L’agroalimentare italiano guarda con sempre maggiore interesse al mercato cinese, attratto dal grande numero di consumatori e dal progressivo aumento delle loro capacità di spesa.

Nel 2016 sono stati esportati in Cina 391 milioni di euro di nostri prodotti agroalimentari. Molto rispetto a dieci anni fa (+750%), poco rispetto alle potenzialità ancora inespresse.

Molte dunque le opportunità da cogliere, ma molti gli ostacoli da superare, organizzativi, burocratici e persino culturali.
Portare in Cina i propri prodotti, insomma, è cosa complessa e non alla portata di tutte le aziende. Facendo squadra questi ostacoli, pur a fatica, possono essere superati e se nella squadra ci sono le istituzioni pubbliche le possibilità di raggiungere il risultato aumentano.
 

La “missione”

Lo dimostra l’esperienza maturata in questo campo dalla regione Emilia Romagna, che nel novembre dello scorso anno ha guidato in Cina una missione di operatori italiani, organizzando una serie di incontri e di eventi per presentare e far conoscere le nostre eccellenze agroalimentari.

Non è casuale che questa iniziativa abbia preso le mosse da questa regione, che può vantare un grande numero di Dop, che a loro volta hanno come punto di forza un’efficiente rete di filiera.
 

Criticità da superare

I risultati e i progetti per il futuro sono stati illustrati in occasione di un incontro che ha riunito a Bologna istituzioni regionali e operatori del settore. L’assessore regionale all’Agricoltura, Simona Caselli, ha sùbito messo in luce le opportunità che si dischiudono dal mercato cinese, senza sottacere le criticità da superare.

Fra queste la forte competizione che contraddistingue il mercato cinese, dove si concentrano molti interessi, sia internazionali sia locali.
Poi le complicazioni di carattere amministrativo, con un'attenzione estrema sugli aspetti salutistici dei prodotti importati.
Infine le numerose agenzie governative che appesantiscono il fardello burocratico da affrontare.
 

Dossier pere

Il superamento di questi ostacoli è agevolato dalla presenza dell’istituzione pubblica, in questo caso la Regione Emilia Romagna, che in Cina è vista come elemento di garanzia e di continuità del rapporto da instaurare.

Significativo a questo proposito il clima di cooperazione che la delegazione italiana è riuscita a instaurare con l’Aqsiq (General Administration of quality supervision), organismo del governo cinese che sovrintende la sicurezza delle importazioni alimentari.
Ai delegati provinciali di Aqsiq, è stato consegnato lo scorso novembre il dossier per ottenere il via libera all’esportazione in Cina delle nostre pere.

Per ricordare quanto sia complessa questa materia, si è ricordato l’iter per l’esportazione delle arance italiane, iniziato dieci anni fa e ancora non concluso.
Per le nostre pere le prime anticipazioni dicono che saranno sufficienti appena due anni, rispetto ai quattro che normalmente occorrono per queste procedure.
 

Dal kiwi al prosciutto

Ma quali sono i prodotti che già oggi trovano aperte le frontiere cinesi? Restando in campo frutticolo si può citare il kiwi. Apprezzato sul mercato cinese soprattutto se presentato in modo efficace (come occorre per tutta la frutta), assecondando l’attenzione per la forma e i dettagli che fa parte della cultura e della tradizione del consumatore cinese. Un dettaglio del quale è opportuno tenere conto.

Un settore in forte crescita è quello del vino, dove tuttavia le produzioni italiane devono fare i conti con la forte competizione internazionale.

Il lattiero caseario vive una stagione a due velocità, con una forte crescita della domanda di latte e una caduta degli acquisiti di formaggi.
Molteplici le cause, non ultime quelle di carattere sanitario per la diffusa intolleranza al lattosio della popolazione cinese.
Problema superabile per i nostri formaggi, in particolare per il Parmigiano Reggiano, ma non basta portare il prodotto in Cina, occorre saperlo anche “spiegare”.

Analoga considerazione si potrebbe fare per il prosciutto, il cui consumo è frenato dalla diffidenza verso i cibi “crudi”.
 

La distribuzione

Poi bisogna conoscere i canali di commercializzazione, prendendo atto che la distribuzione tradizionale, nei negozi di prossimità, è in lenta diminuzione, mentre “tengono” le grandi superfici di vendita, purché attente al prezzo.

In crescita esponenziale il commercio elettronico, che può avvalersi di un efficiente e rapido servizio di consegne, con tempi che in alcuni casi sono di appena mezzora.
 

Occasioni da cogliere

Questa la fotografia scattata dalla “missione” emiliano romagnola. Ora bisogna pensare alle iniziative da mettere in campo per accompagnare le nostre aziende nelle tortuosità del mercato cinese.

Il programma prevede la promozione dei nostri prodotti in importanti catene distributive cinesi, come Hema e Auchan. Già sono in progetto appuntamenti con le delegazioni cinesi a Fico in marzo e poi al Vinitaly in aprile e a Cibus in maggio.

Le nostre imprese che realizzano prodotti di qualità e intenzionate a svilupparsi sul mercato cinese potranno trovare accoglienza nel progetto di e-commerce sui principali portali cinesi.

Infine a novembre ci sarà l’opportunità di Expo China 2018, che nel padiglione Italia darà visibilità alle nostre eccellenze. Tutte occasioni da cogliere, purché si sappia “fare squadra”.


Aiuti alla promozione

Quello delle produzioni di qualità è un argomento che in Cina sta assumendo sempre più importanza. Da “fabbrica” del mondo dove l’obiettivo era la quantità, si vuole puntare sulla qualità, prerogativa che va a braccetto con sicurezza e salubrità.
L’Italia in questo campo è vista come un punto di riferimento, dal quale prendere esempio.

Un buon punto di partenza per un’espansione del nostro export. Magari utilizzando al meglio le risorse messe a disposizione da Bruxelles per la promozione dell’agroalimentare.
A disposizione ci sono 169 milioni di euro.
Ma bisogna fare in fretta, i termini per le domande scadono il 12 aprile e la presentazione delle domande cela qualche complessità.