La guerra d'invasione dell'Ucraina mossa dalla Russia continua ad avere importanti effetti al rialzo sui prezzi delle principali commodity agricole, anche se l'onda d'urto sembra scemare, con aumenti ora meno elevati di una settimana fa, almeno sulla piazza di Milano. Eppure di giorno in giorno si fa largo il vero problema di questo prossimo mese, qualora le ostilità dovessero continuare: la disponibilità sul mercato di alcuni beni, a cominciare dal mais.

 

La posizione del Governo

Intanto le notizie che hanno caratterizzato gli ultimi giorni. "Sul prezzo del grano ci sono evidentemente speculazioni, è aumentato in modo incomprensibile, come per tute le merci scambiate nei sistemi borsistici" ha affermato ieri il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, a margine dell'incontro promosso da Afidop, l'Associazione dei Formaggi italiani Dop e Igp, per dire no al Nutriscore. "A livello europeo dobbiamo incrementare le produzioni interne di mais, grano e soia", ha aggiunto il ministro ricordando che anche sulla mangimistica "c'è un forte aumento del prezzo legato all'energia. Non c'è per ora alcuna materia prima che non abbia subito un incremento di costi", ha constatato Patuanelli.

 

Un primo segnale alle imprese il Governo proverà a darlo con il Consiglio dei Ministri di domani, durante il quale dovrebbe essere approvato un provvedimento per calmierare i prezzi dell'energia elettrica, dei carburanti e del metano, sulla scorta delle decisioni assunte nella sessione di ieri dell'Ecofin.

 

Sul come spegnere l'incendio dei prezzi agricoli scatenato dalla crisi in Europa orientale e scongiurare realmente la possibile scarsità di alcuni beni, il ministro Patuanelli ha ribadito che ha deciso di assumere tutte le misure già illustrate al Consiglio dei Ministri del 10 marzo scorso, e che per altro recepiscono molte delle indicazioni pervenute sia delle regioni che dalle organizzazioni agricole.

 

Ma per poterle varare sotto ombrello Ue, bisognerà attendere ancora: se ne parlerà al Consiglio Agricolo e della Pesca del 21 marzo con gli altri partner europei e - a ben vedere quanto detto dal ministro - atti concreti non ci saranno almeno fino all'Ecofin del prossimo 5 aprile.

 

Le notizie che condizionano i mercati

Il 14 marzo la Federazione Russa ha annunciato per mano della vicepremier Victoria Abramchenko il divieto da parte del Ministero dell'Industria e del Commercio dell'esportazione di zucchero bianco e grezzo fino al 31 agosto, così come quella di grano, segale, orzo e mais fino al prossimo 30 giugno, con la finalità di stabilizzare i mercati interni.


Sempre il 14 marzo "Il Governo argentino ha annunciato, con effetto immediato, il blocco delle esportazioni di farina e olio di soia - annuncia Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. Motivo della decisione, anche in questo caso, "la necessità di tutelare il mercato interno". Confagricoltura segnala che l'Argentina è il primo Paese esportatore di derivati della soia su scala globale. Tre soli Stati - Argentina, Brasile e Usa - realizzano oltre l'80% della produzione mondiale di soia. L'incidenza dell'Unione Europea è nell'ordine di un punto percentuale.


"La decisione del Governo argentino ha un pesante effetto sull'industria mangimistica italiana e, di conseguenza, sul settore degli allevamenti, che già attraversa una fase estremamente critica" sottolinea Giansanti. Secondo i dati di Assalzoo, l'Associazione Italiana delle Industrie Produttrici di Mangimi, ogni anno vengono utilizzate circa 3,6 milioni di tonnellate di farine di soia provenienti principalmente da Argentina e Brasile.


Verso razionamento dei mangimi

Ieri è stata proprio Assalzoo ad alzare il tiro: "La filiera agroalimentare zootecnica è sull'orlo del collasso. Servono provvedimenti immediati e straordinari a sostegno delle aziende mangimistiche e di quelle zootecniche per scongiurare l'abbattimento degli animali allevati con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro e per salvaguardare la sicurezza alimentare" è scritto in una nota dell'Associazione, che chiede un incontro urgente al Governo per affrontare la questione rincari e approvvigionamento delle materie prime agricole, proponendo delle misure a favore di tutto il settore primario, come l'apertura alle importazioni di cereali e semi oleosi da Usa e Argentina e la defiscalizzazione della spesa per l'energia e i carburanti.

 

Queste e altre proposte sono contenute in una lettera che l'Associazione ha inviato al presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi e al ministro delle Politiche Agricole Alimentari Forestali Stefano Patuanelli. Assalzoo inoltre "Esprime forte preoccupazione per le condizioni in cui versa il comparto mangimistico e il settore allevatoriale a seguito del conflitto in Ucraina. Gli aumenti record delle quotazioni di cereali e farine di semi oleosi hanno fatto sì che i costi di produzione dei mangimi siano più che raddoppiati. A fronte delle speculazioni registrate, i mangimisti non riescono più a contenere questi maggiori costi come in passato. Per evitare un blocco della produzione, è necessario che tutta la filiera, compreso il consumatore finale, assorba gli aumenti dei costi".

 

Altro grave problema è la carenza degli approvvigionamenti. Il mercato europeo è in forte fibrillazione: oltre al blocco di Russia e Ucraina, anche Bulgaria, Serbia e Moldavia stanno valutando la chiusura delle esportazioni, mentre l'Ungheria non stipula nuovi contratti di fornitura. "Molti commercianti in Italia e in Europa hanno cominciato a razionare le consegne - rileva Assalzoo, che stima una "copertura delle forniture per non più di 20-30 giorni. Dopo questo termine, non ci sarà più la possibilità di programmare la produzione di mangimi".

 

La richiesta al Governo è che sia garantito a livello europeo il rispetto della libera circolazione delle merci. Inoltre, Assalzoo ritiene opportuno "superare, in regime di emergenza, sia la questione dell'eventuale presenza di Ogm non autorizzati dall'Ue che il limite massimo di residui per l'importazione di cereali e semi oleosi provenienti dai produttori internazionali".

 

Prezzi ancora su per grano, mais e orzo

Intanto i prezzi continuano ad aumentare, non sempre meno velocemente: molto dipende dalle zone e dalle qualità quotate. Ecco alcuni esempi. A Milano ieri, secondo il listino stilato dall'Associazione Granaria il frumento tenero di forza di produzione nazionale si è attestato a 420,0 euro alla tonnellata sui minimi e 440,0 euro sui massimi, mettendo a segno un aumento di 10 euro sulla settimana precedente, quando invece era salito di ben 45 euro sui minimi e 50 euro sui massimi.


Lo stesso prodotto, definito grano tenero speciale numero 1 alla Borsa Merci di Bari sempre ieri è stato invece quotato 452 euro alla tonnellata sui minimi e 457 euro sui massimi, a seguito di un aumento di ben 40 euro a tonnellata. Nella settimana precedente questo stesso prodotto proprio sulla piazza di Bari era stato quotato 412 euro alla tonnellata sui minimi e 417 sui massimi, molto meno di Milano e registrando un incremento sulla seduta precedente di 14 euro alla tonnellata, briciole rispetto al capoluogo lombardo. Ma ora la situazione si è rovesciata: il grano tenero speciale o frumento tenero di forza ha prezzi maggiori a Bari rispetto a Milano.


Sempre in tema di grano tenero Milano registra quotazioni in aumento di 5 euro alla tonnellata per tutti i frumenti teneri nazionali che hanno raggiunto tutti la stessa forchetta: 405,0-415,0 euro alla tonnellata. Tra i frumenti esteri invece sulla piazza meneghina prende il volo il panificabile comunitario: sale di altri 15 euro e si attesta a 424,0-425,0 euro alla tonnellata. Stabile invece il tenero Usa - Northern Spring numero 2 a 520-522 euro alla tonnellata, mentre è in rimbalzo tecnico (perde 5 euro a tonnellata) il Canadian Western R.Spring n. 2, sceso a 515-517 euro alla tonnellata.


A Milano il mais ieri è aumentato di altri 10 euro alla tonnellata e perviene così a 408-410 euro alla tonnellata, con identica quotazione per lo zootecnico, l'alimentare e il prodotto nazionale. Il mais comunitario cresce solo di 3 euro, ma svetta su 408-418 euro. Il mais di produzione non comunitaria si attesta ad un prezzo unico massimo di 445 euro alla tonnellata, perché è aumentato di 15 euro alla tonnellata.


Tra i cereali di interesse mangimistico si fa notare in Borsa Merci Bari invece l'orzo di produzione nazionale, che ieri ha spuntato 365-370 euro alla tonnellata, aumentato da una seduta all'altra di ben 40 euro alla tonnellata. 
La soia: i semi di produzione nazionale a Milano ieri aumentano di 15 euro alla tonnellata e pervengono a 699-705 euro alla tonnellata, mentre sono in ribasso o stabili i semi esteri, già su livelli altissimi dalla scorsa settimana: 685-694 euro alla tonnellata la quotazione di ieri.

 

Oli di oliva e di semi

Restano non quotati a Milano gli oli di semi, mentre l'extravergine di olive appare in aumento: di 0,10 euro al chilogrammo il nazionale, attestatosi a 4,45 euro sui minimi e 4,80 euro al chilo sui massimi, mentre è più sprint il comunitario, che cresce di 0,15 euro al chilogrammo, attestandosi a 3,95 euro sui minimi e 4,25 sui massimi.

 

A Bari l'extravergine di olive è sempre fermo in Borsa Merci a 4,20-4,40 euro al chilo per quello di alta qualità a meno di 0,4% di acidità, mentre anche su questa piazza continuano a mancare le quotazioni degli oli di semi, a causa della eccessiva scarsità di quello di girasole, ritirato dal commercio internazionale dall'Ucraina in guerra. In questo contesto fanno da contraltare le giacenze di febbraio di olio di oliva pubblicate dall'Icqrf, Ispettorato Centrale per la Qualità e Repressione Frodi, che denotano quantitativi confrontabili con quelli dello scorso anno anche se con giacenze maggiori per gli extravergini.

 

Secondo Ismea, i prezzi dell'olio extravergine d'oliva all'origine in media in Italia nella seconda settimana di marzo sono diminuiti dello 0,2% tenendosi intorno a 4,18 euro al chilogrammo. Mentre aumentano gli oli vergini del 9,1% attestandosi nella seconda settimana di marzo ad un prezzo medio nazionale di 2,81 euro al chilogrammo.


È evidente che i contraccolpi della scarsità di olio di semi iniziano a farsi sentire sul prezzo dell'olio vergine di oliva, che secondo Ismea è aumentato nell'ultima settimana a Brindisi, Lecce e Taranto del 12,5%, portandosi su queste tre piazze a 3,60 euro al chilogrammo. È da notare come questi ultimi aumenti risalgono al 10 marzo, ancora prima della notizia diffusa dal Ministero dello Sviluppo Economico sull'utilizzabilità di oli succedanei a quello di girasole anche senza cambiare le etichette di confezionamento dei prodotti sotto olio.

 

Pecorino Romano, due aumenti di fila

Nelle ultime due settimane si è fatto notare anche il ripetuto aumento del prezzo del Pecorino Romano Dop all'ingrosso: era attestato a Milano da fine gennaio su 9,80 euro al chilo sui minimi e 10,00 euro sui massimi, per poi aumentare del 2% solo l'8 marzo scorso. Ma ieri - con un ulteriore balzo dell'1,5% - ha raggiunto i 10,15 euro sui minimi e 10,45 sui massimi, spinto, da quanto si apprende leggendo le quotazioni Ismea, dalle richieste sui mercati esteri: un formaggio stagionato almeno cinque mesi e durevole, gradito su molte tavole, promosso evidentemente commodity sul campo.