E' prassi assai diffusa, in Italia e all'estero, calcolare la dieta degli impianti di biogas in base alle tabelle di Bmp (Biochemical methane potential, potenziale metanogenico) delle diverse biomasse.
Tale pratica può essere ammissibile in fase di studio di fattibilità di un nuovo impianto, in particolare quando si prevede l'utilizzo di miscele di biomasse in proporzioni variabili, ma prima di avviare la fase di progetto e costruzione sarebbe opportuno verificare l'effettiva resa della miscela nel suo insieme. Soprattutto, va verificata la cinetica di degradazione, fatto di fondamentale importanza, ma largamente ignorato perfino da una grossa fetta della comunità scientifica, che vede nel Bmp l'unico parametro che caratterizza la digestione anaerobica.

In pratica, a impianto costruito, il titolare si trova a dover spendere di più in biomasse di quanto era previsto in fase di progetto. Spessissimo, i "biologi" attribuiscono la minore resa della biomassa a una sua ipotetica scarsa qualità, offrendo come soluzione  i soliti "booster", "probiotici" e "polverine magiche" dal costo certo, ma dai risultati incerti (si veda Additivi per la digestione anaerobica: pro e contro).

Puntualmente l'offerta si basa su altre tabelle, o perfino su semplici coefficienti del tipo "X kg di prodotto per tonnellate di insilato", senza mai fare una prova previa per verificarne il corretto dosaggio o l'efficacia. Oltre al fatto che non è sempre valido calcolare il Bmp delle miscele di biomasse in base a proporzioni lineari fra valori tabellari, dobbiamo anche ricordare che possono esistere delle differenze notevoli anche fra tabelle tratte da fonti diverse.
La Tabella 1 ne è un esempio.
 
Tabella 1: comparazione fra i Bmp di biomasse tratti da diverse fonti

Alcuni esempi pratici
Sono molti i motivi per i quali una miscela di sottoprodotti non produce una quantità di metano proporzionale ai Bmp dei singoli componenti.
I seguenti esempi sono tratti da casi reali e non hanno la pretesa di coprire tutte le situazioni possibili. Per questioni di privacy non menzioneremo né i costruttori, né le miscele di biomasse consigliate da questi in fase progettuale.

Lo scopo di questo articolo è fornire ai lettori e lettrici gli elementi di giudizio per valutare quando "2+2 non è uguale a 4" e indicare come farsi le proprie verifiche.

Caso 1: Una biomassa frena l'altra
La Figura 1 mostra le curve di degradazione anaerobica individuali di due biomasse, la curva di produzione teorica, calcolata dal costruttore dell'impianto per semplice proporzione aritmetica, e la cruda realtà.

Per la cronaca: la biomassa A ha solo il costo di trasporto, ma la biomassa B è di buona qualità e dunque costosa.
La porzione discendente della curva, di produzione reale, non è un errore di misurazione dell'autore: poiché la produzione specifica di metano non si può misurare direttamente, ma si ottiene per calcolo sulla base di varie misure indipendenti, una curva discendente sta a indicare che in questo caso, a partire dal 20° giorno, il digestore ha subito un'inibizione parziale causata dal substrato.
In altre parole, alimentare l'impianto con la biomassa B equivale a premere l'acceleratore, mentre aggiungere la biomassa A è come tirare contemporaneamente il freno a mano.

Il risultato di impiegare la dieta in questione è che l'impianto consuma più biomassa B di quanta ne consumerebbe se non si aggiungesse la biomassa A. Quindi la tariffa alla quale l'impianto vende l'energia non copre il proprio costo operativo.

Figura 1: Effetto inibitore di una biomassa sull'altra
 
Caso 2: Il rapporto carbonio/azoto
I batteri, come tutti gli esseri viventi, hanno bisogno di una dieta bilanciata. Gli animali superiori necessitano di proteine, carboidrati, vitamine, aminoacidi, acidi essenziali e di altre molecole più o meno complesse. Nel caso dei batteri, invece, "dieta bilanciata" vuol dire che il contenuto di carbonio, azoto e fosforo rispetta certe proporzioni.

La Figura 2 mostra come, provando prima in laboratorio varie proporzioni di miscela, è possibile ottenere quella ottimale per massimizzare la produzione di metano.
Nell'esempio, due miscele A e B in diverse proporzioni danno produzioni più alte rispetto alla somma aritmetica dei Bmp misurati individualmente. Osserviamo che addirittura la miscela costituita da quattro parti di A e una parte di B rende oltre il 60% in più rispetto alla miscela di tre parti di A e due parti di B.

Figura 2: Effetto sinergico della digestione di miscele di due biomasse aventi rapporti C/N diversi, mischiate in diverse proporzioni

Caso 3: L'influenza dell'inoculo
Questo esempio dimostra, sulla base di dati sperimentali (prove fatte direttamente dall'autore, margine d'incertezza inferiore al 3% nel peggiore dei casi), quanto le tabelle di potenziale metanigeno siano inaffidabili.

Un campione di biomassa (sfalci di canne di fossato, Phragmites australis) è stato testato con due inoculi provenienti da impianti diversi, entrambi funzionanti a regime e senza problemi apparenti. Per verificare l'influenza delle norme, l'inoculo B è stato provato con, e senza, aggiunta di oligoelementi (protocollo IWA e norma VDI 4630, rispettivamente).
Osserviamo che la differenza fra le prove con, e senza, aggiunta di oligoelementi è dell'1%, ma il margine di errore strumentale della prova è dell'1,5%, quindi non è possibile affermare con certezza che gli oligoelementi, o il protocollo di prova, abbiano influito nel risultato della digestione.
Invece, la differenza fra le prove con due inoculi provenienti da impianti diversi è risultata del 10%.

Figura 3: Prova di un campione di P. australis con due inoculi e due protocolli diversi

L'influenza dell'inoculo è talmente importante che rende impossibile l'ottenimento di un valore di Bmp unico, neppure utilizzando lo stesso campione di biomassa, la stessa strumentazione e lo stesso laboratorista. Pertanto, il lettore può facilmente capire quanto possano essere diversi i valori tabellari quando questi provengono da prove realizzate da laboratori diversi, con inoculi diversi e seguendo norme o protocolli di prova diversi.

In linea di massima, possiamo affermare che una data biomassa ha un potenziale metanigeno, quindi una resa diversa a seconda dell'impianto in cui viene utilizzata. La differenza, contrariamente a quanto possano affermare alcuni costruttori, non dipende dalla "tecnologia" dell'impianto bensì dall'ecosistema batterico dell'inoculo.

Conclusione
Esistono "biologi", centri di ricerca e costruttori di impianti che vantano di avere estese collezioni di valori di Bmp di biomasse di ogni sorta. Ai fini della gestione razionale dell'impianto di biogas, tali collezioni hanno la stessa utilità di una collezione di francobolli. L'unico modo per spendere il minimo nell'alimentazione dell'impianto di biogas è fare una serie di prove in laboratorio e trovare così il rapporto ottimale fra le diverse biomasse componenti della dieta.

Il costo dell'attrezzatura necessaria è contenuto e la realizzazione delle prove non richiede né un "biologo" né un laureato in chimica (si veda L'autogestione biologica dell'impianto di biogas).
Fare le prove direttamente in impianto, variando giornalmente la miscela di sottoprodotti, è un metodo molto più costoso e inesatto rispetto a fare le prove in laboratorio, e inoltre può comportare seri rischi di "indigestione" dei batteri, blocco dell'impianto e diseconomie nell'acquisto dei sottoprodotti.

Ricordiamo inoltre che la resa in metano è proporzionale alla percentuale dei solidi volatili, e questa dipende inversamente dall'umidità della biomassa. Quindi è assolutamente sbagliato pretendere di avere una produzione costante solo perché il sistema di alimentazione è programmato per mantenere costante il carico. Il sistema di automazione può pure mantenere costante il carico orario totale, ma le variazioni di umidità influiranno sul carico organico netto, ciò che alla fine conta maggiormente.

Infine, ricordiamo che la degradazione anaerobica delle biomasse è un processo lento e non lineare, quindi le variazioni all'alimentazione, effettuate oggi, si rifletteranno nella produzione dei giorni successivi.

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