Dopo un anno di dibattiti e consultazioni (Revisione della Direttiva Energie Rinnovabili (Red II) - Prima Parte e Seconda Parte), l'attuale Direttiva Europea sulle Fonti Energetiche Rinnovabili (Direttiva Ue 2018/2001, detta Red II) è in procinto di diventare Red III durante il 2023.

La Ce ha deciso di revisionare la Red II, a soli due anni dalla sua pubblicazione e mentre era ancora in fase di recepimento dagli Stati, con lo scopo di raggiungere entro il 2030 il nuovo obiettivo di emissioni del pacchetto Fit for 55.

 

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Ebbene, in questo processo i gruppi ecologisti hanno colto l'occasione per tentare di inserire criteri estremamente restrittivi per quello che ora viene definito come "biomassa legnosa primaria". Il Parlamento Europeo ha approvato tali criteri nella seduta plenaria che si è svolta il 14 settembre scorso a Strasburgo (testo in italiano).

 

In questo articolo analizziamo il testo della Red III approvato dal Parlamento Europeo ed i cavilli introdotti dalle forze politiche fautrici dell'ideologia anti biomasse.

 

Rimane il concetto - in linea di massima condivisibile - del principio dell'uso a cascata: la biomassa legnosa dovrebbe essere utilizzata in base al suo massimo valore aggiunto economico e ambientale nel seguente ordine di priorità: 1) prodotti a base di legno, 2) prolungamento del loro ciclo di vita, 3) riutilizzo, 4) riciclaggio, 5) bioenergia e 6) smaltimento. Oltre ad una giustificazione puramente filosofica, il principio dell'uso a cascata risponde alle pressioni dell'industria dei pannelli di legno (European Panel Federation) che da sempre accusa l'industria energetica delle distorsioni dei prezzi del legname.

 

Il problema si pone per le centrali termoelettriche a biomassa perché la Red III stabilisce: "Nell'elaborare regimi di sostegno alla bioenergia, gli Stati membri dovrebbero pertanto tenere conto dell'approvvigionamento sostenibile disponibile di biomassa per usi energetici e non energetici, del mantenimento degli ecosistemi e dei pozzi di assorbimento del carbonio forestali nazionali, della protezione della biodiversità, dei principi dell'economia circolare e dell'uso a cascata della biomassa nonché della gerarchia dei rifiuti stabilita nella direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Tuttavia, essi dovrebbero essere in grado di concedere sostegno alla produzione di energia da ceppi o radici in caso di rifiuti o residui derivanti da lavori realizzati principalmente a fini di conservazione della natura e gestione del paesaggio, ad esempio ai lati delle strade. Ad ogni modo, gli Stati membri dovrebbero evitare di promuovere l'uso di legname tondo di qualità per l'energia, salvo in circostanze ben definite, ad esempio per la prevenzione degli incidenti boschivi e l'esbosco di recupero. Nei casi in cui nessun altro uso della biomassa legnosa sia economicamente sostenibile o ecocompatibile, il recupero energetico contribuisce a ridurre la generazione di energia a partire da fonti non rinnovabili. I regimi di sostegno alla bioenergia degli Stati membri dovrebbero pertanto essere indirizzati verso le materie prime per le quali esiste una scarsa concorrenza sul mercato con i settori dei materiali e il cui approvvigionamento è considerato positivo sia per il clima che per la biodiversità, al fine di evitare incentivi negativi a modelli bioenergetici non sostenibili, come indicato nella relazione del JRC 'The use of woody biomass for energy production in the EU'. D'altro canto, nel definire le ulteriori implicazioni del principio dell'uso a cascata, è necessario riconoscere le specificità nazionali che guidano gli Stati membri nella definizione dei loro regimi di sostegno. La prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, così come il riutilizzo dovrebbero rappresentare l'opzione prioritaria. Gli Stati membri dovrebbero astenersi dal porre in essere regimi di sostegno che siano contrari agli obiettivi in materia di trattamento dei rifiuti e che comportino un impiego inefficiente dei rifiuti riciclabili. Inoltre, al fine di garantire un uso più efficiente della bioenergia, a partire dal 2026 gli Stati membri non dovrebbero più sostenere gli impianti che producono solo energia elettrica, a meno che gli impianti non siano ubicati in regioni che si trovano a uno specifico stadio per quanto riguarda la transizione dai combustibili fossili o se gli impianti utilizzano la cattura e lo stoccaggio del carbonio o non possono essere modificati in impianti di cogenerazione in casi eccezionali giustificati e previa approvazione della Commissione".

 

Non si capisce perché il legislatore europeo mischia l'utilizzo della biomassa legnosa con la disciplina sui rifiuti. Forse si deve alla solita equazione "biomassa = rifiuti", caratteristica di alcuni gruppi politici (si veda ad esempio in questo articolo la posizione del M5S rimasta invariata quasi come una convinzione religiosa, nonostante il mondo sia cambiato molto dal 2018).

 

Il testo sottintende l'ideologia alla quale purtroppo siamo abituati da anni: che la biomassa - una risorsa a tutti gli effetti - sia da considerare e gestire come un rifiuto - cioè come un problema - come ad esempio la biomassa dalle operazioni di pulizia del verde pubblico o demaniale. È condivisibile il criterio di non premiare gli impianti a biomassa per sola generazione elettrica, in quanto si tratta della tecnologia meno efficiente, ma il legislatore europeo non chiarisce l'applicabilità agli impianti di teleriscaldamento né sull'utilizzo puramente termico della biomassa legnosa o la sua trasformazione in pellet o carbone vegetale o legno torrefatto.

 

Stando al Barometro delle Biomasse Solide 2021 di EurObserv'ER (scaricabile in inglese o francese da questa pagina), oltre il 75% della generazione elettrica da biomasse solide avviene in regime di cogenerazione. Quindi l'eliminazione graduale dei contributi agli impianti non cogenerativi si deve intendere come una politica di buon senso: non è pensabile eliminare di punto in bianco gli incentivi che servono a salvaguardare gli investimenti fatti per convertire ed ammodernare impianti a carbone. Le Ong ambientaliste accusano invece la Ce di "favorire la lobby delle biomasse", e le utilities di Stati come i Paesi Bassi, la Spagna ed il Portogallo protestano invece come se gli incentivi fossero stati eliminati di colpo. I Paesi Bassi utilizzano principalmente pellet importati, quindi, per quanto le centrali termoelettriche possano essere inefficienti rispetto a quelle cogenerative, se i pellet sono prodotti con scarti non si mettono a rischio le foreste né europee né estere.

 

Una novità introdotta nella Red III è la definizione di "biomassa legnosa primaria": "47 bis ter) «biomassa legnosa primaria»: tutto il legname tondo abbattuto o altrimenti raccolto e rimosso. Comprende tutto il legname ottenuto da rimozioni, ossia le quantità rimosse dalle foreste, compreso il legname recuperato a causa della mortalità naturale e da abbattimenti e disboscamenti. Include tutto il legname rimosso con o senza corteccia, compreso il legname rimosso nella sua forma tonda, o spaccato, grossolanamente squadrato o in altre forme, ad esempio rami, radici, ceppi e nodi (laddove essi siano raccolti) e il legname grossolanamente sagomato o appuntito (forse intende dire paleria? Nda). Non comprende la biomassa legnosa ottenuta da misure sostenibili di prevenzione degli incendi boschivi in zone ad alto rischio di incendi, la biomassa legnosa ottenuta da misure di sicurezza stradale e la biomassa legnosa estratta da foreste colpite da catastrofi naturali, parassiti o da malattie attivi per prevenirne la diffusione, riducendo al minimo l'estrazione del legname e proteggendo la biodiversità, dando luogo a foreste più diversificate e resilienti, e si basa sugli orientamenti della Commissione [Em. 42]".

 

La traduzione ufficiale dall'originale inglese è un po' sgrammaticata, e l'originale inglese non è comunque chiarissimo, ma il senso generale è che il tondame estratto dalle foreste naturali non è utilizzabile ai fini energetici, criterio in linea di massima condivisibile. Sembra però eccessivo includere nella definizione di "biomassa legnosa primaria" anche ramaglie, corteccia, ceppi, ed altri scarti forestali.

 

Prendiamo ad esempio il caso di un disastro come la tempesta Vaia: stando alla nuova definizione di "biomassa legnosa primaria", tutta la biomassa a terra si potrà utilizzare a scopo energetico. Fatto contraddittorio con il principio a cascata perché almeno una parte del tondame abbattuto dalla catastrofe si potrebbe utilizzare per scopi industriali (imballaggi, pallet, pasta da carta, …), limitando all'uso energetico solo gli scarti. Al contrario, gli alberi morti e la ramaglia asportata da un bosco qualsiasi durante le normali operazioni di pulizia diventano "biomassa legnosa primaria", e quindi inutilizzabili a scopi energetici. Risulta però difficile immaginare l'applicazione del principio a cascata alla ramaglia o ai tronchi in parziale stato di decomposizione: quale può essere un loro utilizzo diverso da quello energetico? Non è neanche chiaro se per "utilizzo energetico" la Ce intenda solo la generazione elettrica o anche l'utilizzo domestico come legna da ardere o la produzione di carbone vegetale.

 

Bene invece l'apertura del legislatore europeo all'utilizzo energetico degli alberi abbattuti nella lotta ai parassiti come il bostrico (Foto 1) o la Xylella fastidiosa, idea proposta ben sette anni fa.

 

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Il bostrico (Ips typographus), flagello delle foreste di abete dell'arco alpino

Foto 1: Il bostrico (Ips typographus), flagello delle foreste di abete dell'arco alpino

(Foto foto: Tratta dal Barometro delle Biomasse Solide 2021 già citato)

 

L'introduzione del concetto di "biomassa legnosa primaria" sembra miri ad impedire l'utilizzo della biomassa delle foreste naturali come sostituta del carbone nelle centrali termoelettriche, e a limitarne l'utilizzo negli altri impianti.

 

Quindi, ecco gli emendamenti all'articolo 29 della Red II.

 

i bis) dopo il primo comma è inserito il comma seguente:

"L'energia prodotta da combustibili solidi da biomassa non è presa in considerazione ai fini di cui alle lettere b) e c) del primo comma se derivano da biomassa legnosa primaria ai sensi dell'articolo 2 della presente direttiva. Al fine di contribuire al conseguimento dell'obiettivo in materia di energie rinnovabili di cui all'articolo 3, paragrafo 1, la quota di energia ottenuta da combustibili solidi da biomassa derivanti da biomassa legnosa primaria quale definita all'articolo 2 della presente direttiva non supera la quota del consumo energetico complessivo della media di tale combustibile nel periodo 2017-2022 sulla base degli ultimi dati disponibili." [Em. 44];

 

 

g bis) al paragrafo 11, la frase introduttiva è sostituita dalla seguente:

"11. L'energia elettrica da combustibili da biomassa è considerata ai fini di cui al paragrafo 1, primo comma, lettere a), b) e c), soltanto se i combustibili utilizzati non comprendono biomassa legnosa primaria e se soddisfa uno o più dei requisiti seguenti. Al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi in materia di energie rinnovabili di cui all'articolo 3, paragrafo 1, la quota di energia elettrica ottenuta da combustibili da biomassa derivante da biomassa legnosa primaria quale definita all'articolo 2 della presente direttiva non supera la quota del consumo complessivo di energia elettrica della media di tali combustibili nel periodo 2017-2022 sulla base degli ultimi dati disponibili." [Em. 47];

 

Quindi non è vietato l'utilizzo di biomassa legnosa primaria per la produzione termoelettrica, come vorrebbero le Ong ambientaliste. Semplicemente tale biomassa non dà diritto agli incentivi e non si potranno superare i consumi medi 2017-2022. Non si capisce però quali siano "gli ultimi dati disponibili", perché la definizione di "biomassa legnosa primaria" è nuova e quindi molto probabilmente nessuno ha conteggiato se la legna provenisse da tondame abbattuto ad hoc o da scarti provenienti da "azione di lotta ai parassiti o da calamità naturali". Di conseguenza, forse questa è una disposizione puramente ideologica, ma inapplicabile.

 

 

4 bis. Entro ... [due anni dall'entrata in vigore della presente direttiva modificativa], la Commissione riesamina l'attuazione della presente direttiva e pubblica una relazione contenente le conclusioni di tale riesame. In particolare il riesame valuta:

 

omissis

 

e) una riduzione graduale, entro il 2030, della quota di combustibili derivanti dalla biomassa legnosa primaria quale definita all'articolo 2 della presente direttiva, ai fini del calcolo degli obiettivi in materia di energie rinnovabili di cui all'articolo 3, paragrafo 1, sulla base di una valutazione d'impatto della Commissione. Tale riesame per una riduzione graduale è presentato al più tardi entro [3 anni dal recepimento della presente direttiva modificativa] [Em. 48].

 

Motivo dell'insoddisfazione delle Ong: la Red III parla solo di riduzione graduale, non di divieto immediato di utilizzo della biomassa legnosa primaria per la generazione termoelettrica. La posizione della Ce è un po' ambigua e rimanda a degli studi futuri, il cui costo per il contribuente non è definito.

 

Conclusioni

Nonostante il processo di revisione e aggiornamento della Direttiva Europea sulle Energie Rinnovabili non sia ancora terminato, è estremamente preoccupante che il Parlamento Europeo si presenti ai negoziati con la Commissione Europea ed il Consiglio, che definiranno i contenuti finali della Red III, con un testo concordato e approvato al suo interno così limitante e pieno di contraddizioni per le biomasse legnose. Malgrado gli emendamenti restrittivi introdotti al testo della Red III, dieci organizzazioni ambientali europee non sono ancora soddisfatte ed hanno aperto una causa legale contro la Commissione Europea per rimuovere completamente la bioenergia dal Regolamento sulla Tassonomia Europea.

 

Da anni cresce un'opposizione generalizzata al modello di business delle biomasse portato avanti dai Paesi dell'Europa settentrionale, dove la corsa agli obiettivi di decarbonizzazione ha portato alla sostituzione del carbone con la biomassa nelle centrali termoelettriche, e quindi alla necessità di massicce importazioni di pellet dal Nord e Sud America, dall'Asia, e dalla Russia. Ma l'importazione di pellet, o la conversione di centrali a carbone per operare con scarti legnosi e legna da colture forestali (ad esempio la centrale di Pego in Portogallo, alimentata dalle diffusissime colture locali di eucalipto), non rappresenta alcun rischio per le foreste naturali europee. D'altro canto, il consumo di biomassa in Italia segue logiche diverse dal modello di business centro nordeuropeo, quindi non è né giusto né comprensibile che si tenti di imporre in tutto il territorio Ue una normativa che rispecchia solo la problematica di una manciata di Paesi.

 

L'Italia è al settimo posto in Europa nella generazione da biomasse solide, ma da noi prevalgono le centrali di cogenerazione, quindi pienamente adempienti al testo attuale della Red III. Siamo al quarto posto nell'uso termico - domestico e industriale - della legna da ardere (Barometro delle Biomasse Solide 2021, già citato). La definizione, cavillosa e contraddittoria, di "biomassa legnosa primaria" rischia di convertire un'opportunità di difesa dell'ambiente in una situazione di abbandono dei boschi, con il conseguente incremento del rischio incendi e propagazione di malattie o, nel migliore dei casi, di un aumento dei costi a spese del contribuente.

 

Togliere le ingerenze statali, dando all'industria la possibilità di raccogliere le biomasse forestali di scarto per l'utilizzo più ovvio, quello energetico, è la soluzione più sostenibile per proteggere i boschi da incendi, parassiti e malattie. L'industria energetica assorbirebbe così il costo delle operazioni di pulizia e conservazione forestale senza gravare sull'erario pubblico.