Sono ormai innumerevoli le pubblicazioni che propongono di sostituire il glifosate con alternative più o meno credibili, dalle pratiche agronomiche preventive, ai mezzi fisici, ai microrganismi, ai robot.

L’ultima in ordine di tempo è il report “Alternatives to herbicide use in weed management – The case of glyphosate”, pubblicato dal Pan - Europe col finanziamento del gruppo dei Verdi in seno al Parlamento europeo. La particolarità di questo documento è la sua corposità e dovizia di particolari, specialmente nella sezione in cui vengono menzionati i pro e i contro delle varie alternative proposte senza ignorarne gli effetti collaterali, in quanto nessuna tecnologia, anche l’assenza di tecnologia, è priva di impatto ambientale.
Lasciando ai maggiormente interessati i capitoli sull’impatto del glifosate sulla salute umana e sull’ambiente, dove si continuano a tenere pochissimo in considerazione i risultati delle valutazioni condotte dalle agenzie europee incaricate (Efsa ed Echa), desideriamo attirare l’attenzione del lettore sulla parte propositiva del documento, che sorprendentemente offre spunti interessanti.
 

Prevenire è meglio che curare

La tesi degli ambientalisti è che non è possibile sostituire il diserbo chimico con un’unica soluzione miracolosa ma occorre agire sull’intera filiera, partendo dalla rivisitazione delle pratiche di “no tillage” o “minimum tillage”, che nell’agricoltura senza chimica verrebbero sostituite con il “reduced tillage” (arature superficiali) associate all’utilizzo di “cover crops” di leguminose e pacciamature naturali che, mantenendo un livello di azoto ottimale, consentirebbero livelli di produzione comparabili a quanto fatto registrare con le tecniche tradizionali (almeno secondo gli studi citati nel documento). Anche la pratica dell’avvicendamento viene considerata come decisiva nell’attuazione della strategia.
 

Identificare è ancor meglio

Parte essenziale di questa strategia è il monitoraggio del livello di infestazione presente e del potenziale impatto sulla produzione della coltura: qui non possiamo che essere d’accordo, ma sono da tempo passati i tempi del “diserbo cosmetico”, volto di più a curare gli effetti psicologici dell’infestazione (oddio un papavero!) che potenziali danni alla coltivazione. Quindi: identificare le infestanti e vedere se possono causare un vero danno economico.
 

Policoltura

Anche qui l’idea è facile a dirsi ma forse molto meno a farsi: cercare di riempire tutti gli spazi ecologici disponibili con colture di interesse, sottraendoli alle infestanti. Alcuni lavori indicano che combinazioni di cereali e soia traseminate con trifoglio e fieno greco hanno fatto registrare ottimi risultati.
 

Scelta di varietà più competitive

Anche qui l’uovo di Colombo: varietà più competitive nei confronti delle infestanti riducono la necessità dei diserbi, anche se forse non riescono a garantire la stessa produttività.
 

Diserbo meccanico

In questo settore la meccanica ha fatto passi da gigante: sono disponibili una miriade di attrezzature in grado di diserbare meccanicamente colture erbacee ed arboree in quasi tutti gli stati fenologici! Sarebbe interessante un bilancio energetico delle soluzioni proposte. Per il diserbo robotico siamo ancora un po’ indietro, in quanto i costi sono ancora eccessivi, per cui occorrerà attendere qualche anno.
 

Termodiserbo

Tra pirodiserbo localizzato, diserbo col vapore ed elettrotermico, sono ormai numerose le soluzioni disponibili pronte a soppiantare i mezzi chimici.
 

Diserbo biologico

La bibliografia offre numerosi esempi di infestanti controllate con antagonisti microbiologici, anche se il principale limite di queste soluzioni è la necessità di controllare numerose specie contemporaneamente. Potrebbe diventare di utilizzo pratico in situazioni dove il numero delle specie veramente dannose è limitato.
 

Estratti naturali

L’uso di erbicidi eobiotici (utilizzo di sostanze già presenti nell’ecosistema, quali gli estratti naturali) potrebbe essere un buon compromesso tra filosofia e realtà pratica, anche se gli estratti naturali seguono anch’essi il celebre detto di Paracelso “dosis sola facit venenum” e quindi non è detto che continuino ad essere innocui se per assicurarne l’efficacia siamo costretti a utilizzarli in quantitativi notevolmente superiori rispetto a quanto normalmente si verifica in natura.
 

Conclusione

Una lettura estiva che potrebbe stimolare gli addetti ai lavori e tenta di soddisfare un’esigenza che proviene anche dalla società civile: un intero capitolo è dedicato alla raccolta di firme contro il glifosate e all’iniziativa dei ministri dell’ambiente di Francia, Belgio, Lussemburgo, Slovenia, Malta e Grecia che hanno chiesto alla commissione Ue di supportare gli agricoltori nel graduale passaggio dal glifosate a soluzioni ritenute più rispettose dell’uomo e dell’ambiente. Ma esisteranno veramente?
 

Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi

“Alternative al glifosato. Lavorare con la natura usando tanti piccoli martelli”