A contribuire a gettare benzina sul fuoco ci hanno poi pensato nel tempo singoli cittadini, comitati vari e associazioni troppo spesso vocate all'ambientalismo più allarmista. Risultato: la popolazione è sempre più spaventata e percepisce ormai la viticoltura locale come una minaccia insopportabile alla propria salute, parlando sovente di "nuvole di pesticidi", se non addirittura di "camere a gas" nei mesi dei trattamenti.
Per la prima volta da quando la querelle è iniziata, però, un comune della provincia trevigiana ha finalmente ospitato una riunione serale con la cittadinanza al fine di fornire uno spaccato razionale del tema "pesticidi" e salute. Perché di riunioni inutilmente allarmanti, onestamente, ne sono state realizzate fin troppe.
E così, venerdì 22 novembre presso il Centro sociale di Fregona (Tv), sono intervenuti Angelo Moretto, Sandro Cinquetti e chi scrive, ovvero Donatello Sandroni. Il primo è tossicologo e insegna presso l'Università degli Studi di Milano, nonché è direttore di Icps - Centro internazionale per gli antiparassitari e la Prevenzione sanitaria. Sandro Cinquetti è invece direttore del Servizio Igiene e Sanità Pubblica della Ulss 2. Infine chi scrive: laurea in Scienze agrarie e dottorato in ecotossicologia, opera come giornalista e divulgatore scientifico e a Fregona ha fornito una panoramica sulle dinamiche che guidano la percezione dei rischi da prodotti fitosanitari, spesso lontana dallo stato reale delle cose.
Angelo Moretto ha invece condiviso una disamina del complesso processo di autorizzazione dei prodotti fitosanitari, troppo spesso disegnato dai media come approssimativo e inaffidabile, quando al contrario è oltremodo oneroso dal punto di vista economico e delle competenze schierate dai valutatori europei e italiani. In sostanza, i prodotti, se adoperati in modo corretto, vanno considerati sicuri per gli operatori, per gli astanti e per i consumatori.
Angelo Moretto, direttore di Icps, durante la sua presentazione presso il Centro sociale di Fregona (Tv)
Foto: © Alberto Maso
Sandro Cinquetti ha da parte sua fornito un'analisi del contesto locale in tema di agrofarmaci e salute, dimostrando statistiche alla mano che i comuni della Ulss2 di sua competenza sono fra quelli a minor incidenza di patologie tumorali del Veneto, come pure in linea coi dati medi si sono mostrate molte altre patologie, quali Alzheimer, malattie endocrine, cardiovascolari, Parkinson, sclerosi multipla, Sla, diabete e insufficienza renale: tutte coerenti con le statistiche esterne all'area dei 15 comuni di produzione del Prosecco Docg. Evidenze di cui una parte era già stata riportata su AgroNotizie con uno specifico articolo dedicato a linfomi e leucemie nei bambini fino a 14 anni. Approfondimento che ha rivelato come la viticoltura locale non mostri alcun legame con tali patologie.
In sostanza, i dati forniti da Sandro Cinquetti su scala locale hanno confermato la posizione di Angelo Moretto su scala generale: a dispetto dei molti allarmismi fomentati in loco, non esistono motivi per ritenere l'area del Prosecco Docg una sorta di girone dantesco. Anzi, pare proprio che sotto molti aspetti si sia meritata pienamente l'ambito titolo di Patrimonio dell'Umanità riconosciutale dall'Unesco. A dimostrazione di quanto sia abissale la distanza che è stata artatamente scavata fra rischi percepiti e rischi reali.
Alessandro Cinquetti, direttore del Servizio igiene e sanità pubblica della Ulss2, ha condiviso i dati statistici circa lo stato sanitario della popolazione nel suo territorio di competenza
Foto: © Alberto Maso
Problemi locali contro problemi globali
Nel corso della discussione finale sono poi emersi alcuni spunti oltremodo interessanti sull'approccio seguito in loco circa glifosate. Questa molecola è stato infatti deciso di eliminarla da ogni tipo di disciplinare, in modo da impedirne l'uso nei 15 comuni la cui viticoltura è stata "incriminata". Sandro Cinquetti, pur ammettendo che in effetti non sarebbero stati ravvisati problemi di tipo sanitario a carico di questa molecola, ha dovuto però sottolineare quanto abbia sudato freddo quando il metabolita Ampa venne rinvenuto l'anno scorso di poco al di sopra dei limiti di Legge per le acque potabili, con glifosate poco al di sotto. Spavento rientrato per fortuna nel volgere di poche ore a fronte di altri risultati analitici che ridimensionavano le concentrazioni riportandole alla piena regolarità normativa. Del resto, qualcosa di simile è capitato anche nel maggio 2019, quando la Ulss2 segnalò a Conegliano la presenza di colibatteri in alcuni punti di campionamento dell'acqua potabile, la quale venne poi "salvata" dalla chiusura da ulteriori accertamenti svolti dalla società che ne controlla la qualità.I "sudorini freddi" di Cinquetti sono quindi perfettamente comprensibili, dato che la chiusura di un acquedotto a causa di un diserbante avrebbe dato una serie di disagi e problemi che altro non avrebbero potuto fare se non acuire ulteriormente le tensioni fra cittadini e agricoltori. C'è però un però. A Cinquetti, che esaltava i benefici delle lavorazioni meccaniche dei vigneti in sostituzione di glifosate, Angelo Moretto ha fatto notare che anche queste pratiche hanno pur un impatto in termini di emissioni in atmosfera di anidride carbonica, la molecola sotto la lente in termini di riscaldamento globale. Emblematica la risposta di Cinquetti, il quale ha ricordato come per la CO2 in atmosfera non vi sia un limite di Legge, mentre per le acque sì.
In effetti, non si bloccano mica riscaldamenti e traffico in funzione dei livelli di anidride carbonica in atmosfera, mentre si può bloccare un pozzo o un acquedotto se un agrofarmaco viene trovato anche di poco sopra i limiti. Oggettivamente, Cinquetti ha la responsabilità per le acque, non per il Global Warming. Ognuno, quindi, ha i propri guai e a quelli deve pur pensare e rispondere.
Dimostrazione che a volte per evitare problemi su scala locale si finisce per mettere sotto il tappeto quelli su scala globale, ben più cogenti dei primi. Il tutto, a causa di un limite nelle acque avulso da qualsivoglia motivazione tossicologica o di sicurezza sanitaria. Glifosate, infatti, in altri Paesi al Mondo avrebbe limiti di 700 microgrammi per litro, come negli Usa, o addirittura 900 microgrammi per litro applicando le linee guida australiane per le acque. Ovvero livelli ammissibili pari a 7mila e 9mila volte quelli italiani. E questi limiti sono fissati in funzione delle soglie ritenute sicure dei vari agrofarmaci, valutati uno per uno dal punto di vista tossicologico.
In sostanza, l'attuale limite per le acque è più o meno paragonabile a un eventuale quanto nefasto limite sulle autostrade di 0,13 km/ora, un millesimo di quelli attuali. Sicuramente non vi sarebbero più morti sulle strade, questi sì contabilizzati e non solo immaginati, ma il Paese morirebbe di fame per la paralisi di ogni infrastruttura di trasporto di cibi, carburanti e altri beni di consumo. Sarebbe quindi tutto tranne che un affare. Figuriamoci quanto sarebbe illogico fissare tali limiti in assenza di decessi contabilizzabili, come avviene appunto per gli agrofarmaci.
L'eventuale blocco dell'acquedotto locale per uno sforamento minimo del limite da parte di glifosate avrebbe cioè arrecato un danno altissimo all'area colpita, il tutto senza che ve ne fosse motivo alcuno. E quando una soglia di Legge diventa foriera di inutili danni per via dei propri difetti concettuali intrinseci, forse sarebbe venuto il momento di affiancarla con ben altri dati, utili a stabilire per via scientifica se e quando far scattare eventualmente i blocchi dei pozzi e degli acquedotti. Magari applicando anche in Italia le summenzionate formule utilizzate con successo in diversi Paesi anglosassoni. Perché le soluzioni e gli strumenti ci sono. Ciò che manca è il coraggio di ammettere a ogni livello che quel limite di Legge è ormai del tutto irrazionale e dannoso.
Ci sono limiti e limiti
Nel 2019 a Conegliano si preparavano a realizzare un referendum analogo a quello andato in scena a Malles nel 2014, finalizzato alla proibizione dei pesticidi (di sintesi) dai territori comunali interessati alla melicoltura della Val Venosta. Quello di Conegliano è stato concepito invece per togliere le molecole di sintesi dalla viticoltura con le bollicine. Un referendum, quello veneto, che però con grave disappunto di molti è stato rinviato al fine di comprenderne meglio l'ammissibilità giuridica. Un passo dovuto, vista la fine che hanno fatto i risultati del referendum altoatesino secondo Tar e Corte dei Conti, sebbene il sindaco di Malles sia stato assolto dall'accusa di danno erariale (qui e qui).Non da meno si è rivelata la sentenza sugli atti vandalici commessi in Francia emessa dalla Corte di giustizia europea, la quale ha ribadito la correttezza dei processi autorizzativi europei e, quindi, la piena legittimità di proteggere le colture con agrofarmaci quando questi siano stati debitamente autorizzati.
Il rinvio della consultazione referendaria è stato quindi provvidenziale per gli abitanti di Conegliano, i quali forse non si rendono bene conto che tale iniziativa costerebbe loro decine di migliaia di euro, tutti usciti dalle loro tasche di contribuenti, salvo rivelarsi alla fine una mera manifestazione popolare priva del necessario supporto giuridico.
Ora, a prescindere dal fatto che i paventati danni per la salute sono stati smentiti da ogni statistica possibile e immaginabile, è bene ricordare ai vari promotori referendari, veneti e altoatesini, come in alcuni punti di campionamento, proprio a Malles, siano stati riscontrati nelle acque valori di arsenico interessanti. Si va dai 5 microgrammi per litro a Ultimo Alsago, trovati nel marzo 2017 e poi saliti a 19 in aprile e ridiscesi a 6 a dicembre. A giugno ne hanno trovati 7 a Montecin. A settembre erano 8 a Piavenna e 2 a Silingia.
Il limite di Legge per l'arsenico in acqua potabile è di 10 microgrammi/litro, in base al D.Lgs 31/2001, in attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano. Valori per i quali è stata spesso concessa una deroga atta a considerare ammissibile un valore limite di concentrazione fino a 20 µg/L. In sostanza, 200 volte il limite di Legge per gli agrofarmaci. Tradotto: scoppia un putiferio se glifosate viene trovato a 0,11 µg/L, ma si può serenamente bere un'acqua con l'arsenico fino a 9,99 µg/L. Cioè circa 100 volte di più. E l'arsenico è indiscutibilmente molto ma molto peggio di glifosate dal punto di vista non solo della tossicità acuta, bensì anche di quella cronica, cancro incluso.
Problema: l'arsenico è naturale, come pure i coliformi fecali hanno spesso origine prettamente antropica, colpa un po' di tutti e di nessuno. Quindi non si possono eliminare alla fonte con un'ordinanza o una marcia di protesta. Men che meno con un referendum. Glifosate sì. E quindi è il candidato ideale per chi cerchi un comodo capro espiatorio contro cui sfogare la propria chemofobia. Rigorosamente a pancia piena, ovviamente.
La schizofrenia che sta sempre più devastando l'agricoltura italiana, in fondo, è tutta qui.