Per la prima volta l'import netto ha superato i 6 milioni di tonnellate e il valore di un miliardo di euro, il tasso di auto-approvvigionamento è di poco superiore al 50% quando, a inizio anni 2000, il tasso di auto-approvvigionamento superava il 90%. Non è un mistero che le superfici a mais da granella, in Italia, siano in picchiata da anni, in particolare, sempre secondo i dati elaborati dal professore, se nel 2012 la superficie sfiorava il milione di ettari, oggi è calata fino a 632mila ettari.
Le rese restano, in linea di massima, stagnanti: la scorsa stagione si sono attestate sulle 10,02 tonnellate/ettaro in lieve flessione rispetto alla stagione precedente. Negli ultimi ventidue anni, ha segnalato proprio Frisio, le rese sono risultate in media sulle 9,4 tonnellate/ettaro, con forti oscillazioni annuali dovute al clima e ad attacchi di parassiti. Durante la stagione scorsa, in particolare, nonostante nel Nord-Est le superfici siano cresciute da 244.800 ettari a 274.300 ettari, la produzione è rimasta stabile a causa della resa che è scesa, in quella zona, da 10,3 tonnellate/ettari della stagione 2018 a 9,4 tonnellate/ettaro dello scorso anno, in conseguenza anche di problemi fitosanitari (leggi: cimice asiatica). Per quanto riguarda le rese, a livello europeo, l'Italia si colloca a metà strada fra Francia e Spagna, con la Spagna che, grazie alla scelta oculata di ibridi resistenti, è da anni ormai a un livello superiore alle 11 tonnellate/ettaro.
A proposito di miglioramento genetico e di scelta varietale, se da un lato la ricerca sta cercando di rispondere alle esigenze di miglioramento per contrastare la sfida del cambiamento climatico, dall'altro si sta cercando di recuperare caratteristiche delle varietà tradizionali di mais che, con i programmi di miglioramento, sono andate perdute. Su questo punto ha relazionato Salvatore Roberto Pilu, Disaa Unimi. "L'agrobiodiversità - ha detto proprio Pisu - va protetta perché, normalmente, qualsiasi varietà tradizionale è più ricca, a livello nutrizionale, rispetto a varietà selezionate con programmi di breeding. Bisogna guardare indietro e recuperare patrimonio che nel tempo è andato perduto".
Un esempio di questo lavoro è quello fatto proprio dall'Università di Milano riguardo la varietà Nero Spinoso della Valcamonica, un mais coltivato già a fine XIX secolo, il cui colore della granella tende al nero. "La presenza di geni che fanno cumulare il pigmento nello strato esterno del pericarpo di questo mais - ha detto Pisu - è stata studiata che possa essere fattore di protezione dalle fumonisine, micotossine prodotte dal fungo Fusarium".
Considerata invece la perdita di competitività del mais e la necessità di andare verso logiche di economia circolare, l'Università di Milano sta lavorando sul progetto Pastel che avvicina il mondo dell'agricoltura a quello della moda. I tutoli di varietà rosse di mais (che normalmente andrebbero buttati), recuperati trebbiando con apposite macchine, possono essere utilizzati per tinture di fibre naturali, facendo leva sulle antocianine presenti in quelle varietà. L'estrazione dei pigmenti non si esaurisce però con il primo uso, possono essere ulteriormente sfruttati per la produzione di integratori alimentari e poi, ancora, per quella di sabbia assorbi-odore da utilizzare in lettiere per animali domestici. Vista in quest'ottica, la produzione di mais da granella, potrebbe portare a generare reddito da più fonti, la vendita della granella stessa da un lato e quella degli scarti di produzione dall'altro.