Stagione da dimenticare per i bieticoltori transalpini. Stando a un articolo comparso sul giornale Le Betteravier Français, il 2020 si sta avviando alla conclusione con dati produttivi fortemente al ribasso rispetto alla media quinquennale precedente, soprattutto a causa di una stagione siccitosa cui si è sovrapposta anche l’espansione del giallume virotico, patologia veicolata da alcuni afidi.
 
A causa della patologia, le piante reagiscono riemettendo altro tessuto fogliare, sottraendo preziose sostanze alle radici. Nonostante gli sforzi fatti in campo, ripristinando trattamenti fogliari con insetticidi che erano progressivamente entrati in disuso grazie ai concianti neonicotinoidi, ormai banditi, il controllo degli afidi non risulta essere stato sufficiente, permettendo agli insetti di continuare a veicolare impunemente il virus. E i risultati si sono visti, con una doppia beffa per i produttori: aver perso produzione e aver utilizzato (e pagato) invano tonnellate di altri insetticidi.

La resa media stimata a due terzi degli escavi oscilla infatti fra le 61 e le 62 tonnellate di radici al 16% di zucchero, con una perdita del 27% rispetto al dato medio degli ultimi cinque anni relativo al medesimo periodo. Questo a metà novembre. A inizio settembre la stima era superiore di sette tonnellate. Nel volgere di un paio di mesi, detta in altri termini, circa il 10% della produzione non è giunta a raccolta rispetto alle potenzialità iniziali.

Una vera debacle, per usare un termine francese, visto che Oltralpe si era passati dalle 48,3 tonnellate di radici dei primi anni ’70 alle 85 tonnellate del 2019, uniformando tutto al 16% di contenuto di zucchero. Peraltro, grazie al miglioramento genetico e alle più moderne tecniche agronomiche, tali produzioni sono state rese possibili dimezzando gli apporti di azoto. Solo nell’ultimo decennio, la media di zucchero prodotto per ettaro è stata di 13,5 t/ha. In sostanza, provate a immaginare che su ogni metro quadrato di terreno vi sia appoggiato un sacchetto da 1,350 kg di zucchero. Per rendere ancor meglio il concetto, pensate che con un solo metro quadrato di barbabietole da zucchero si possono addolcire egregiamente fino a 270 caffè.  

Non solo economia

Le barbabietole da zucchero, oltre a essere una fonte preziosa di saccarosio, contenuto in ragione circa del 16% (ma può arrivare anche sopra), rappresentano anche un fenomenale “sink” di carbonio, dato che un ettaro di barbabietola da zucchero può arrivare a produrre fino a 85 tonnellate per ettaro di radici. Considerando un peso secco del 25%, si può stimare una quantità per ettaro di sostanza secca pari a circa 21 tonnellate. Ancora, essendo il contenuto di carbonio di tale sostanza secca oscillante intorno al 50% (nel solo saccarosio è del 42%), si può quindi stimare una quantità di carbonio totale stoccato intorno alle 10 tonnellate. Sapendo infine che il carbonio rappresenta solo il 27% in peso dell’anidride carbonica, significa che un ettaro di barbabietole da zucchero sottrae all’atmosfera una quantità di gas serra superiore alle 37 tonnellate.

Oltre ad averci perso produzione e denaro gli agricoltori, vi è cioè da constatare come anche l’ambiente sia stato danneggiato, essendo rimaste per aria circa 10 tonnellate di anidride carbonica che sarebbero invece state catturate se la produzione fosse stata quella massima possibile.

A ulteriore dimostrazione che se si vogliono contrastare i fenomeni climatici che tanto preoccupano, meglio sarebbe che all’agricoltura venisse aperto al massimo il gas. E non certo quello serra.
Credits: si ringrazia Alberto Guidorzi, esperto del settore bieticolo, per la segnalazione dell'articolo.