C'è un forte impegno da parte del mondo degli allevamenti nel dare una risposta alla maggiore richiesta di attenzione nei confronti dell'ambiente.
È una corsa verso una maggiore sostenibilità delle imprese zootecniche, che vede l'Italia primeggiare, tanto da vantare risultati di tutto rispetto.
Lo testimoniano le verifiche di Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione dell'Ambiente, che attribuiscono alla zootecnia italiana un contributo del solo 5,3% nella produzione di gas climalteranti.
Assai meno delle stime della Fao a livello mondiale, che indicano cifre quasi tre volte superiori.
Risultati raggiunti agendo su più fronti: quello genetico, selezionando animali più produttivi e più longevi, sul fronte dell'alimentazione ottimizzando le razioni alimentari e introducendo correttivi capaci di ridurre la produzione di metano da parte dei bovini, e poi gli interventi tecnologici, ai quali affidare l'efficientamento del management, la riduzione degli sprechi, la prevenzione delle situazioni indesiderate.
Un progetto per l'innovazione
Sul fronte delle tecnologie innovative i risultati più vistosi si sono realizzati negli allevamenti di bovine da latte, dove informatica e robotizzazione hanno fatto passi da gigante.
Merito della imprenditorialità degli allevatori che hanno saputo cogliere e valorizzare i progressi ottenuti in questo campo, ma anche delle iniziative per accelerare questa "transizione digitale", come nel caso delle iniziative promosse da Credas.
Dietro questa sigla si cela un progetto che prende il nome di "Cross regional ecosistem for digital agrifood service", in altre parole (in italiano) un sistema sinergico interregionale per offrire servizi al settore agroalimentare.
Il Credas, come illustrato a un recente incontro sull'evoluzione della zootecnia in chiave sostenibile, è il risultato della collaborazione fra le regioni Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, che insieme hanno partecipato al bando lanciato nell'ambito del progetto SmartAgriHubs, finanziato dal programma Horizon 2020 e che ora può vantare la presenza di 164 partner e disporre di un'importante dote finanziaria (circa 20 milioni di euro messi a disposizione dall'Unione Europea).
Obiettivo è quello di introdurre in vari comparti dell'agricoltura nuove tecnologie digitali più competitive e più sostenibili.
Dopo aver toccato vari segmenti, fra i quali la viticoltura e l'acquacoltura, ora l'attenzione si è spostata sull'allevamento della bovina da latte.
Stalle da latte, le più evolute
A discutere di questo tema tecnici e allevatori, con esempi pratici di realizzazioni adottate in vari allevamenti, dal robot di mungitura ai sistemi automatizzati di distribuzione e gestione dell'alimento, passando dagli automatismi per la pulizia delle corsie di allevamento alla regolazione del microclima di stalla.
Gli stessi allevatori che hanno introdotto queste tecnologie innovative hanno potuto testimoniare gli ottimi risultati raggiunti.
Miglioramenti che non si limitano a un incremento della produttività aziendale, ma coinvolgono aspetti manageriali importanti, come la maggiore disponibilità di tempo per poter seguire con più attenzione le fasi produttive.
Un vantaggio che si traduce nella tempestività nell'affrontare possibili situazioni di rischio per gli animali.
Prevenzione che si trasforma in minori patologie e forte riduzione dell'uso di farmaci per intervenire su patologie conclamate.
Animali più sani, più longevi e più produttivi perché con un più alto grado di benessere.
E alla fine di questo percorso aziende zootecniche più sostenibili.
Obiettivo sostenibilità
Come tutto ciò sia possibile lo ha ben spiegato Andrea Formigoni, dell'Università di Bologna, ricordando come l'allevamento da latte oggi sia molto più sostenibile di quello di soli dieci anni fa.
Prendendo come campione la razza Frisona, fra le più importanti per la produzione di latte, nel 2010 in Italia si contavano poco più di 13mila stalle, che ospitavano circa un milione di capi.
La media produttiva per vacca era di poco superiore a 91 quintali per capo.
Nel 2021 il numero di stalle è sceso sotto le diecimila unità, sebbene il numero di capi sia rimasto praticamente immutato.
È cambiata però la quantità di latte prodotta per animale, ora vicina a 110 quintali.
Un aumento del 15% che non ha inciso sulla qualità del prodotto, che in termini di contenuto in grasso e proteine è persino migliorato.
E ora ci aspettano nuovi traguardi, se si tiene conto che le migliori stalle italiane riportano produzioni ben più elevate di quelle citate.
Un aumento della produttività per capo che si traduce in un minore impatto ambientale per unità di prodotto ottenuto.
È questo il risultato che si realizza quando si produce di più utilizzando meno risorse.
Il ruolo delle tecnologie
Tutto ciò è stato possibile grazie alle nuove tecnologie applicate non solo in stalla ma anche in campo genetico, dove la selezione si è potuta avvalere delle conoscenze della genomica, anche in questo caso con il ricorso alle tecnologie digitali.
I traguardi raggiunti sono importanti, ma sono solo tappe di una meta che vedrà gli allevamenti da latte impegnati su più fronti.
Quello genetico, del quale si è fatto cenno, che dovrà puntare a una maggiore longevità produttiva degli animali.
Sarà anche questo uno dei metri con il quale misurare il benessere degli animali.
Poi quello nutrizionale, non solo per ottenere una maggiore efficienza della razione, ma per pilotare attraverso di essa le fermentazioni ruminali, al fine di ottenere una riduzione delle emissioni di metano.
Ma anche in questo campo gli allevamenti da latte sono già avanti.
Si potrebbe dire che nelle stalle da latte il futuro è iniziato ieri.