetto rosso il convegno è terminato con la sessione dedicata alla Ralstonia solanacearum. Chiara Delvago (fitosanitario Regione Emilia Romagna) ha ricordato che si tratta di un batterio originario dei paesi tropicali e subtropicali descritto per la prima volta nel 1986 su pomodoro, patate e melanzane. Colpisce oltre duecento specie ed è ritenuto un organismo nocivo da quarantena dall'Unione europea e quindi regolamentato da numerose normative. Si diffonde attraverso i tuberi seme delle patate, le piante di pomodoro con infezione latente, terreni e acque di irrigazione contaminate, strumenti di lavorazione contaminati.
Ralstonia solanacearum ha un'elevata sopravvivenza su diversi tipi di substrato quali il terreno, le acque di irrigazione superficiali, i residui vegetali, numerose piante spontanee che non manifestano sintomi, non solo Solanacee; provoca avvizzimento, disseccamento e morte della pianta. I sintomi sulle patate sono i seguenti: annerimento e marciume degli occhi del tubero, imbrunimento dei fasci vascolari nel tubero e nella parte basale del fusto, emissione di essudato batterico lattiginoso. Simili i sintomi sul pomodoro, quali l'avvizzimento della pianta ancora verde, l'imbrunimento del colletto dei fasci vascolari nel fusto, la presenza di essudato batterico, l'emissione di radici avventizie al colletto. Stessa sintomatologia anche per peperone e melanzane.
In campo si osservano chiazze di piante che manifestano i sintomi. Il processo di diagnosi non è semplice; l'Unione europea ha predisposto un protocollo molto preciso per la diagnosi in laboratorio del batterio e sui campioni si effettuano analisi con immunofluorescenza e tecniche molecolari. Nel 2019 sono stati controllati oltre 1.800 ettari a livello regionale con un totale di 283 analisi. L'unica possibilità per evitare la diffusione del batterio è quella della prevenzione, che richiede la collaborazione di tutti gli attori.
Dopo aver ricordato che il pomodoro trasformato nel Nord Italia rappresenta oltre il 50% del prodotto trasformato nel paese e circa il 25% di quello trasformato in Europa, Luca Sandei (Ssica) ha raccontato che la Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari nel 2019 si è attivata per cercare di studiare come poter affrontare il problema legato a Ralstonia solanacearum attuando un tavolo di lavoro specifico. Obiettivi della sperimentazione la verifica della presenza di eventuali fonti di accumulo del batterio nei processi di lavorazione del pomodoro, l'adozione di un protocollo operativo per poter devitalizzare le zone più a rischio.
"La nostra società - ha affermato Luca Sandei - è stata chiamata ad effettuare un processo di sanificazione sia con alte temperature che con devitalizzanti chimici; a questo proposito è stato prelevato pomodoro fresco contaminato e materiale proveniente dalle fasi iniziali di lavaggio prima della scottatura per verificare se queste acque fossero sufficienti ad evitare la problematica. I risultati più interessanti della sperimentazione riguardano la conferma della natura termolabile del batterio. Un trattamento termico a 85 gradi per quarantacinque minuti ha consentito la totale inattivazione del batterio. Inoltre, le acque in uscita dal depuratore dell'impianto pilota hanno mostrato un pressoché totale abbattimento della carica batterica. A questo punto, sarebbe necessario comprendere la possibilità di testare metodi di sanificazione alternativi a quello chimico fin qui utilizzato, introdurre varietà resistenti alla batteriosi, consolidare i risultati ottenuti con simulazioni sull'impianto pilota ed effettuare la sperimentazione su impianti dell'industria, sviluppare un protocollo di gestione di questi strumenti di contrasto".
Il convegno è terminato con l'intervento di Stefano Cavanna (Condifesa Piacenza), che ha parlato dei fondi di mutualizzazione per la gestione del rischio in agricoltura.