Sono sette articoli e il loro obiettivo è quello di ridare competitività alla nostra agricoltura. Questi sette articoli sono contenuti nel disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 20 febbraio, che introduce novità in molti settori, dai contratti di filiera alle etichette dei prodotti agroalimentari. Novità che dovrebbero, questa è l'intenzione, ridare “smalto” al comparto agroalimentare. Ma andiamo con ordine, esaminando il contenuto di ogni singolo articolo.

 

I contratti di filiera

Il numero 1 (Estensione dei contratti di filiera e distretto a tutto il territorio nazionale), si preoccupa di eliminare  il vincolo delle legge 289/2002 che circoscriveva l'applicazione dei Contratti di filiera e di distretto alle sole aree sottoutilizzate. Due i risultati che si ottengono. Il primo è aprire la possibilità di accedere ai Contratti di filiera a tutte le imprese che posseggono i requisiti necessari (e compatibilmente con le norme comunitarie in merito agli aiuti di Stato). Si elimina poi, ed è questo il secondo risultato, l'ingiustificata penalizzazione delle imprese che non potevano accedere ai Contratti di filiera perché ubicate in zone non svantaggiate.

 

Tutela alle Dop

L'articolo 2 (Rafforzamento della tutela e della competitività  dei prodotti a denominazione protetta) rafforza la severità delle pene previste per le frodi e le violazioni che coinvolgono i prodotti Dop. Un deterrente al crescendo di frodi e truffe dei prodotti tipici del quale si sentiva il bisogno, visto il crescendo di illeciti che si registra per i prodotti a marchio.

 

Biomasse ed energia

All'articolo 3  (Promozione della produzione diffusa di energia elettrica da biomasse) è demandato il compito di favorire lo sviluppo degli impianti generatori di corrente di taglia non superiore ad 1 Mw, che utilizzano le risorse derivanti dalle produzioni agricole e dagli allevamenti. Il limite alla dimensione degli impianti è dettato dalla volontà che l'approvvigionamento sia circoscritto al mercato locale, evitando un'eccessiva movimentazione delle biomasse. E' stato anche stabilito che agli agricoltori che immetteranno energia nella rete nazionale venga corrisposta una tariffa di 28 centesimi di euro per kWh. Non è però specificato se questa tariffa sia destinata a seguire o meno le oscillazioni dei mercati energetici.

 

Foreste e dintorni

Disciplina delle attività selvicolturali” è il titolo dell'articolo 4 che oltre a stabilire le pratiche di “buona forestazione” si collega ai Piani di sviluppo rurale per la parte che riguarda le misure forestali. In questo ambito, e seguendo le indicazioni provenienti da Bruxelles, si è inteso mettere a punto gli strumenti per “misurare” gli impegni dei singoli produttori agricoli eccedenti la “normale” gestione forestale.

 

Aumentano i controllori

L’articolo 5 potenzia le attività di controllo previste dalla normativa comunitaria mediante “l'impiego del personale ministeriale nei controlli comunitari agricoli”. Consente cioè ad Agea e Agecontrol, di avvalersi, oltre che dell’Ispettorato Centrale per il Controllo della Qualità dei prodotti agroalimentari, anche del personale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. A questi ultimi, a sottolinearne l'impegno e le funzioni, viene estesa la qualifica di “pubblici ufficiali”.

 

Made in Italy

“Cuore” dell'impianto normativo è l'articolo 6 che già nel titolo, “Indicazione obbligatoria  dell'origine dei prodotti alimentari nell'etichettatura”, lascia trasparire tutta la sua importanza. Con la sua applicazione si stabilisce che “l’etichettatura dei prodotti alimentari, nei casi in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore circa l’origine o la provenienza del prodotto alimentare, deve riportare l’indicazione del luogo di origine o provenienza”. Le finalità, come sottolineato nella norma, è quello di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori finali in tutti i prodotti commercializzati in Italia.  In questa direzione la normativa in esame consente di  superare i dubbi di legittimità avanzati in passato dalla Commissione europea e di armonizzare del tutto la legislazione nazionale con quanto previsto dal diritto comunitario. Lo stesso articolo 6 si occupa infine di stabilire le pene per chi infrange le regole, con multe che possono andare da mille a diecimila euro.

 

Attenti alle multe

In tema di multe arriva poi l'articolo numero 7 che si occupa delle “Misure sanzionatorie per la produzione ed il commercio dei mangimi” e che prevede multe che possono giungere alla bella cifra di 66mila euro quando nei mangimi sono presenti sostanze vietate o indicazioni che possono trarre in inganno sulla composizione. Pene meno severe sono previste per i mangimi che all'analisi si presentano non conformi con quanto dichiarato. La multa in questo caso si ferma al limite massimo di seimila euro. Se in quest'ultimo caso sono i mangimisti i più diretti interessati, è bene ricordare che per la presenza di sostanze vietate possono essere chiamati in causa anche gli allevatori. Come dice l'adagio, uomo avvisato...