L'emergenza coronavirus innesca anche l'allarme della sicurezza alimentare, un aspetto già critico in alcune aree "calde" del pianeta, dallo Yemen al Venezuela, dallo Zimbabwe ad Haiti, fino al Corno d'Africa.

Ad accendere i riflettori su un problema cronicizzato in determinate regioni del mondo è stata la Fao, che nei giorni scorsi ha presentato il "Global report on food crises 2020", un dossier nel quale emergono numeri impietosi e allarmanti: 135 milioni di persone colpite dalla crisi alimentare, altri 183 milioni a rischio e, tra questi, 75 milioni di bambini in condizioni di sottosviluppo.

Uno scenario che la pandemia Covid-19 rischia di acutizzare in misura esponenziale, esponendo 318 milioni di persone al dramma della carestia. Soprattutto nell'area africana, dove paradossalmente sono concentrati 200 milioni di ettari di terre potenzialmente fertili non ancora utilizzate e dove, tuttavia, le rese per ettaro sono molto basse. Per fare un esempio: la resa media del mais è di due tonnellate per ettaro, circa un quinto delle rese degli Stati Uniti.

Negli ultimi anni, anche grazie alla cooperazione tra Unione europea e Unione africana, in seguito alla creazione di una Task force proprio per lo sviluppo dell'Africa rurale, qualche passo avanti è stato compiuto e alcuni progetti sostenuti anche da tecnologie innovative stanno contrastando i problemi di cambiamenti climatici e di disponibilità alimentare. Una strada, tuttavia, ancora lunga e tortuosa.

L'insicurezza alimentare descritta dalla Fao (a proposito, i numeri evidenziati sono pre-Covid) è aggravata da prezzi di mercato che con la pandemia sono stati strapazzati dalla volatilità, dalla precarietà sanitaria, dalle difficoltà dei trasporti, situazioni che la crisi innescata dal coronavirus ha reso senza dubbio più evidenti, al punto che la Fao raccomanda la creazione di "corridoi commerciali" per consentire la fornitura di generi alimentari e di prima necessità. Evidenziando, con ciò, un altro limite cronico dell'Africa, quello delle infrastrutture e della comunicazione.

Anche la tecnologia può essere di aiuto, per monitorare costantemente le situazioni critiche e favorire interventi di sviluppo, sostegni strategici per combattere la fame e costruire la pace nelle zone che vivono situazioni di guerra o di instabilità politica, altra causa di precarietà globale.

Gli effetti della diffusione del coronavirus in rapporto all'economia agricola globale sono stati affrontati anche nel corso dell'ultimo vertice dei ministri dell'Agricoltura del G20.

Una delle priorità elencate dal viceministro dell'Agricoltura della Federazione Russa, Sergey Levin, è stata quella di "evitare la volatilità dei mercati e la speculazione dei prezzi sui mercati alimentari", oltre alla questione della manodopera, necessaria per prevenire una "interruzione delle catene di approvvigionamento di prodotti alimentari".

Garantire cibo sicuro, accessibile economicamente e nutriente è uno degli obiettivi condivisi dai ministri agricoli del G20, consapevoli della necessità di adottare politiche di sostegno, in grado anche di favorire una stretta collaborazione fra settore pubblico e privato.

Sulla stessa lunghezza d'onda anche il ministro cinese dell'Agricoltura e degli affari rurali, Han Changfu. La missione è proprio quella di superare le incertezze internazionali legate alla sicurezza alimentare. Nell'ex Celeste Impero, la China banking and insurance regulatory commission ha incentivato le banche a garantire l'assistenza finanziaria e assicurativa ai settori legati all'agricoltura, alle aree rurali e agli agricoltori, come riportato dall'organo di stampa Xinhua.

L'impegno da adottare a livello internazionale, per il ministro cinese dell'Agricoltura, dovrebbe essere quello di garantire il commercio agricolo, "riducendo le barriere commerciali e mantenendo agevole la logistica globale, mentre la cooperazione multilaterale dovrebbe essere rafforzata con il sostegno alle istituzioni internazionali tra cui la Fao e il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo".

Anche negli Stati Uniti, realtà completamente diversa rispetto a quella cinese, la preoccupazione nel mondo agricolo è elevata. E questo nonostante i 19 miliardi di dollari che il presidente degli Usa Donald Trump ha messo a disposizione per il mondo rurale, nella precedente tornata elettorale suo grande sostenitore.