"Il Trebbiano romagnolo - spiega Riccardo Castaldi, responsabile agronomico di Cevico -, rappresenta uno dei vitigni più importanti dell'Emilia Romagna. Nella provincia di Ravenna rappresenta circa il 50% del vigneti di collina e circa l’80% di quelli in pianura. Tradizionalmente i principali sistemi di allevamento usati sono il Gdc ed il Casarza. Oggi però grazie all'innovativo cordone libero è stato possibile dare a questo vitigno un ulteriore slancio".
Parliamo d'impianto
"E’ composto da pali e un solo filo - prosegue Castaldi -, su cui poggia il cordone permanente. Si adatta bene soprattutto per i vitigni dotati di germogli assurgenti e buona fertilità delle gemme basali, dato che richiede una potatura tendenzialmente corta. Lo utilizziamo infatti già da tempo su Pinot bianco, Chardonnay, Merlot, Sangiovese e Cabernet-Sauvignon, con ottimi risultati qualitativi e quantitativi".(Fonte foto: © Riccardo Castaldi - Cevico)
"La produzione che abbiamo ottenuto con questo sistema - continua Castaldi - è di circa 200 quintali ad ettaro, mentre con gli altri sistemi otteniamo circa 150 quintali ad ettaro. Il vantaggio principale è la riduzione dei costi di produzione, grazie all'alto grado di meccanizzazione. Può essere infatti potato meccanicamente, con un impiego di mano d’opera compreso tra le 15 e le 25 ore/ettaro; per ottenere questo risultato però viene eseguito un passaggio con prepotatrice meccanica ed una rifinitura da parte di operatori posti su un carrello trainato o semovente dotati di forbici elettriche o pneumatiche. Anche la raccolta può essere meccanizzata".
L’abbinamento Trebbiano romagnolo e cordone libero non è probabilmente facile e spontaneo, considerata la fertilità delle gemme basali, il portamento dei germogli ed il peso dei grappoli del vitigno. Ma la sperimentazione fatta da Cevico dimostra che con un corretto lavoro e la giusta formazione il risultato può essere quantitativamente e qualitativamente interessante.
"I primi risultati sono incoraggianti - riporta Castaldi - e ci stimolano ad andare avanti nel cercare di mettere a punto qualcosa di diverso da quanto già conosciuto dai nostri viticoltori relativamente alla coltivazione di questo vitigno così caro ai romagnoli".
Vai col pirodoserbo
Alla luce di una viticoltura sempre più sostenibile ed ecocompatibile aumenta l'interesse verso il pirodiserbo. Questo metodo è abbastanza recente."Nel caso della vite - conclude Castaldi - il trattamento viene effettuato lungo la fila per la larghezza di circa 60 centimetri per ogni passaggio. Il vantaggio principale è la mancanza assoluta di residui nocivi sul terreno e sulla pianta. Infatti il Gpl, bruciando, forma esclusivamente vapore acqueo ed anidride carbonica. Il principio sul quale si basa la tecnica del pirodiserbo è quello della lessatura dei tessuti delle erbe infestanti, che dapprima avvizziscono e poi disseccano. L'effetto desiderato non è immediato, è necessario che passino diverse decine di minuti. Però già dopo pochi minuti possiamo notare un primo viraggio di colore delle infestanti trattate, segno della buon riuscita dell'operazione.
Nel nostro caso abbiamo deciso di usare macchine portate da trattrice costruita dall'azienda Mingozzi di Bando di Argenta (Fe). Nello specifico è dotata di bocche ventilanti che permettono di controllare la condizione di lavoro della fiamma prodotta dai bruciatori. In questo modo possiamo migliorare l'efficacia della fiamma e ridurre il rischio per l'operatore e per le piante".