Chiunque abbia ricordi dei propri nonni, e sia nato nel secolo scorso, porterà sicuramente alla memoria le loro lezioni su cosa potevano e non potevano mettere in tavola quando erano bambini. Per esempio, le carni erano una rarità sulle tavole della maggioranza degli Italiani, potendo essere consumate solo sporadicamente. In più, c'era carne e carne. Se ogni tanto ci stava mangiare una gallina lessa, molto più rara era la comparsa nei piatti di carni bovine.
Chi scrive è fra quelli che portano memoria di tali preziosi racconti, scoprendo così che i conti che governavano le coste della Toscana centrale amavano sì lessare la carne, ma solo per berne il brodo. I pezzi di bovino venivano regalati a chi fosse in stato di indigenza. E i miei avi appartenevano a tale categoria. Quel manzo era quindi una sorta di preziosa elemosina di cui beneficiavano, a integrazione delle misere paghe che ricevevano per i propri umili e sottopagati servigi.
Forse tali memorie rimbalzavano anche nelle teste di alcuni ricercatori dell'Università California Davis, i quali hanno quindi pensato bene di trasformare in numeri le narrazioni degli avi e di pubblicarle sul Journal of Political Economy con il titolo "The Condition of the Working Class in England, 1209–2004".
Cosa dice la ricerca californiana
Nel tempo sono cambiate le disponibilità economiche delle popolazioni dei paesi occidentali, Inghilterra inclusa. Ciò ha permesso loro di acquistare quantità crescenti di carni a parità di lavoro svolto. O, per dirla alla rovescia, i lavoratori hanno dovuto faticare sempre meno per avere un chilo di carne. Questo è ciò che emerge dallo studio californiano sulle tendenze storiche dell’accessibilità alle carni in funzione della disponibilità economica dei cittadini inglesi dal medioevo ai giorni nostri.
Focalizzando solo sul periodo dal 1600 in qua, visto che prima le differenze non erano particolarmente significative, emerge come le rivoluzioni industriale e agricola abbiano giocato un ruolo fondamentale nei cambi alimentari del popolo inglese: se nel 1600 un chilo di carne bovina costava mediamente 6,8 ore di lavoro non qualificato, nel 2022 bastavano solo 39 minuti. Per acquistare un chilo di carne di montone, molto in voga in Gran Bretagna, un cittadino del 1600 doveva faticare per 7,3 ore contro i 57 minuti del 2022. Infine, sempre confrontando i medesimi anni, per un chilo di carne di maiale si è scesi dalle 7,8 ore a soli 39 minuti, al pari della carne bovina.
A parità di ore lavorate, stando alla ricerca, gli odierni cittadini inglesi (lavoratori non qualificati) possono acquistare oltre dieci volte tanto il peso di carne bovina. Fattore moltiplicativo pari a 7,6 per la carne di maiale e a 12,1 per la carne di montone. Tali aumenti si sono verificati soprattutto dopo il 1860, anno in cui le cose erano migliorate di poco rispetto al 1600.
Andamenti simili, ma meno drammatici in termini proporzionali, si sono registrati anche per quanto riguarda i lavoratori qualificati, per i quali la vita è sempre e comunque andata meglio rispetto ai lavoratori privi di qualifiche.
Benessere: bene ma non benissimo
Per quanto le cifre sopra esposte siano termometro del benessere della popolazione inglese attuale rispetto a quella dei propri quadrisavoli, va però considerato che tutto ciò ha avuto comunque un prezzo. L'aumento del consumo di carni ha portato co sé, direttamente e indirettamente, anche rovesci della medaglia sia in termini sanitari, sia ambientali. Un trend che si è palesato praticamente in tutto il mondo occidentale.
Quindi, ottima cosa che i popoli del Primo Mondo abbiano migliorato la propria qualità alimentare e ridotto la fatica del proprio lavoro, ma forse tale impennata sarebbe stato meglio fosse stata meno verticale, trovando equilibri più razionali fra progresso alimentare e sostenibilità ambientale e, perché no, anche sanitaria. Anche se le aspettative di vita sono quasi raddoppiate rispetto al 1600, va ricordato infatti che avrebbero potuto aumentare ulteriormente se gli stili di vita moderni si fossero dati qualche regola in più nel godersi il progresso. Anche a tavola.