L'arricchimento consiste nell'aggiunta al mosto d'uva o al vino in fermentazione di Mosto concentrato rettificato (Mcr) portando a un aumento del tenore alcolico finale. Un intervento pensato per limitare gli svantaggi di annate piovose e poco assolate, come è stata la 2014. La normativa europea prevede che l'arricchimento sia consentito dagli Stati "qualora le condizioni climatiche lo richiedano” e lo Stato italiano ha delegato le regioni a decidere in materia, “previo accertamento della sussistenza delle condizioni climatiche”.
Accade ora che molte Regioni, su richiesta dei Consorzi di tutela, abbiano già consentito o stiano consentendo l'arricchimento per l'annata 2015, che tutto può dirsi tranne che poco soleggiata.
La Fivi richiede pertanto alle Regioni di rivedere la propria posizione. Nella missiva inviata ieri chiede una radicale revisione dei criteri di autorizzazione dell’arricchimento che porti la stessa pratica ad essere correttamente intesa come una extrema ratio, cui ricorrere solo nelle annate effettivamente estremamente sfavorevoli oppure in aree eccezionalmente colpite da avversità atmosferiche. Sottolinea che l'arricchimento non può essere considerato “un diritto” e che non è comprensibile come annate così diverse come la 2014 e la 2015 lo possano prevedere entrambe.
“L'arricchimento – spiega Matilde Poggi – favorisce i furbetti che manipolano vini di bassa qualità a discapito di chi lavora seriamente. Ci chiediamo: che immagine diamo dell'Italia se la accreditiamo come una terra che necessita ogni anno di arricchire i propri mosti? Questa normativa avvantaggia i produttori poco seri e non tiene conto di una domanda che nel mondo è composta sempre più di consumatori che cercano un rapporto franco e leale con i produttori e privilegiano vini di qualità, che siano tali grazie alle uve da cui nascono”.
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