Riaperte dall'8 dicembre le frontiere francesi per l'ingresso in Italia di giovani bovini da avviare nelle nostre stalle da ingrasso.

In novembre il flusso di animali da Oltralpe si era interrotto a causa dei focolai di dermatite contagiosa bovina che si erano sviluppati in Francia, ai confini con la Valle d'Aosta e poi verso Ovest, sino a sfiorare i Pirenei.

 

La svolta è arrivata con l'attuazione dei piani di vaccinazione, grazie ai quali il virus è stato messo sotto controllo.

Anche in Italia le misure di prevenzione associate a un intenso piano vaccinale hanno consentito di arginare lo svilupparsi della malattia, tanto che ora, come anticipato da AgroNotizie®, le autorità sanitarie europee hanno deciso la revoca delle restrizioni.


Chi può entrare

Ora il nostro Ministero della Salute ha dato ai vitelli francesi il via libera ad attraversare le nostre frontiere.

L'autorizzazione è limitata alle provenienze dalla "zona di vaccinazione di secondo livello", che corrisponde alle aree dove la vaccinazione è obbligatoria, ma non più soggette a restrizioni.

Nel caso specifico si tratta dei seguenti dipartimenti: Savoie, Haute Savoie, Ain, Isére.

Altra condizione necessaria è che ogni capo sia negativo ai test per questa malattia, che sia stato sottoposto a visita veterinaria e che sia stato trattato per eliminare l'eventuale presenza di insetti vettori del virus.


Gli obblighi

È inoltre imposto un periodo di quarantena, con isolamento sanitario dei nuovi ingressi per almeno 28 giorni, durante i quali le condizioni di salute degli animali dovranno essere monitorate dal veterinario aziendale.

È prevista anche la presenza di un "diario" sul quale annotare ogni sintomo sospetto.

È vietato per 30 giorni lo spostamento di questi animali ad altre strutture.


Le incognite

La riapertura delle frontiere francesi evita il "collasso" degli allevamenti di bovini da carne, legati a doppio filo alle importazioni di giovani bovini per supplire alla carenza di vitelli in Italia.

Resta però irrisolto il problema di una dipendenza strutturale non più sostenibile.

Tanto più che in Francia cresce la propensione a completare il ciclo di allevamento degli animali.

Si riduce così la disponibilità di vitelli della quale la zootecnia italiana è "affamata".

Un'evoluzione che porterà a un probabile innalzamento del prezzo richiesto per l'acquisto dei giovani capi da ingrasso.

Una svolta che potrebbe mettere fuori gioco gli allevamenti da carne italiani.


Custodi dell'ambiente

Da qui la necessità di mettere in atto nuove politiche di sviluppo degli allevamenti di bovini da carne.

La "linea vacca vitello" è quella indicata anche nei recenti provvedimenti che hanno messo a disposizione risorse economiche in questa direzione.

Il Fondo Pluriennale per la Zootecnia previsto dalla Legge Coltiva Italia ha destinato 300 milioni di euro per sostenere l'acquisto di manze da carne e per l'utilizzo di riproduttori delle razze da carne. Iniziative utili, ma non risolutive.

 

Pensando alla forte disponibilità di aree marginali, si potrebbe ipotizzare il loro recupero grazie a insediamenti zootecnici.

Per farlo occorre una strategia di lungo termine che associ tutela ambientale e sviluppo degli allevamenti in queste aree, sempre più in pericolo di abbandono e degrado.

 

Quando un allevatore decide di insediarsi in queste zone difficili si trasforma nel migliore custode dell'ambiente che lo ospita.

Ma i margini dell'allevamento sono spesso insufficienti.

Chi conduce un allevamento sfidando la complessità di operare in zone collinari e montane andrebbe compensato con uno "stipendio" che riconosca i suoi meriti per la collettività.

 

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