Anche l'Oecd (Organisation for Economic Co-operation and Development) ha preso a cuore il caso dell'Anoplophora chinensis, finanziando progetti di ricerca. In effetti, negli ultimi anni il coleottero lignivoro meglio conosciuto come "Tarlo asiatico" ha esteso la propria presenza anche in Paesi che tendono al Mitteleuropa, come la Svizzera e l'Austria. Pure il Nord America è stato coinvolto, obbligando Usa e Canada ad affrontare anch'essi il problema.
In Italia l'Anoplophora è giunta attraverso imprudenti scambi commerciali di piante avvenuti nella porzione nord-occidentale della Provincia di Milano. Da lì il Tarlo asiatico si è lentamente diffuso fino a diventare un caso nazionale.
La Regione Lombardia resta però la capofila degli Enti coinvolti nello studio delle dinamiche di popolazione del Tarlo asiatico e nella messa a punto di soluzioni atte al suo contenimento.
Proprio per mettere intorno allo stesso tavolo gli esperti più rappresentativi in materia di Anoplophora, l'Ersaf (Ente regionale per i servizi all'agricoltura della Regione Lombardia) ha voluto dare vita a un simposio di valenza internazionale della durata di tre giorni.
Tenutosi a Milano fra il 9 e l'11 maggio, il simposio presentava già nel titolo la sintesi dei temi più cogenti legati alla risoluzione del problema: “Anoplophora chinensis & Anoplophora glabripennis: nuovi strumenti per prevedere, rilevare e combattere” - Come salvare le nostre foreste e i nostri spazi urbani verdi.
Nel corso del simposio sono stati quindi esposti i dati di rilevazione non solo in Italia, ma anche nei Paesi a noi confinanti, come pure sono stati condivisi i risultati dei molti anni di lotta al Tarlo in Lombardia.
In giardino con il nemico
Il genere Anoplophora consta di 36 specie diverse di cui solo un terzo è conosciuto per habitat e habitus. Gli adulti erano pezzi da collezione fino a qualche anno fa, ora onestamente sono divenuti così abbondanti che nessun collezionista li reputa più tanto rari da meritare una caccia serrata per accaparrarsene un esemplare.
L'uovo sembra un chicco di riso, e viene inserito dalle femmine sotto la corteccia grazie all'ovopositore. L'Anoplophora chinensis attacca le porzioni basse delle piante, l'Anoplophora glabripennis attacca invece le porzioni più alte, sui tronchi. La prima è da noi di gran lunga la predominante.
L'80 per cento delle piante infestate da A. chinensis ricadono in soli quattro generi: Acer, Corylus, Betula e Carpinus. Colpisce però con una certa frequenza anche salici, faggi e platani.
Bonsai e piante innestate sono state il veicolo per la diffusione dell'A. chinensis, mentre pallet in legno e altri imballaggi legnosi lo sono stati per la A. glabripennis.
Per individuarne la presenza sono stati messi a punto anche metodi originali, come l'impiego di cani da fiuto o di rilevatori elettronici di rumori, capaci di rilevare le rosicature apportate dalle larve al legno delle piante infestate.
La lotta chimica e l'uso di insetti parassitoidi possono trovare una loro giustificazione, ma il taglio e la distruzione delle piante colpite resta lo strumento più efficace per il contenimento dell'espansione del coleottero.
Lombardia in prima linea
Forte di un'esperienza che forse avrebbe preferito non dover sviluppare, la Regione Lombardia è in prima linea nelle operazioni legate al monitoraggio e alla lotta. Vengono controllate circa due milioni di piante all'anno, soprattutto in tre Province per un numero complessivo di 32 municipalità. La superficie monitorata è di oltre 400 kmq. Non a caso dal 2011 al 2013 sono stati investiti contro il Tarlo asiatico ben 18 milioni di euro.
Il danno per la comunità, causato da questo coleottero, va ben oltre al denaro speso per combatterlo. In totale le sue mandibole hanno colpito la bellezza di 25 mila piante, soprattutto negli ambienti del verde urbano, molto meno in aperta campagna.
Per fortuna la mobilità dell'Anoplophora risulta scarsa, dando tempo ai tecnici di individuare nuovi fronti di espansione prima che l'epidemia diventi incontrollabile.
Attualmente sono stati anche messi a punto modelli previsionali in grado di predire l'eventuale espansione da un focolaio iniziale. Tendenzialmente, nel raggio di 200 metri dal focolaio si trova già il 97,3% dei nuovi casi. Il 100% si raggiunge con un raggio di un chilometro. Taglio e monitoraggio devono quindi essere strettamente legati.
Nel tempo la presenza del Tarlo asiatico ha teso però a diminuire, dimostrando la bontà delle azioni intraprese per combatterlo. I modelli, ottimisticamente, prevedono l'annullamento delle popolazioni entro il 2031. Il servizio fitosanitario lombardo, prudenzialmente, reputa questa previsione come ottimistica. Un risultato a cui si potrà tendere con sempre maggiore precisione, ma che forse non verrà mai raggiunto davvero.
Tradotto in parole povere: con il Tarlo asiatico sarà bene abituarci a convivere, sebbene verrà ridotto per numero e perniciosità.