La bestia nera degli olivicoltori è sicuramente la mosca dell'olivo (Bactrocera oleae), un insetto che depone le proprie uova al di sotto dell'epidermide delle olive. Le larve scavano gallerie nelle drupe, arrecando seri danni alla produzione dell'oliveto sia in termini quantitativi che qualitativi, poiché causano un decadimento della qualità dell'olio.

La difesa da B. oleae è dunque di primaria importanza per salvaguardare la produzione dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Difesa che si è fatta più complicata dopo che il legislatore europeo ha deciso di non rinnovare l'autorizzazione per la sostanza attiva dimetoato, fino al 2020 lo strumento su cui si basava, principalmente, la lotta larvicida degli oliveti. E a complicare ancora di più la situazione ci si sono messi i cambiamenti climatici.


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L'impatto del clima che cambia sulla mosca

Gli inverni miti, causati da un generale surriscaldamento del Globo, hanno infatti reso più facile la vita alla mosca, complicando al contempo la difesa per gli olivicoltori. E in futuro che cosa accadrà? Lo abbiamo chiesto a Ruggero Petacchi, ricercatore dell'Istituto Scienze della Vita della Scuola Sant'Anna di Pisa, che da anni studia proprio la biologia e l'ecologia della mosca delle olive.

"Come per ogni altro insetto, anche per la mosca delle olive l'andamento climatico stagionale influisce enormemente sul suo sviluppo", spiega Petacchi. "Questo può avvenire sia in positivo sia in negativo, per noi. Sul primo fronte ci sono sicuramente le elevate temperature estive che aumentano la mortalità delle larve di mosca e influiscono sulle sue performance riproduttive. Mentre su quello negativo ci sono gli inverni miti, che determinano un allungamento della stagione riproduttiva e la sopravvivenza di un numero elevato di individui. Individui che in primavera si riproducono e danno origine ad un incremento della popolazione".


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Inverni meno freddi? La mosca ringrazia

Con temperature maggiori di 12°C la femmina di Bactrocera oleae è in grado di deporre nelle olive il proprio uovo. A sua volta la larva, protetta all'interno della polpa della drupa, può continuare a svilupparsi con temperature superiori a 9°C, intesi come media giornaliera. Questo significa che più gli inverni sono caldi, maggiore è la popolazione di mosca che si sviluppa in campo a carico delle olive rimaste sugli alberi dopo la raccolta oppure presenti in oliveti abbandonati.

"Guardando all'areale toscano e ligure è ormai evidente come il periodo di ovideposizione della mosca si protrae a tutto ottobre e anche fino a metà novembre, visto che in certe annate, fino alla terza settimana di quest'ultimo mese dell'anno, sono presenti temperature compatibili con l'attività riproduttiva della mosca", sottolinea Petacchi.

"Lo stesso vale per la larva, che in annate particolarmente miti si può sviluppare fin sotto Natale. Giunta al suo stadio finale di sviluppo, la larva si lascia cadere nel terreno dove si impupa e trascorre l'inverno nei primi 3-5 centimetri di suolo. Queste pupe, poi, concludono il loro sviluppo dando origine agli adulti che prendono il volo in primavera, una volta soddisfatto il fabbisogno termico di sviluppo".

Un inverno mite getta le condizioni ideali per avere una riproduzione della mosca protratta nel tempo, ben oltre la normale stagione. Questo significa che in primavera la popolazione sopravvissuta all'inverno sarà più consistente e se ci sono drupe disponibili nell'ambiente la riproduzione può essere facilitata, con ripercussioni negative sulla pressione del fitofago nel mese di giugno, quando le olive entrano nella fase di indurimento del nocciolo risultando appetibili per la mosca dell'olivo.

"I nostri dati dimostrano questa tendenza. Dopo inverni relativamente caldi registriamo, in primavera, un numero di catture di adulti all'interno delle trappole più consistente e protratto nel tempo, segno che la mortalità da freddo è stata bassa e che la mosca è stata in grado di deporre, in autunno, le uova per un lasso di tempo maggiore. Questo porta a sfarfallamenti abbondanti e scalari in primavera", spiega Ruggero Petacchi.

"Certo, ogni annata è un discorso a sé e molto può cambiare anche da territorio a territorio. Ma la tendenza di massima è questa. L'inverno attuale, ad esempio, non è stato freddo e la mosca, a febbraio 2022, è in anticipo di due settimane nello sviluppo, rispetto al 2021. Se ai primi sfarfallamenti primaverili B. oleae troverà condizioni ambientali favorevoli e olive in campo inizierà la riproduzione e questo porterà ad una popolazione attiva del fitofago in primavera più consistente", sottolinea Petacchi.


Cambiamenti climatici, non solo cattive notizie

A guardare il bicchiere mezzo pieno si possono fare due considerazioni. La prima riguarda la mortalità estiva da caldo e la seconda i ritorni di freddo primaverili. Per quanto riguarda la mortalità da caldo sappiamo che le larve di Bactrocera oleae sono particolarmente sensibili a temperature superiori ai 30°C e ad una scarsa umidità dell'aria.

Le cosiddette bombe di calore, che hanno ad esempio caratterizzato l'estate del 2021, hanno dunque un effetto abbattente sulle larve tanto più rilevante quanto più lungo è il periodo di calore intenso e tanta più bassa è l'umidità. "Queste condizioni, ad esempio, si sono verificate sia nel 2021 come pure in altre annate recenti", spiega Petacchi.

Il secondo ragionamento deve essere fatto invece sulla primavera. I cambiamenti climatici ci stanno abituando a primavere anticipate, ma anche a ritorni di freddo, talvolta intenso. Se dopo lo sfarfallamento della generazione svernante si assiste ad un consistente abbassamento delle temperature, gli adulti di mosca che volano nell'oliveto possono andare incontro a mortalità.

Il problema è che sia le gelate primaverili che i caldi estivi hanno una ripercussione negativa anche sulla fisiologia dell'olivo e non solo su quella della mosca. Inoltre sono fenomeni tutt'altro che prevedibili e su cui quindi non può essere fatto alcun tipo di affidamento.


Come adeguare le strategie di difesa ai cambiamenti climatici?

Dopo l'addio al dimetoato la difesa dell'olivo dalla mosca si è fatta sicuramente più complessa. Si deve passare da un approccio curativo larvicida ad uno preventivo adulticida. E l'agricoltore deve valutare anche l'influenza dei cambiamenti climatici.

Il consiglio generale è quello di procedere con una raccolta anticipata delle olive, per quanto possibile in relazione agli obiettivi aziendali. Questo permette di sottrarre alla mosca il substrato di ovideposizione necessario per riprodursi. Inoltre, occorre fare attenzione a lasciare il numero minore possibile di drupe in campo, sia attaccate agli alberi sia in terra, in quanto rappresentano la condizione necessaria alla riproduzione di B. oleae.

"Su questo aspetto andrebbe fatta una riflessione anche relativamente agli oliveti abbandonati o mal gestiti che rappresentano sicuramente un serbatoio importante di olive per la mosca", sottolinea Petacchi.

Bisogna infine creare delle condizioni sfavorevoli alla sopravvivenza delle pupe all'interno del terreno. "Stiamo conducendo degli studi per comprendere il ruolo degli insetti predatori nel contenere le popolazioni di mosca quando è presente nel suolo nello stadio di pupa", spiega Petacchi.

"L'ipotesi è che la gestione del suolo con tecniche a basso impatto favorisca l'insediamento di insetti predatori che, in maniera naturale, possono concorrere a mantenere bassa la popolazione di mosca. Questi insetti sono attivi almeno fino ad inizio dicembre. Successivamente si può eseguire una lavorazione superficiale del terreno per esporre maggiormente le pupe ai rigori dell'inverno e quindi aumentando il tasso di mortalità", spiega Ruggero Petacchi.