La computa dei danni è prematura, senza dubbio. Ma di certo c’è che il maltempo che sta rinviando la partenza limpida della primavera – e del tempo della semina – sta mettendo in ginocchio il Nord Italia. In Emilia Romagna, Lombardia e Veneto sono in corso le procedure per definire lo stato di calamità.

Il bilancio è alquanto serio. Il ritardo sulle operazioni in campo comporterà una perdita secca “del 10% nelle rese dell’ortofrutta, mentre si rischia seriamente di perdere il primo raccolto delle foraggere”, come rileva la Confederazione italiana agricoltori.
Un bilancio negativo che trova allineata anche la Coldiretti, mentre c’è chi azzarda un calo maggiore. Così Confai, che ipotizza sul mais un crollo delle rese fino al 25% della Plv e uno slittamento in avanti dei tempi di raccolta, con conseguenze negative per una maggiore facilità di insorgenza di fitopatologie.

Per gli orticoli il pericolo è il rallentamento del processo di maturazione. “Il persistere delle condizioni di elevata umidità in suoli poco permeabili e pianeggianti - analizza la Cia - fa temere per orticoli e graminacee che si sviluppino condizioni di asfissia nel terreno e la conseguente creazione di muffe e funghi patogeni con la successiva perdita del raccolto”.
Trombe d’aria, grandine e pioggia hanno messo in ginocchio i frutteti di mele, pere e pesche, ma anche frumento, barbabietole, cocomeri e meloni coltivati nelle campagne, in special modo in Emilia Romagna, dove si contano anche danni strutturali alle abitazioni, alle serre e ai capannoni.

I danni maggiori, rileva la Coldiretti, “li hanno avuti le pere, il frutto in più avanzato stato di maturazione”. La geografia del maltempo indica Modena, Ferrara e Bologna le realtà più colpite (anche da una tromba d’aria che ha indugiato nelle aree già devastate un anno fa dal terremoto).
Secondo quanto precisato dall’assessore alla Protezione civile dell’Emilia Romagna, Paola Gazzolo, “i danni stimati dal maltempo degli ultimi mesi sono saliti a 171,2 milioni”, valori aggiornati nei giorni scorsi dal presidente Vasco Errani in chiave di istanza al presidente del Consiglio, Enrico Letta.

In provincia di Verona la grandine ha assunto dimensioni di un limone e ha distrutto le coperture in nylon delle serre; nel Mantovano non sono stati risparmiati vigneti e frutteti.
Un altro capitolo drammatico è quello delle frane, verificatesi in particolare nelle aree appenniniche. Nel Parmense, a Sauna, è crollata una stalla che fino a pochi giorni fa ospitava un centinaio di capi. E continua l’avanzamento della frana verso il Rio Lucconi, ma per ora non si è creato alcun invaso, precisa la protezione civile.
Il numero uno di Coldiretti, Sergio Marini, ha incontrato gli agricoltori a Reggio Emilia. “Nelle zone colpite – riferisce il sindacato – si contano in questo momento 1.700 movimenti franosi, centinaia di cittadini evacuati, una trentina di case distrutte e altrettante attività produttive”.
Il marzo più piovoso degli ultimi 60 anni e il persistere di precipitazioni con cadenza pressoché quotidiana ha innalzato i livelli dei laghi Maggiore e di Garda, entrambi al massimo storico per gli inizi di maggio.
Unico riflesso positivo è che falde acquifere e bacini dovrebbero essere stati abbondantemente rimpinguati, scongiurando così il rischio siccità per la prossima estate.

Rudy Milani, allevatore di Zero Branco (Treviso) e responsabile della Sezione suini di Confagricoltura Veneto, mette in luce anche un effetto collaterale delle piogge, legato alla direttiva nitrati. “Purtroppo è da marzo che piove con regolarità – dice – e gli allevatori non sono riusciti a spandere i reflui zootecnici nelle campagne, con un grave danno che investe la capacità delle vasche di contenimento. La mancata operazione di spandimento nei campi ha impoverito i terreni, influendo negativamente sui fattori produttivi per l’annata in corso”.
Milani chiede una maggiore elasticità nel calendario predefinito per lo spargimento dei nitrati. “Altrimenti il rischio è che in un anno come questo non si riesca a smaltire i liquami, con un danno ambientale sicuramente maggiore rispetto alla possibilità di operare in campo nel periodo da dicembre a febbraio, con finestre specifiche in base al meteo”.

In Lombardia l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava, ha previsto una deroga degli impegni previsti dalla misura 214 del Programma di sviluppo rurale. “È giusto venire incontro agli agricoltori – afferma Fava - in una fase eccezionale come questa, agevolandoli nella scelta delle colture da seminare”.
“Mi rendo perfettamente conto delle difficoltà nella semina delle colture e, in particolare, del riso - ha aggiunto – ed è per questo che ho voluto attivarmi per la concessione di tali deroghe”.

Nelle scorse settimane si è provveduto a concedere la deroga per poter seminare per due anni consecutivi le colture che beneficiano delle azioni A (Avvicendamento e fertilizzazione bilanciata) e B (Produzione agricola integrata).
Questo permetterà alle aziende di scegliere più liberamente quale coltura seminare nel momento in cui le condizioni meteorologiche lo consentiranno.
“Per quanto riguarda invece le aziende che coltivano riso in minima lavorazione (azione M) sarà possibile effettuare – rende noto la Regione Lombardia – solo per questa annata agraria, le semine in acqua. Devono comunque essere garantiti tutti gli altri impegni dell’azione, condizione indispensabile per assicurare l'erogazione del premio, conformemente alla normativa comunitaria e al Psr”.