L'agricoltura mondiale sta attraversando una delle fasi di cambiamento più profonde della sua storia e per restare competitivi, in un contesto così sfidante, occorre cambiare approccio al mercato. È questo il filo rosso che ha attraversato la convention annuale di Compag, svoltasi venerdì 12 dicembre 2025, dove sul palco si sono alternati analisti, rappresentanti della filiera e delle istituzioni.
Crescita della popolazione globale, cambiamenti climatici, tensioni geopolitiche, uso sempre più strategico dell'arma economica e dei dazi: il contesto in cui operano oggi le imprese agricole e le rivendite agrarie è caratterizzato da una forte instabilità. A questo si aggiunge una trasformazione strutturale dei sistemi produttivi, spinta dall'innovazione tecnologica, dalle nuove biotecnologie, dall'agricoltura di precisione e dall'intelligenza artificiale.
In questo scenario, come ha ricordato Fabio Manara, presidente di Compag, "quello che accade nel mondo si riflette direttamente sulle nostre aziende e sulle nostre attività". Ed è proprio partendo da questa consapevolezza che emerge la necessità di ripensare il ruolo delle rivendite agrarie all'interno della filiera.
Rivendite agrarie, serve aggregazione
Uno dei punti centrali dell'intervento di Manara riguarda l'evoluzione della base produttiva. Gli agricoltori sono sempre meno, ma coltivano superfici sempre più ampie. È una tendenza evidente non solo in Italia, ma in tutta Europa e nei principali Paesi agricoli avanzati.
Questo significa che le rivendite agrarie si trovano a servire un numero decrescente di clienti, che però hanno esigenze sempre più complesse, strutturate e professionali. Aziende agricole più grandi richiedono servizi integrati, consulenza tecnica qualificata, continuità di fornitura e soluzioni sempre più personalizzate.
"Per far fronte a questo cambiamento il settore delle rivendite agrarie ha bisogno di fare sistema", ha sottolineato Manara. "L'aggregazione diventa fondamentale per poter continuare a presidiare il territorio e rispondere in modo adeguato alle nuove esigenze degli agricoltori".
Il secondo motivo che rende indispensabile l'aggregazione riguarda il rapporto con l'industria degli agrofarmaci e dei mezzi tecnici. Come emerso chiaramente dalla presentazione di Enrica Gentile, ceo di Areté e responsabile dell'Osservatorio Agrofarma, il comparto sta vivendo una profonda fase di riorganizzazione.
Da un lato si assiste a una riduzione dei volumi di agrofarmaci tradizionali e ad un progressivo spostamento verso prodotti a minore impatto, biologici, biostimolanti e soluzioni innovative. Dall'altro, l'industria investe sempre di più in ricerca e sviluppo, ma si trova a operare in un contesto normativo complesso e costoso. In questo scenario, ha ribadito Fabio Manara, "le aziende che producono agrofarmaci vogliono parlare con meno interlocutori, più strutturati e più solidi". Un sistema frammentato, composto da una miriade di piccoli operatori, rischia di perdere peso contrattuale e centralità nella filiera.
Il quadro economico: redditività sotto pressione
A riportare l'attenzione sui numeri dell'agroalimentare italiano è stato Claudio Federici, che ha presentato l'analisi di Ismea sullo stato del settore. Federici ha ricordato come l'instabilità globale si rifletta anche su Pil e commercio mondiale, aumentando volatilità e incertezza. In questo contesto, l'agricoltura italiana mostra segnali contrastanti: nel 2024 il valore aggiunto agricolo è cresciuto, rendendo l'Italia uno dei Paesi leader in Europa, ma il confronto con l'industria evidenzia una maggiore difficoltà del settore primario ad assorbire gli shock di prezzo.
Particolarmente rilevante il tema della redditività lungo la filiera. I prezzi agricoli hanno mostrato forti oscillazioni, mentre i costi di produzione restano elevati. Claudio Federici ha inoltre illustrato il lavoro di Ismea sulla stima del costo medio di produzione, strumento centrale nell'applicazione della Direttiva Europea sulle Pratiche Sleali, che mira a evitare che i prodotti agricoli vengano acquistati a prezzi inferiori ai costi sostenuti dagli agricoltori.
Di margini sempre più ristretti e di un generale sentimento di incertezza ha parlato anche Edoardo Musarò, vicedirettore di Compag, che ha sottolineato come la compressione dei margini lungo la filiera agroalimentare è aggravata da una iper regolamentazione europea che rischia di rallentare la competitività delle imprese. Da qui la necessità, per Compag, di rafforzare la rappresentanza a Bruxelles e di fare sistema, sia sul piano sindacale che su quello dell'innovazione, dalla formazione ai progetti legati all'intelligenza artificiale.

Un momento della tavola rotonda
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Un mercato sempre più globalizzato
Ludovico Semerari, del Centro Studi AMIStaDeS APS, ha avuto il compito di fornire una panoramica della complessa situazione internazionale. Il mondo sta diventando sempre più multipolare, con un progressivo spostamento del baricentro economico verso Asia e Pacifico. Stati Uniti e Cina utilizzano sempre più spesso commercio, dazi e materie prime come strumenti di pressione politica, con effetti diretti sulle catene di approvvigionamento globali.
Le conseguenze non sono astratte: volatilità dei prezzi delle materie prime, shock improvvisi dell'offerta, difficoltà logistiche e aumento dei costi di produzione. Tutti elementi che incidono direttamente sulla redditività delle imprese agricole e, di riflesso, sull'attività delle rivendite.
A questo si aggiunge, come ricordato nel corso della convention, una crescente pressione normativa in Europa, che da un lato spinge verso una maggiore sostenibilità ambientale, ma dall'altro rischia di comprimere ulteriormente i margini economici lungo la filiera. Tutti temi che sono stati sviscerati durante la tavola rotonda che ha chiuso il convegno nazionale di Compag.
Agrofarmaci, un mercato sempre più complesso
Cesare Soldi, componente della Giunta Esecutiva di Confagricoltura, ha ricordato le grandi sfide dei prossimi anni insistendo soprattutto sulla reciprocità nei rapporti con i Paesi terzi: standard su fitofarmaci, lavoro, sostenibilità e strumenti come clausole specchio. Elementi di tutela oggi però ancora difficili da rendere davvero efficaci tramite le clausole di salvaguardia.
Stefano Calderoni, presidente di Cia - Agricoltori Italiani di Ferrara, ha sottolineato che la redditività va letta evitando medie fuorvianti: la Dop Economy corre su binari differenti, mentre nel mondo delle commodities la crisi prezzi-costi è più dura. Le filiere possono funzionare se programmano, come nel caso del pomodoro da industria, ma sulle pratiche sleali il punto resta il riconoscimento dei costi e di un margine "di dignità" per l'impresa agricola.
Dal lato industriale, Patrick Gerlich, componente del Consiglio di Presidenza di Agrofarma - Federchimica, ha rivendicato gli sforzi di innovazione e l'elevato livello di sicurezza alimentare della filiera italiana, ricordando il lavoro di sostituzione verso soluzioni a minore impatto e il ruolo delle rivendite nel trasferire innovazione al campo.
Mentre Marco Lazzari, responsabile Servizio Agri Banking BPER, ha ricordato come dal punto di vista bancario, il settore resta finanziabile e con tassi di default contenuti, più bassi rispetto a tutti gli altri settori. Per Lazzari, serve tuttavia una visione strategica del futuro e un ricambio generazionale che porti nuova linfa e visione al comparto agricolo. Un ricambio che, tuttavia, se non ci sono prospettive di reddito, diventa impossibile.
Infine Mauro Bruni, presidente di Areté, ha ricordato come la competitività europea dipenda da tre leve. Quella amministrativa, che significa avere una Pubblica Amministrazione che funzioni e sia efficiente. Quella aziendale, in capo all'agricoltore, che deve lavorare per lo sviluppo della propria impresa. E poi quella politica, che deve guidare lo sviluppo a livello di Paese. Per Bruni, però, senza competitività economica diventa difficile sostenere anche gli obiettivi ambientali e sociali.































