Seminare in Italia più girasole dalla prossima primavera potrebbe essere un'idea, a patto di trovare in Italia abbastanza frantoi in grado di trasformarlo in olio e tale scelta potrebbe diventare una necessità per il Paese.
L'ipotesi non è delle più peregrine, visto che l'Ucraina ha disposto lo stop dell'export di questo olio di cui è prima produttrice al mondo, mentre il protrarsi della guerra rischia di far saltare proprio le semine della primavera che sta per iniziare. In ballo ci sono forniture medie annue di provenienza ucraina da 450mila tonnellate di olio di semi di girasole, pari a quasi il 64,3% del fabbisogno italiano annuo, che rischiano di venire meno.
Bmti, quotazioni sospese per annullamento contratti
"Il blocco delle forniture provenienti dall'Ucraina sta paralizzando gli scambi nel mercato dell'olio di girasole in Italia" si afferma in una nota diramata ieri da Borsa Merci Telematica Italiana.
"Tale scenario sta comportando l'annullamento di diversi contratti già stipulati e, di conseguenza, l'assenza di quotazioni nei listini delle camere di commercio e delle borse merci italiane" conferma Bmti rispetto a quanto pure rilevato da AgroNotizie sin dalla scorsa settimana sulla piazza di Milano.
Inoltre, ad aggravare una situazione già tesa per l'impossibilità di far partire i carichi dai porti del Mar Nero, è stata la decisione del Governo ucraino di sospendere le esportazioni di alcuni beni alimentari, tra cui appunto l'olio di girasole. Va ricordato che l'Ucraina rappresenta per l'Italia il primo fornitore di oli grezzi di girasole, con una quota che nei primi undici mesi del 2021 è stata pari quasi al 50% del totale importato dal nostro Paese.
Assitol, a rischio il 64,3% del fabbisogno nazionale
Assitol ricorda il ruolo essenziale di questa coltura, di cui l'Ucraina è il maggior produttore, per l'industria alimentare e chiede di evitare azioni che potrebbero danneggiare le aziende, già colpite dal blocco dei trasporti sul Mar Nero. La crisi ucraina colpisce duramente anche l'industria degli oli da semi, in particolare nel segmento del girasole. Entro un mese, con l'attuale andamento dei consumi, le scorte sono destinate a finire. A sottolineare la complessità della situazione è Assitol, l'Associazione Italiana dell'Industria Olearia, aderente a Federalimentare e Confindustria.
"Questo conflitto - avverte Carlo Tampieri, presidente del Gruppo Oli da Semi dell'Associazione - sta facendo molto male al nostro settore, oltre che ai consumatori, perché rende difficile l'approvvigionamento di materia prima e, di conseguenza, l'attività delle singole imprese".
La chiusura dei porti sul Mar Nero ha bloccato gli scambi dei due maggiori produttori mondiali di girasole, l'Ucraina e la Russia, che riforniscono l'industria europea, Italia compresa, esclusivamente via mare. Le navi che trasportano olio o semi di girasole sono tutte ferme, in particolare presso Mariupol e Odessa, centri nevralgici del commercio via mare.
Il girasole è la base essenziale di numerosi filoni produttivi, alimentari e non, dell'economia italiana. Si va dall'olio, apprezzato dall'industria alimentare e in ambito bakery, alle farine per uso zootecnico e alle oleine, fondamentali per l'industria oleochimica ed energetica, ad esempio per il biodiesel, il comparto industriale incrocia settori diversi, ma ugualmente importanti per la nostra economia.
In particolare il consumo annuo di olio di girasole si aggira sulle 700mila tonnellate. È impiegato nella produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili, tutti prodotti destinati alla grande distribuzione alimentare. Inoltre, il mondo Horeca lo predilige per le fritture.
L'industria italiana di spremitura produce solo 250mila tonnellate di olio grezzo: ecco perché il comparto si rivolge soprattutto all'Ucraina che, insieme alla Russia, rappresenta il 60% della produzione mondiale di olio di girasole e circa il 75% dell'export mondiale di questo prodotto, per reperire i quantitativi mancanti. Secondo dati elaborati da Assitol, a partire dal 2015, grazie all'aumento dei consumi, la quota di import di olio grezzo dall'Ucraina è cresciuta, passando dal 54% al 64,3%.
"Questi dati fotografano il peso delle importazioni di girasole - sottolinea Tampieri - e la difficoltà, per il comparto, di muoversi in un contesto di guerra, che vede bloccati i trasporti non soltanto da e per l'Ucraina, ma da tutto l'Est Europa". Dall'inizio del conflitto ad oggi, sono almeno 50mila le tonnellate di olio grezzo di girasole ferme nei porti ucraini e mai arrivate in Italia.
"Se la guerra cessasse nei prossimi giorni - osserva ancora Tampieri - tornare alla normalità sarebbe comunque complesso. Tuttavia, la situazione potrebbe complicarsi ulteriormente, se il conflitto dovesse proseguire, perché salterebbe la semina, prevista in primavera".
Dalla grande distribuzione commerciale, dove l'olio di girasole ha uno spazio importante, alla lecitina, impiegata nel settore dolciario e in panificazione, fino ai mangimi per la zootecnia, sono tanti i settori coinvolti direttamente dalle difficoltà di approvvigionamento. Per riuscire a diversificare, almeno in parte, le forniture, le aziende chiedono tempo e, soprattutto, di evitare misure che possano colpire le imprese olearie, già in notevole difficoltà.
Dal 3 marzo tuttavia AgroNotizie osserva come l'olio vergine di oliva - potenziale succedaneo dell'olio di girasole nei ortaggi sottolio e in molte preparazioni alimentari destinate alla Gdo - si sia notevolmente apprezzato sulle piazze della Puglia Meridionale: a Brindisi, Taranto e Lecce è stato rilevato a 3,20 euro al chilogrammo, in crescita del 3,2%. sulla settimana precedente.
"Invitiamo le istituzioni ad agire con ragionevolezza - rilancia il presidente del Gruppo Oli da Semi -. Eventuali sanzioni, come i dazi o, peggio, i divieti sull'import, risulterebbero dannose non soltanto per il nostro settore, ma per tutta la filiera agroalimentare italiana, provocando al tempo stesso un forte contraccolpo negativo sull'Ucraina".
Al momento non si registrano reazioni dal mondo delle imprese che trasformano ortaggi sottolio e da quello delle organizzazioni di produttori coinvolte. Ma è indubbio che una eventuale prosecuzione del conflitto non mancherebbe di aprire un preciso dossier anche su questo aspetto della crisi.