La Red II specificava un obiettivo di riduzione delle emissioni complessive di gas serra entro il 2030 pari al 31%, definendo una serie di criteri per il conteggio di tali emissioni. Nel caso specifico delle biomasse solide per la produzione di calore ed energia elettrica, tali criteri erano definiti nell'allegato VI. La Red II è stata da sempre contestata da gruppi ecologisti, in quanto di fatto ha aperto la porta al sovrasfruttamento delle biomasse, in particolare quelle delle foreste naturali, anche extra Ue, ed alle importazioni massicce di olio di palma, a danno delle foreste pluviali asiatiche.
Giudicata non più idonea, e meno ambiziosa rispetto agli obiettivi del Green deal, la Commissione von der Leyen ha intrapreso la sua revisione e il suo adattamento a fine del 2019, con ben due consultazioni pubbliche nel 2020. Durante la consultazione pubblica svoltasi dal 20 novembre 2020 al 20 gennaio 2021, la Ce ricevette una petizione, firmata da più di 38mila partecipanti, che chiedevano la rimozione delle biomasse dalla lista delle risorse rinnovabili, e la limitazione dell'utilizzo delle bioenergie alle sole biomasse residue disponibili localmente. Allo stesso tempo, le associazioni di categoria e la maggior parte delle autorità pubbliche premevano affinché i criteri di sostenibilità delle biomasse contenuti nella Red II non venissero modificati.
Nel tentativo di trovare un comune accordo, l'attuale proposta di direttiva rivista, che per comodità chiameremo Red III benché tale nome ancora non esista ufficialmente, tiene conto dello studio del Jrc sulla produzione di energia da biomasse lignocellulosiche (The use of woody biomass for energy production in the EU, 182 pagine). Il testo della Red III, approvato dalla Ce, ed il suo relativo allegato sono scaricabili dalla seguente pagina ed è possibile formulare commenti fino al 14 settembre 2021.
Come di consueto, non mancano le critiche. Nonostante le concessioni alle pressioni ecologiste, diverse Ong hanno già espresso disappunto per il contenuto della Red III. Ad esempio, la Ong European environment bureau (Eeb) lamenta l'esagerazione dei benefici attribuiti dalla Ce alle biomasse e all'idrogeno ed il ruolo secondario assegnato alle pratiche di economia circolare. Inoltre, accusa la Ce di aver perso l'opportunità di ridurre del 20% le emissioni imputabili all'agricoltura, di fare troppo poco per fermare la perdita di biodiversità, e di assegnare alle foreste il ruolo di compensare il fallimento dei settori industriali nel ridurre le proprie emissioni.
Sono giustificate tali critiche? Per la loro natura, i comunicati stampa - indipendentemente dall'associazione che li emette - contengono sempre critiche a qualcosa, ma non evidenze o prove scientifiche che supportino tali critiche. Proponiamo dunque ai nostri lettori un riassunto delle modifiche alla Red II introdotte nella Red III, in relazione al ruolo delle bioenergie nelle nuove politiche comunitarie. Il principio cardine di tali politiche è portare dal 30% al 40% la quota di energie rinnovabili nel consumo complessivo dell'Unione, ma vedremo che tale obiettivo non si può più raggiungere semplicemente aumentando del 10% in consumo di biomassa. In che modo la Red III influenzerà il mercato dei pellet e la legna?
Il principio di priorità (cascading principle)
Come abbiamo già espresso in precedenti articoli, le biomasse sono una risorsa "rinnovabile, ma non troppo". Il principio di priorità è una norma di buon senso, che tiene conto del fatto che la biomassa - in particolare quella forestale - contiene all'incirca il 50% di carbonio, il quale rimane immobilizzato, anche per secoli, fintanto che tale biomassa rimane viva oppure integra. Quindi, essendo la legna una risorsa finita, la priorità del suo uso dovrebbe andare all'utilizzo come materia prima per la produzione di beni durevoli. Altri utilizzi avranno priorità via via decrescente, in funzione del loro ciclo di vita.La Red III definisce dunque la seguente "cascata" o catena di priorità nell'utilizzo del legname:
- materia prima per la fabbricazione di prodotti lignei (mobili, materiali da costruzione);
- ricondizionamento dei prodotti lignei, in modo da estendere la loro vita utile (ad esempio, riverniciature o trattamenti per preservarli);
- riutilizzo dei prodotti lignei (ad esempio, riutilizzo di un vecchio mobile o delle travi di un tetto in un altro edificio);
- riciclaggio (ad esempio, produzione di pannelli truciolari a partire da prodotti lignei dismessi);
- produzione di energia;
- smaltimento, solo quando il legno sia inutilizzabile a scopo energetico.
In virtù del principio di priorità, gli Stati membri non possono più incentivare la produzione di energia da tondame d'opera, tondame da impiallacciatura, pali, e radica, a meno di circostanze speciali. Le politiche nazionali di utilizzo della biomassa lignea dovranno essere definite in modo tale che il mercato energetico non sottragga materia prima alla produzione di beni di maggiore valore aggiunto - ovvero CO2 immobilizzata - privilegiando l'utilizzo di biomasse di scarto. Questo dovrebbe, almeno in teoria, limitare di molto l'abbattimento di alberi al solo scopo di produrre pellet o per la generazione elettrica. Non vuol dire che sia vietato produrre pellet a partire da tronchi di alberi appositamente abbattuti, bensì che l'utilizzo di tali pellet non potrà godere di incentivi. I governi nazionali potranno invece incentivare l'utilizzo di scarti della lavorazione del legno, oppure di biomasse legnose di scarto (tralci, potature) oppure di alberi abbattuti da calamità naturali o per questioni fitosanitarie.
Entro un anno dall'entrata in vigore della Red III la Ce dovrà emanare un atto delegato sull'applicazione del principio di priorità alla limitazione nell'uso di tondame per produrre energia, che tenga conto delle specificità di ogni Stato membro.
Limitazioni alla costruzione di (grosse) centrali a biomassa
Dal 31 dicembre 2026 gli Stati membri non devono più incentivare le centrali a biomassa per generazione elettrica, a meno che queste non rientrino in qualcuno dei seguenti casi:
- il territorio dove sorge l'impianto è identificato in un piano approvato dalla Commissione europea per il Fondo per la transizione giusta;
- l'impianto ha una potenza termica minore di 50 MW, oppure una potenza compresa fra 50 e 100 MW, ma funziona in assetto cogenerativo ad alto rendimento, oppure produce solo energia elettrica ma il suo rendimento di generazione è conforme alle migliori tecnologie disponibili;
- l'impianto è dotato di sistemi di cattura e stoccaggio della CO2.
Entro il 2026 la Commissione dovrà elaborare un rapporto sull'impatto delle politiche d'incentivi alla biomassa negli Stati membri, inclusi gli effetti sulla biodiversità e le possibili distorsioni introdotte nel mercato, e valuterà la possibilità di introdurre ulteriori limitazioni agli incentivi all'utilizzo energetico di biomasse forestali.
Una metodologia unica per il calcolo delle emissioni e nuovi criteri di sostenibilità
Nella Red II, l'articolo 31 consentiva agli Stati membri, ed agli Stati extracomunitari esportatori di biomasse, la possibilità di presentare valori di emissione di CO2 dell'intera filiera diversi da quelli tabellati, purché corredati di una descrizione della metodologia utilizzata per il calcolo in funzione delle peculiarità locali. Tale possibilità è abrogata. L'articolo 29, commi (1), (3), (4), (5) e (6) della Red II vengono modificati con nuovi criteri di sostenibilità delle biomasse, che si devono applicare nel caso di centrali a biomassa solida di potenza termica minore di 5 MW (nella Red II erano 20 MW), a prescindere che la centrale sia di sola produzione elettrica, di teleriscaldamento o di cogenerazione. Sono definite aree vietate allo sfruttamento (foreste primarie e ad alta biodiversità).Viene introdotto il criterio di conservazione del suolo: dopo la ceduazione non è consentito estirpare le radici, per evitare fenomeni di erosione, i macchinari utilizzati non devono deturpare il manto di humus, non devono rimanere chiazze larghe senza vegetazione, si deve garantire un'adeguata rimozione degli scarti e la tutela della biodiversità. Le centrali di biomassa sono incentivabili solo se le loro emissioni di CO2, calcolate con i nuovi criteri, garantiscono una riduzione di almeno il 70% rispetto ai combustibili fossili nella produzione di elettricità, calore e aria condizionata fino al 31 dicembre 2025, e almeno l'80 % dal primo gennaio 2026.
Conclusioni
La consultazione pubblica della proposta di aggiornamento della direttiva sulle Energie rinnovabili attualmente in vigore rimarrà aperta fino al 14 settembre 2021 nella pagina predisposta a tale effetto. Se la proposta venisse approvata, gli Stati membri saranno tenuti ad adeguare le loro politiche di incentivazione delle biomasse o ad emanare nuove leggi entro il 31 dicembre 2024, e a comunicarlo alla Commissione. Non sono previste semplificazioni amministrative.Storicamente, le contestazioni ecologiste all'utilizzo energetico delle biomasse si concentravano sul dilemma "food vs. energy", ovvero la - non del tutto dimostrata - sottrazione di terra alla produzione alimentare, con lo scopo di produrre biomasse. La crescita esponenziale della domanda di biomassa per la produzione di energia elettrica, in sostituzione del carbone (si vedano le statistiche 2020 di EurObserv'ER) ha provocato un aumento dei prezzi, destando la preoccupazione di settori industriali per i quali la legna da tondame è la materia prima principale.
Il nuovo dilemma sociale diventa dunque "energia o materia prima". Gli incentivi all'utilizzo di biomasse solide, per riscaldamento e in piccole centrali di sola produzione elettrica, conseguenza delle politiche adottate nelle Red I e Red II hanno comportato alcune distorsioni di mercato e perfino truffe (si vedano Una fotografia del mercato delle biomasse legnose in Italia e Sopravvivenza nella giungla europea dei pellet - I Parte e II Parte) talvolta provocando un danno globale maggiore del problema delle emissioni che si supponeva tali impianti dovessero risolvere.
La revisione della Red II dovrebbe portare ad una nuova direttiva (che a questo punto si potrà chiamare Red III a pieno titolo). Essa dovrebbe arginare le distorsioni di mercato e le contraddizioni introdotte in passato - accontentando gli ecologisti -, limitare l'utilizzo energetico solo alle biomasse di scarto - accontentando le industrie cartaria e del legno - e consentire la continuazione dell'utilizzo di tondame nei casi in cui tale opzione sia l'unica sostenibile, accontentando i Paesi del Baltico e l'Austria, che costituiscono un caso speciale nel territorio europeo. L'introduzione del concetto di priorità dovrebbe facilitare la gestione di emergenze, come quella causata dalla tempesta Vaia del 2018 o quella della Xylella, consentendo l'utilizzo immediato della biomassa nelle apposite centrali o come combustibile in loco.
Le nuove regole di conteggio del risparmio di emissioni di CO2 dovrebbero impedire, o quanto meno limitare, l'importazione di biomasse legnose extracomunitarie. L'aspetto potenzialmente negativo della futura Red III è un possibile rincaro di pellet e legna da ardere, o l'eventuale richiesta da parte delle autorità nazionali di ulteriori adempimenti burocratici per i piccoli produttori. Non è chiaro se le centrali a biomassa costruite per beneficiare degli incentivi definiti in base ai criteri della Red II continueranno a percepire tali incentivi dopo il 31 dicembre 2024.
Legenda foto di apertura dell'articolo: Cifre in verde = consumo totale di biomassa in Mtep; cifre in rosso = energia termica prodotta in Mtep; cifre in marrone = energia elettrica prodotta in TWh.