È quanto emerge dalle ultime elaborazioni Ismea sulla base dei dichiarativi di dicembre 2018, attestati a poco più di 166mila tonnellate, che collocano la produzione stimata di olio di oliva nella campagna 2018-2019 a 185mila tonnellate, in ulteriore ribasso rispetto alle stime – già poco ottimistiche – presentate a ottobre, a frantoi ancora chiusi. In particolare sono state le regioni del Mezzogiorno ad accusare le perdite maggiori, con la Puglia, che da sola rappresenta circa la metà della produzione nazionale, colpita da una flessione stimabile attorno al 65%, a causa delle gelate e dei problemi fitosanitari che hanno colpito gli uliveti. E si nota anche un altro dato: tra 2017 e 2018 chiudono i battenti in Italia ben 834 frantoi, ma nessuno tra le imprese industriali.
Produzione in calo e confronti tra annate
"Negli ultimi sei anni - sottolinea l'Ismea - è già la terza volta che le campagne di scarica si presentano con flessioni produttive che vanno oltre la fisiologica alternanza, a causa della frequenza con cui si manifestano eventi meteorologici avversi".A ben vedere, secondo la recente "Scheda di settore Olio d’oliva" pubblicata a gennaio 2019 da Ismea, la produzione di olio di oliva italiano del 2018 si colloca appena al di sopra di quella del 2016 – che fu pari a 182mila tonnellate, la peggiore di sempre - ed è ben lontana dalla produzione media del quadriennio 2009-2012, attestata ben sopra le 500mila tonnellate.
Scarsità e riflessi sul mercato dell'olio
I riflessi sul mercato della scarsità di prodotto non hanno tardato a manifestarsi. I listini dell'extravergine hanno raggiunto, infatti, a dicembre i 5,60 euro al chilo (+40% rispetto a giugno), con valori superiori ai 7 euro al chilo in Sicilia e vicini ai 6 euro nel Barese. "Nonostante tali recuperi, rimane comunque negativo il confronto dei prezzi su base annua anche per la pressione determinata dal mercato spagnolo che, di contro, può contare su una campagna produttiva abbondante" sottolinea Ismea. I prezzi di dicembre dell’olio di oliva nazionale sono nella sostanza confermati sulle principali piazze italiane anche a gennaio, segno che l’abbondanza di olio spagnolo ha raffreddato la corsa dei prezzi del prodotto italiano, partita all'indomani delle prime previsioni negative sulla campagna ancora in corso.Secondo le ultime stime, la produzione iberica sfiora infatti 1,6 milioni di tonnellate: +24% sul 2017, determinando una flessione dei listini spagnoli e condizionando anche il mercato greco e tunisino, dove invece la produzione è prevista in calo di oltre il 30%.
A fare da corollario a questa situazione di forte sofferenza del comparto olivicolo oleario nazionale, è la frammentazione eccessiva del settore. Oltre un milione e 170mila ettari di superficie olivetata sono suddivisi tra ben 825mila e duecentodue aziende agricole, praticamente meno di un ettaro e mezzo di media. Non a caso solo il 37% delle aziende olivicole è competitivo. E nel 2018 iniziano secondo Ismea a diminuire i frantoi attivi: se ne contano 4.036, ancora tantissimi e che in media, nel 72% dei casi, non frangono più di 5mila quintali di olive. Ma nel 2017 erano 4.870: un crollo del 17%. La crisi non scalfisce però i frantoi industriali, fermi a 220 unità.
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