Il mirtillo non conosce crisi. I consumi sono infatti costantemente in aumento e anche se non hanno ancora raggiunto i livelli pro capite degli Stati Uniti, l'Europa è sulla buona strada. Tuttavia la produzione nazionale non riesce a soddisfare la domanda interna, soprattutto nel fuori stagione, quando il fabbisogno nazionale è coperto principalmente dal prodotto proveniente dal Sud America.


Prodotto che, tuttavia, soffre di alcuni problemi legati al lungo viaggio che le bacche devono effettuare per arrivare fino ai banconi della grande distribuzione nostrana. "I problemi principali sono due. Da un lato lo sviluppo di malattie fungine e dall'altro la tenuta della qualità del prodotto, intesa come turgidità della bacca e colorazione", spiega Giovanna Giacalone, docente del Disafa dell'Università degli Studi di Torino che ha avviato una sperimentazione legata al trattamento post raccolta dei mirtilli con raggi UV-B e UV-C.

 

"È un trattamento che ha dimostrato un effetto positivo sia sulla sintesi dei polifenoli, e quindi sulla colorazione della bacca, sia sulla riduzione del rischio di sviluppo di malattie fungine".

 

A seguito di un accordo di collaborazione con il Disafa, Pro.Lux e Move2Web hanno realizzato un UV Test Box prototipale finalizzato alla sperimentazione degli effetti dei raggi UV-B e UV-C su mirtillo gigante americano

A seguito di un accordo di collaborazione con il Disafa, Pro.Lux e Move2Web hanno realizzato un UV Test Box prototipale finalizzato alla sperimentazione degli effetti dei raggi UV-B e UV-C su mirtillo gigante americano

(Fonte foto: Disafa, Università degli Studi di Torino)


Mirtillo, buoni risultati con i trattamenti UV-B e UV-C

I raggi UV-B e UV-C sono radiazioni che troviamo normalmente all'interno dello spettro luminoso proveniente dal sole e hanno una lunghezza d'onda variabile UV-B (280-315 nanometri) e UV-C (100-280 nanometri). Queste radiazioni, a seconda del tempo di esposizione e dell'intensità, sono in grado di influenzare il metabolismo dei vegetali e hanno un effetto anche su molti patogeni fungini, come ad esempio l'oidio, tanto che sono in corso interessanti sperimentazioni per la difesa della vite.

 

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"Quando i mirtilli sono colpiti dalle radiazioni UV-B e UV-C queste influiscono sul metabolismo della bacca stessa, che è indotta a produrre polifenoli", spiega Giovanna Giacalone. In altre parole le radiazioni provocano un leggero e controllato stress nel vegetale, che come risposta produce molecole antiossidanti, che sono tra l'altro responsabili della colorazione violacea dell'epidermide. "In questo modo si migliora la colorazione e si consente una invaiatura totale di quelle bacche che sono state raccolte non al momento ottimale di maturazione".

 

Le prove del Disafa dell'Università degli Studi di Torino

Le prove del Disafa dell'Università degli Studi di Torino

(Fonte foto: Disafa, Università degli Studi di Torino)


"L'altro aspetto positivo riguarda sicuramente la riduzione del rischio che si sviluppino malattie da conservazione nelle celle frigorifere. Questo perché i raggi UV-B e UV-C hanno il potere di bloccare lo sviluppo dei funghi", sottolinea Giovanna Giacalone. In linea di principio questi raggi avrebbero le potenzialità di devitalizzare completamente i patogeni fungini, ma questo richiederebbe trattamenti di lunga durata e di alta potenza, che non sono né economicamente sostenibili né eseguibili con facilità sulle linee di confezionamento.


"Nel corso di questo studio abbiamo testato differenti potenze e differenti tempi di esposizione per individuare la combinazione ideale nel trattamento del mirtillo. Ad oggi i risultati migliori li abbiamo ottenuti con tempi di esposizione pari a 10-15 minuti e una energia irradiante di 1,8 -2,3 J/cm2", conclude Giovanna Giacalone.


Se la sperimentazione offrirà risultati sufficientemente interessanti, il passo successivo potrebbe essere lo sviluppo di attrezzature da inserire sulle linee di confezionamento che eseguono il trattamento prima della frigoconservazione.


Le bacche hanno infatti bisogno di un periodo di circa 24 ore di riposo a temperatura ambiente affinché il metabolismo del mirtillo sia indotto a produrre i polifenoli. Successivamente il prodotto può essere conservato a basse temperature per consentirne la spedizione verso i mercati di destinazione.