Il rapporto presentato a Ginevra nei giorni scorsi dall'Ipcc, il Comitato scientifico dell'Onu sul clima, intitolato "Cambiamento climatico e territorio", lancia un vero e proprio allarme e richiede una gestione sostenibile delle risorse della terra. Un appello rivolto tanto agli agricoltori quanto all'industria e ai modelli economici e sociali.

Dal rapporto emerge, infatti, che lo sfruttamento della terra da parte dell'uomo è responsabile, da solo, del 23% delle emissioni di gas effetto serra. Responsabili, fra le altre, attività come l'agricoltura, il processo di deforestazione e gli incendi boschivi, sempre più estesi e impattanti, come dimostra anche la situazione attuale in Amazzonia.

Basti un dato, espresso nel rapporto Ipcc: ridurre la deforestazione comporterebbe tagli di 0,4-0,5 giga tonnellate equivalenti di ossido di carbonio.
Se agricoltura, silvicoltura e altri usi intensivi del suolo sono ritenuti responsabili, appunto, di quasi un quarto di tutte le emissioni di gas serra prodotte dall'uomo, tale quota sale al 37% se si aggiungono le attività legate alla catena dell'industria alimentare (pre e post produzione).

I cambiamenti climatici sono sempre di più una realtà con la quale fare i conti, molto spesso in una dimensione di interrelazione. Il cambiamento climatico, secondo il Comitato scientifico dell'Onu, non può prescindere da fattori quali il numero di persone in sovrappeso o obesi (2 miliardi di adulti) e nemmeno dagli 821 milioni di persone denutrite. Allo stesso tempo, i cambiamenti climatici sono in stretto rapporto con lo spreco di risorse, alla luce del fatto che oltre un quarto del cibo (25-30%) viene buttato o perso lungo la catena alimentare, con la conseguenza di produrre nuove emissioni durante la fase di decomposizione.

L'agricoltura, nelle raccomandazioni dell'Ipcc, dovrà indirizzarsi verso la produzione sostenibile di cibo, la gestione sostenibile delle foreste, la gestione del carbonio organico nel suolo, con il mondo agricolo che è chiamato a imprimere una forte svolta a livello mondiale per contrastare il climate change. 
Il rapporto mette in luce anche l'aumento delle temperature rispetto al periodo pre-industrializzazione e raccomanda di ridurre le emissioni di CO2 sia in agricoltura che nell'industria alimentare, invitando anche a modificare le abitudini dell'uomo in materia di cibo e dando più spazio agli alimenti vegetali.
Secondo l'analisi dell'Ipcc, in particolare, sarebbe necessaria una particolare attenzione per contenere il consumo di carne, ritenuto fra i responsabili dell'aumento delle emissioni di metano, causate dagli allevamenti intensivi di bovini e di ovini.

È impossibile, inoltre, sottacere la responsabilità del climate change relativamente ai processi migratori, che in alcuni casi hanno anche ragioni ambientali.
E se i cambiamenti climatici avranno impatti sempre più profondi sui sistemi produttivi e sulla nostra vita quotidiana, richiamando anche alla responsabilità di un "coordinamento globale finalizzato a una conversione tecnologica", come sottolineato dalle colonne del Sole 24 Ore da Gianni Toniolo dell'Università Luiss, allo stesso tempo sta crescendo la consapevolezza della realtà e degli effetti del clima. "Circa il 20% degli europei assegna al cambiamento climatico il primo posto tra i problemi che la nostra collettività deve affrontare", ricorda ancora Toniolo.

Anche la neo eletta presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, nel proprio discorso programmatico ha parlato di un Green new deal, forse spinto anche dal ruolo crescente che hanno assunto i Verdi in Germania.

Nei giorni scorsi diversi studiosi italiani hanno sottoscritto un appello dell'Istituto di scienze della vita della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa nel quale si evidenzia che "gli effetti dei cambiamenti climatici su innumerevoli settori della società e sugli ecosistemi naturali sono tali da mettere in pericolo lo sviluppo sostenibile della società come oggi la conosciamo e, quindi, il futuro delle prossime generazioni".


Un business da 2.100 miliardi

I rischi legati ai mutamenti climatici sono rappresentati anche da un business dell'ordine di 2.100 miliardi di dollari, una cifra pari al Pil dell'Italia (Fonte: stima Cdp), come ha riportato Massimo Gaggi sul Corriere della Sera del 23 agosto scorso. 
Negli anni hanno proliferato società di ricerca impegnate ad analizzare i rischi ambientali per vendere i propri studi alle imprese che si occupano di ricostruzione dopo violenti fenomeni meteo-climatici. La stessa agenzia di rating Moody’s avrebbe comprato Four twenty seven, il maggior centro di analisi delle conseguenze economiche dei mutamenti climatici creato a Berkeley.

Insomma, pare di capire, che tutto è business. Anche le crisi climatiche. Gli agricoltori, comunque, dovranno impegnarsi per fare la propria parte.


Il commento della Fao

La Fao "accoglie con favore il rapporto speciale dell'Ipcc, che fornisce un resoconto crudo ed esauriente dei danni arrecati al nostro pianeta, evidenziando come pratiche agricole non sostenibili possano trasformare la terra da alleata in nemica quando si parla di cambiamento climatico, e proponendo soluzioni praticabili per ridurre o invertire la marcia di questi trend negativi", scrive l'agenzia dell'Onu in un comunicato.

"Si tratta di un rapporto allarmante su come il degrado sistematico dei suoli, la deforestazione, la desertificazione, le pratiche agricole non sostenibili e la scomparsa della biodiversità abbiano trasformato la nostra terra in una delle principali fonti di carbonio, mettendo maggiormente a rischio la nostra sicurezza alimentare e l'ambiente", ha commentato Maria Helena Semedo, vicedirettore generale della Fao per il clima e le risorse naturali.
"In un contesto in cui il numero delle persone denutrite continua a crescere e in cui i modelli economici e di produzione agricola mondiale prevedono l'aumento del 29% dei prezzi dei cereali entro il 2050 a causa del cambiamento climatico - ha aggiunto Semedo - la Fao si augura che il rapporto possa stimolare la comunità globale a intensificare gli interventi di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico".


Il commissario Hogan

Un'attenzione ai cambiamenti climatici era stata espressa alla fine di maggio dal commissario Ue all'Agricoltura Phil Hogan, commentando un documento sul rapporto su Politica agricola comune e cambiamenti climatici, realizzato da esperti esterni per la Commissione europea. "La Pac - aveva detto Hogan - deve fare di più e presto".


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