L’applicazione della Pac nazionale dovrebbe essere definita entro il prossimo 15 maggio. Così ha assicurato il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che fa coincidere alla metà di maggio anche l’operazione legata al piano d’azione in 18 mosse denominata #campolibero.
Sulla Pac, risolto il rebus del secondo pilastro, per il quale sono stai assegnati 20,8 miliardi di euro dal 2015 al 2020, restano aperte alcune questioni non irrilevanti.

L'agricoltore attivo e professionale
Innanzitutto l’agricoltore attivo, per il quale sembra farsi strada un’ipotesi dorotea, con una statuizione a pacchetto in base alle aree geografiche e alla missione dell’agricoltura in senso lato. Potrebbero così essere più stringenti i requisiti richiesti per gli imprenditori agricoli professionali, la cui attività è rivolta al mercato, mentre le maglie potrebbero allargarsi nel definire l’agricoltore attivo incaricato di tutelare determinate aree rurali sul piano della difesa del territorio e del presidio sul versante idro-geologico. Obiettivo altrettanto meritevoli di tutela (e di sostegno al reddito) al pari di chi produce per il mercato.

Aiuti accoppiati
La prossima tappa del negoziato tra il ministero delle Politiche agricole e le Regioni è in calendario per il 24 aprile, quando si cercherà di trovare una sintesi anche sulla destinazione degli aiuti accoppiati, che dovrebbero ammontare a oltre 550 milioni di euro.
Nulla ancora è stato deciso, ma da quanto lo stesso ministro Martina ha dichiarato nei giorni scorsi, appare molto probabile che passi la linea di un compromesso che assicurerebbe una prevalenza degli aiuti (superiore al 50%) alla zootecnia, come a più riprese chiesto dalla Lombardia, spalleggiata dal blocco delle Regioni a più alta vocazione allevatoriale.

Fondi alla zootecnia
Secondo alcuni rumors, alla zootecnia potrebbe essere assegnato oltre il 53% del plafond degli aiuti accoppiati: più di 300 milioni di euro, dei quali poco meno di 90 per le vacche da latte, cifra alla quale va sommata una dote di oltre 15 milioni per le aree di montagna; una settantina di milioni, invece, potrebbero essere assegnati alle vacche di età superiore ai 24 mesi e un analogo tesoretto potrebbe essere destinato al comparto carne.
Parliamo di ipotesi in attesa di riscontro, ma certamente non destituite di fondamento.

Riso e olio 
Una trentina di milioni di euro i fondi assicurati a chi produrrà riso, ma nella trattativa del 24 aprile potrebbe essere una voce implementata ulteriormente.
Anche l’olio avrebbe un’adeguata attenzione. Nei corridoi del potere si vocifera che la cifra destinata al comparto olivicolo oleario si avvicini ai 100 milioni di euro, a conferma dell’attenzione verso una delle leve del made in Italy. Il Sud potrebbe beneficiare inoltre di una cifra considerevole per le proteaginose, in grado di bilanciare ampiamente la destinazione dei fondi per incentivare la coltura della soia al Nord, utilizzata negli allevamenti come elemento principe dell’alimentazione animale.