Per l'allevamento del coniglio si avvicina a grandi passi una profonda rivoluzione della quale pochi sembrano accorgersi, ma che rischia di travolgere il settore se non ci si preparerà in modo adeguato.
Le politiche comunitarie in tema di agricoltura, nel solco del Green new deal, premono per una riduzione del consumo di carne e per una maggiore attenzione ai temi del benessere animale.
Le strategie del Farm to fork sembrano voler premiare le produzioni biologiche, mettendo un freno agli allevamenti intensivi.

L'allevamento del coniglio, in gran parte legato alla presenza delle gabbie, praticamente assente dal circuito delle produzioni biologiche, potrebbe uscire da queste trasformazioni fortemente penalizzato.
Più di quanto già oggi non lo sia se si guardano i numeri del settore, che da oltre venti anni vede in continua flessione la produzione di carni cunicole a livello europeo, con l'Italia che registra nell'ultimo lustro una caduta verticale.
 

Le criticità

E' questo lo scenario che Massimiliano Petracci, dell'Università di Bologna, ha presentato al recente incontro organizzato dall'Associazione italiana scientifica di coniglicoltura (Asic), presieduta da Cesare Castellini, dell'Università di Perugia
Tema di forte interesse per il settore quello scelto per il congresso annuale dell'associazione: "il consumo della carne di coniglio: tradizione e attualità".
Argomento peraltro "coraggioso", dovendo mettere a nudo le molte criticità che pesano sul settore, evidenziate dalla caduta di produzione e consumi.

Quali le cause? In parte il prezzo meno competitivo rispetto ad altre carni bianche, alle quali il coniglio è assimilato.
Poi la presentazione, spesso con la carcassa intera e la laboriosità della preparazione in cucina.
Ma più di questi elementi il coniglio si trova ad affrontare una nuova sfida per l'essere sempre più spesso raffigurato come animale da affezione.
Infine la presenza negli allevamenti delle gabbie, sempre più associate a condizioni di allevamento non rispettose del benessere animale.
Un tema che sta divenendo sempre più presente nelle scelte del consumatore.
 

Attenti al "moralismo alimentare"

Eppure il coniglio vanta importanti prerogative che ne hanno fatto storicamente una risorsa preziosa di proteine animali anche nei momenti di maggiori difficoltà nell'approvvigionamento di alimenti.
Quello della certezza degli approvvigionamenti è uno degli elementi sui quali si è intrattenuto Frédéric Leroy dell'Università di Bruxelles, tratteggiando gli aspetti sociali legati al consumo di carne.

Oggi, a fronte di una disponibilità di alimenti considerata (erroneamente) inesauribile, la carne non è più ai vertici della "soddisfazione" alimentare e si trova senza difese di fronte agli attacchi di quanti propugnano diete a base di vegetali.
Tanto da dare vita a un nuovo "moralismo alimentare", teso a colpevolizzare chi consuma carne e a dare una patente di salubrità a tutti gli altri cibi, anche iperprocessati.
Una tendenza che troppe volte si traduce in raccomandazioni nutrizionali incoerenti, alle quali Frédéric Leroy risponde invitando a una "riconnessione con la realtà alimentare".
 

Consumatori e pregiudizi

Non sarà facile raccogliere questo invito a superare un'errata visione del ruolo della carne se si tiene conto della scarsa conoscenza che il consumatore ha sugli allevamenti in genere e su quello del coniglio in particolare.
Tutti, o quasi, si dicono attenti alle modalità di allevamento, ma poi dimostrano di non avere nessuna conoscenza di questo argomento.
Lo ha messo in evidenza Stefania Crovato dell'Istituto zooprofilattico delle Venezie, citando i dati di un'analisi di mercato dai risultati a volte sorprendenti.

Così la maggior parte dei consumatori si trova d'accordo nel definire la carne degli "allevamenti industriali" meno gustosa, ma poi una larga parte degli stessi consumatori non sa quali siano le caratteristiche di questi allevamenti.
Ma si trovano spesso d'accordo nell'associare l'allevamento alla presenza delle gabbie. Che sono ritenute piccole e anguste e per di più dove si fa largo uso di antibiotici.
Tutte situazioni che pongono l'allevamento del coniglio, secondo l'opinione più diffusa, lontano da ogni attenzione nei confronti del benessere animale.
Unica consolazione: la maggior parte degli intervistati è convinta che le carni di coniglio non comportino rischi per la salute.
 

Innovare o soccombere

C'è dunque una forte necessità di offrire al consumatore informazioni sulla realtà degli allevamenti, sui metodi di allevamento, su come vengono alimentati gli animali, sul ruolo delle gabbie nel rispetto del benessere animale.
Missione non semplice, tanto più che le carni di coniglio, fra tutte le altre, sono le più anonime, non avendo nemmeno una certificazione in etichetta della loro origine.
Ma non è questo il problema più importante, come pure non lo è il prezzo più elevato rispetto ad altre dello stesso segmento.

Questa la ferma convinzione di Massimiliano Lazzari di Coop Italia, che avendo come punto di osservazione quello di una grande catena di distribuzione è in grado di cogliere gli elementi più critici di questa filiera.
E ai primi posti c'è l'assenza di innovazione nella presentazione di queste carni, che ancora vedono proporre il prodotto intero, sebbene questa tipologia abbia perso in 15 anni (dal 2005 al 2020) il 77% in valore.
Perdita non compensata dalle vendite del porzionato, mentre sono praticamente assenti preparazioni di pronti a cuocere o presentazioni allineate ai nuovi stili di consumo.
Per non parlare della comunicazione, del tutto inesistente a dispetto degli innegabili punti di vantaggio che queste carni possono vantare, come l'equilibrio proteico, il modesto tenore di grasso e molte altre qualità dietetiche e salutistiche.
 

I relatori che si sono alternati al congresso Asic. La registrazione dell'incontro è disponibile a questo link


Organizzarsi o chiudere

Questo lo scenario delineato dal congresso di Asic, che non lascia dubbi sulle azioni che il settore deve intraprendere e con urgenza.
Occorre organizzarsi e cercare alleanze per fare uscire il coniglio dall'angolo nel quale è stato relegato dall'assenza di efficaci organizzazioni dei produttori.

Senza una politica di sviluppo che coinvolga le aziende di trasformazione, cui affidare l'innovazione di prodotto, i consumi continueranno a flettere.
Senza una adeguata campagna di informazione le carni di coniglio saranno perdenti sul fronte del benessere animale.
Mentre avrebbero le carte in regola per essere le favorite sia nelle politiche comunitarie che si riassumono nei principi ispiratori del Green new deal, sia nelle strategie del Farm to fork.
Questo, in estrema sintesi, il messaggio del convegno Asic. Ai produttori la responsabilità di raccoglierlo.